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Rescissione del giudicato: termine perentorio di 30 giorni

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro la tardività di un’istanza di rescissione del giudicato. Il termine di 30 giorni dalla conoscenza del procedimento, stabilito dall’art. 629-bis c.p.p., è perentorio e non superabile senza una rigorosa prova di caso fortuito o forza maggiore da parte del richiedente.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del Giudicato: la Perentorietà del Termine di 30 Giorni

Nel diritto processuale penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce certezza e stabilità ai rapporti giuridici. La sentenza n. 13963/2024 della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo principio in relazione alla rescissione del giudicato, un istituto che permette di rimettere in discussione una sentenza definitiva. La pronuncia chiarisce che il termine di trenta giorni per presentare l’istanza è tassativo e il suo mancato rispetto conduce inesorabilmente all’inammissibilità.

I Fatti del Caso: Un’Istanza Presentata Fuori Termine

Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino straniero condannato con una sentenza del Tribunale di Trieste, divenuta irrevocabile nel marzo 2021. Successivamente, a seguito di una procedura di mandato d’arresto europeo, l’uomo veniva consegnato alle autorità italiane nel gennaio 2022. A questo punto, avendo avuto conoscenza del procedimento a suo carico, decideva di avvalersi dello strumento della rescissione del giudicato.

Nonostante avesse conferito nomina e procura speciale al suo difensore nel maggio 2022, l’istanza di rescissione veniva depositata solo alla fine di giugno 2022, ovvero diversi mesi dopo la sua consegna all’Italia e ben oltre il termine di trenta giorni previsto dalla legge. La Corte d’Appello di Trieste, investita della questione, dichiarava l’istanza inammissibile per tardività. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla rescissione del giudicato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La sentenza si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 629-bis del codice di procedura penale, che disciplina la rescissione del giudicato.

Il Termine Tassativo per la Richiesta

Il fulcro della questione risiede nel comma 2 dell’art. 629-bis c.p.p., il quale stabilisce che la richiesta di rescissione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento. La Corte ha sottolineato come questo termine sia perentorio e non ammetta deroghe, se non in casi eccezionali.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. La rescissione del giudicato è un mezzo di impugnazione straordinario, concepito per sanare situazioni eccezionali in cui un imputato è stato condannato senza aver mai avuto reale conoscenza del processo a suo carico. Proprio per la sua natura eccezionale, l’accesso a tale strumento è subordinato a condizioni procedurali molto stringenti.

La Cassazione ha evidenziato che il ricorrente aveva avuto conoscenza del procedimento al più tardi al momento della sua consegna alle autorità italiane. Da quel momento, o al più tardi dal momento del conferimento della procura al difensore, decorreva il termine di 30 giorni. Il deposito dell’istanza, avvenuto quasi 50 giorni dopo il conferimento della procura, era palesemente tardivo.

Inoltre, la Corte ha specificato che l’onere di dimostrare l’esistenza di un caso fortuito o di una forza maggiore che abbia impedito il rispetto del termine grava interamente sul richiedente. Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcuna prova concreta di tali circostanze, limitandosi a generiche affermazioni che non possono giustificare il ritardo. Pertanto, la domanda è stata correttamente ritenuta non tempestiva e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante monito sulla diligenza richiesta nell’esercizio dei diritti processuali. La rescissione del giudicato è uno strumento di garanzia fondamentale, ma il suo utilizzo è strettamente vincolato al rispetto di termini perentori. La decisione della Cassazione conferma che la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie definitive possono essere messe in discussione solo nel rigoroso rispetto delle condizioni previste dalla legge. Per i professionisti del diritto e per i loro assistiti, questa pronuncia sottolinea l’importanza cruciale di agire con la massima tempestività una volta avuta conoscenza di un procedimento conclusosi in assenza.

Qual è il termine per presentare l’istanza di rescissione del giudicato?
L’istanza deve essere presentata, a pena di inammissibilità, entro il termine di trenta giorni.

Da quale momento inizia a decorrere il termine per la rescissione del giudicato?
Il termine di trenta giorni inizia a decorrere dal momento in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza del procedimento penale a suo carico.

È possibile superare il termine di trenta giorni se la richiesta viene presentata in ritardo?
No, il termine è perentorio. L’unico modo per giustificare un ritardo è dimostrare rigorosamente che esso sia stato causato da un caso fortuito o da forza maggiore, ovvero da eventi imprevedibili e inevitabili che hanno reso impossibile il deposito tempestivo dell’istanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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