Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16133 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16133 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 18/06/1987 in Albania
avverso l’ordinanza del 28/10/2024 della CORTE di APPELLO di TRIESTE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, in persona della dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Si dà atto che il ricorso è stato trattato in camera di consiglio senza la presenza delle part mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610, comma 5, e 611, comma 1-bis, e seguenti del cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trieste con ordinanza del 19 dicembre 2024 rigettava l’istanza di rescissione del giudicato formulata per conto di NOME COGNOME al fine di ottenere la revoca della sentenza del Tribunale di Gorizia del 23 gennaio 2018, divenuta irrevocabile il 17 giugno 2018.
Avverso la suddetta decisione NOME COGNOME ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, svolgendo un unico motivo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. B) ed E) cod. proc pen. per il quale chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata. In particolare, eccepisce l
violazione di legge in relazione all’art. 629-bis cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazio quanto dalla motivazione del provvedimento impugnato non emergerebbe alcun dato fattuale da cui possa ricavarsi che si fosse instaurato un effettivo rapporto professionale tra il ricorrent suo difensore di ufficio, al di là della formale elezione di domicilio presso il difensore s avvenuta all’inizio del procedimento e non nel corso del processo, né sussisterebbero elementi di prova in ordine alla conoscenza del processo presso il Tribunale di Gorizia in capo all’imputat giudicato come assente ex art. 420-bis cod. proc. pen. A sostegno del ricorso la difesa richiama le conclusioni della sentenza delle Sezioni unite, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, PG C/ NOME, Rv. 279420-01, che in massima ha affermato: «Ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, veri anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rap professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certez quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. (Principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103)». Ad avviso della difesa, la Corte territoriale non si sarebbe attenuta ai principi giuridici es dalle Sezioni unite, limitandosi ad affermare la correttezza della notifica della citazione in gi presso il difensore d’ufficio domiciliatario, senza però accertare l’effettiva esistenza rapporto professionale tra NOME COGNOME e il difensore di ufficio, tale da far ritenere con certe che l’imputato fosse effettivamente consapevole del processo a suo carico davanti al Tribunale di Gorizia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché proposto in maniera non conforme ai criteri dettati dal legge.
In particolare, l’unico motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. E) cod. proc. pen. risulta aspecifico. Infatti, esso è ampiamente reiterativo di quello prop nell’atto di appello, disatteso nell’ordinanza impugnata con specifiche e puntuali argomentazion con le quali la difesa in buona parte non si è confrontata. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è innanzitutto e indefettibilm il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. mancanza di specificità del motivo, dunque, va valutata anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione, come affermato dalle Sezi Unite di questa Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME Rv. 268822-01 e
Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, in motivazione). Va ribadito, dunque, che sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini assertivi e apodittici, la correttezza sentenza impugnata, laddove difettino – come nel caso di specie – di una critica puntuale a provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, argomentazioni in virtù delle quali i motivi di gravame non sono stati accolti (Sez. 2, n.335 del 1/08/2023, Santagata + altri, non massimata sul punto; Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, COGNOME, Rv. 267611-01). Nel caso di specie, va evidenziato che l’ordinanza impugnata ha rigettato l’istanza di rescission AFrir 2 tv – é-5 del giudicato svolgendo due distinte retill decidendi. Con la prima ha sottolineato che il ricorrente aveva eletto domicilio presso il difensore di ufficio in maniera precisa e puntuale, indicando nom e cognome, indirizzo e numero di telefono del domiciliatario; non vi era stata, perciò, un generica dichiarazione di domicilio presso il difensore di ufficio indicato dalla Inoltre, secondo la Corte territoriale COGNOME era certamente a conoscenza dell’avvio del procedimento penale a suo carico, in quanto l’elezione di domicilio era avvenuta nel corso di una perquisizione e sequestro di GLYPH quattro GLYPH documenti compiuta GLYPH in GLYPH sua GLYPH presenza. I giudici di appello, tuttavia, hanno motivato il rigetto dell’istanza di rescissione del gi anche sulla base di un secondo motivo, ricavato da una specifica circostanza di fatto, ossia che emergeva agli atti che vi era stato un procedimento per la revoca della sospensione condizionale della pena concessa propria dalla sentenza del 2018 del Tribunale di Gorizia. La revoca del beneficio era stata disposta dal Tribunale di Civitavecchia in data 27 novembre 2023 ad esito di incidente di esecuzione, e non risultava che la relativa ordinanza fosse mai stata impugnata da alcuno. L’ordinanza della Corte di appello al riguardo ha affermato specificamente che: «Il ricors per rescissione non faceva alcun riferimento alla sospensione condizionale della pena ed alla successiva revoca del beneficio, ed anzi allegava una copia di sentenza difforme dall’originale. A prescindere da ogni valutazione su tale particolarità, si osserva che la revoca della sospensione condizionale, evidentemente, aveva luogo ad esito di procedura di incidente di esecuzione, che prevedeva il contraddittorio delle parti. Ne consegue che sia ulteriormente motivo di ritenere che già all’epoca l’imputato fosse a conoscenza della sentenza di condanna in questione, pertanto ben prima del termine di 30 giorni dalla presentazione della presente istanza di rescissione…» che risulta datata 26 luglio 2024, quindi ben oltre il limite temporale fissato dalla legge. o Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si ritiene che tale argomentazione, che rappresenta un autonoma e ulteriore ratio decidendi rispetto all’argomentazione della elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, avr dovuto essere oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, che aveva la piena possibilità di confutare le affermazioni di cui sopra; l’omessa proposizione di specifica censura su ta assunto da parte della difesa del ricorrente, rende il ricorso viziato per aspecificità, perché, c detto, non si confronta puntualmente con le motivazioni contenute nel provvedimento impugnato.
3. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa
determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si si ritiene equa di euro tremila a favore della Cassa
delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ecc
e della somma di euro tremila in favore della cassa
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ammende.
Così deciso il 17 aprile 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente