Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14510 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14510 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a Taurianova il 08/07/1979 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso l’ordinanza del 13/09/2024 della Corte di appello di Firenze, terza sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto; lette le conclusioni scritte depositate del sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali è stata chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni scritte depositate in data 30/12/2024, dal difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME con le quali è stato chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, la Corte di appello di Firenze dichiarava inammissibile la richiesta avanzata nell’interesse di NOME COGNOME Angelo COGNOME
rescissione del giudicato e, in subordine, di rimessione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Arezzo in data 17/10/2023, irrevocabile il 16/03/2024 che aveva dichiarato NOMECOGNOME giudicato in assenza, responsabile del delitto di rapina aggravata con condanna alla pena di anni 6 mesi 6 di reclusione ed Euro 2.200,00 di multa.
La Corte territoriale dichiarava tardive sia l’istanza principale di rescissione che quella subordinata di restituzione nel termine per impugnare presentate in data 22 maggio 2024 atteso che l’Esposito era venuto a conoscenza della sentenza emessa dal Tribunale di Arezzo in data 14 aprile 2024 (a seguito di notifica del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica di Arezzo in data 12.4.2024 comprendente anche tale pronuncia), giorno dal quale doveva farsi decorrere sia il termine di 30 giorni previsto dall’art. 629 bis cod. proc. pen. (come novellato dal D.vo n. 150 del 2022 che prevede quale dies a quo il momento della avvenuta “conoscenza della sentenza” e non più “del procedimento”), sia quello di uguale durata previsto dall’art. 175, comma 2 bis, codice di rito (il cui dies a quo decorre dalla conoscenza effettiva “del provvedimento”).
Era ritenuta parimenti tardiva anche l’istanza formulata all’udienza del 30 settembre 2024 dal difensore di” rimessione in termini per presentare l’istanza di remissione in termini” essendo a quella data ormai decorso il termine -previsto a pena di decadenza dall’art. 175, comma 1, cod. proc. pen.- di 10 giorni decorrente da quello nel quale era cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore e cioè con la presa visione degli atti avvenuta in data 15 maggio 2024.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso in cassazione l’indagato tramite il difensore fiduciario articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. violazione di legge con riferimento al dies a quo di cui all’art. 629 bis codice di rito, mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
Rileva il ricorrente che, a seguito della novella legislativa n. 150 del 2022, il termine di 30 giorni per proporre istanza di rescissione del giudicato decorre dal momento della avvenuta “conoscenza della sentenza”, locuzione da intendersi non come mera cognizione dell’esistenza della stessa, bensì – nell’ottica di una effettiva tutela del condannato- come cognizione del suo intero contenuto e degli atti processuali che la fondano sotto il profilo dei fatti e delle circostanze che si riferiscono alla imputazione, del regime che ha caratterizzato la partecipazione dell’imputato al processo (ovvero se sia stato dichiarato assente ovvero presente, essenziale per articolare la difesa tecnica ed evitare la proposizione di istanze “al buio”), della presenza in atti di circostanze fattuali da cui ricavare indici di effetti
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conoscenza o meno del giudizio, della regolarità delle notifiche, dell’eventuale definizione del processo con rito alternativo e della presenza di coimputati che abbiano scelto percorsi processuali diversi (indicazioni utile per orientare rapidamente le ricerche del fascicolo processuale).
Tali informazioni non sono minimamente desumibili da un semplice ordine di esecuzione della sentenza
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), c), cod. proc. pen., violazione di legge e/o inosservanza di norme processuali con riferimento al contenuto dell’ordine di esecuzione emesso ai sensi dell’art. 665 codice di rito e alla conseguente inidoneità dello stesso a costituire dies a quo per la proposizione dell’istanza di rescissione.
Rileva il ricorrente che il D.L.vo n. 31 del 19 marzo 2024, in vigore del giorno 4 aprile 2024, all’evidente fine di rafforzare l’effettività dei rimedi restitutori, previsto un onere informativo supplementare a carico dell’organo dell’esecuzione il quale, nell’ordine emesso ai sensi dell’art. 665 cod. proc. pen. a carico di condannato alla pena detentiva, ha il preciso onere di fornire l’avviso che, se il processo si è svolto in sua assenza, nel termine di 30 giorni dalla conoscenza della sentenza, questi può chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato.
Tale avviso non risulta essere stato formulato nell’ordine di esecuzione emesso il 12/04/2024 e notificato a Carbone il successivo 15/04/2024, con la conseguenza che tale atto difetta dei requisiti minimi previsti dalla legge e non può quindi considerarsi idoneo ad integrare il dies a quo dal quale far decorrere il termine di 30 giorni previsto, a pena di decadenza, per la proposizione di istanza di rescissione del giudicato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge con riferimento all’art. 175 codice di rito, mancanza o manifesta illogicità della motivazione per mancata rilevazione dell’esistenza di una situazione fattuale che impediva il rispetto del termine di trenta giorni previsto, a pena di decadenza, per la proposizione dei rimedi della rescissione del giudicato e della restituzione nel termine per impugnare.
Rileva il ricorrente che all’udienza celebrata avanti la Corte di appello, la difesa aveva avanzato richiesta di restituzione nel termine per la proposizione dell’istanza di rescissione del giudicato e non- come erroneamente indicato nell’ordinanza impugnata- di “rimessione in termini per presentare l’istanza di remissione in termini”.
Tale istanza (già ricompresa nel genus della originaria richiesta ex art. 175 cod. proc. pen. depositata in data 22/05/2024 e, dunque, da ritenersi tempestiva) si fondava sulle vicissitudini incontrate nell’accesso agli atti e con essa si chiedeva
di escludere dai” 30 giorni” quegli intervalli temporali durante i quali l’attività dell difesa era stata oggettivamente paralizzata non da inerzia né da cause imputabili al condannato ma da disfunzioni della cancelleria se non – addirittura- da errate informazioni fornite in merito alla ubicazione del fascicolo processuale e, altresì, dall’attesa ( pari a sette giorni) della autorizzazione da parte della Corte di appello di accesso agli atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2. Il primo motivo non è meritevole di accoglimento.
E’ pacifico ed incontestato che la richiesta di rescissione del giudicato e quella, subordinata, di restituzione nel termine per proporre impugnazione sono state proposte in data 22 maggio 2024 e pertanto oltre 30 giorni dopo la notifica all’odierno ricorrente (avvenuta il 15 aprile 2024) del provvedimento di esecuzione pene concorrenti n. 83/24 SIEP emesso dalla Procura della Repubblica di Arezzo il 12 aprile 2024, comprendente anche la sentenza irrevocabile oggetto del proposto mezzo straordinario di impugnazione e del rimedio restitutorio.
L’art. 629bis, comma 2, cod. proc. pen, come novellato dalla c.d. riforma Cartabia, stabilisce che tale termine, di natura decadenziale, decorre dal “momento della avvenuta conoscenza della sentenza” e non più dal momento della conoscenza del procedimento.
La sostituzione della locuzione “procedimento” con quella di “sentenza” non porta tuttavia ad affermare che il termine di 30 giorni debba, a seguito della modifica normativa, farsi decorrere dal momento in cui il condannato ha avuto contezza del contenuto della pronuncia da rescindere.
Ciò che rileva, ai fini della individuazione del dies a quo per la proposizione dell’istanza di rescissione, è infatti la precisa ed effettiva cognizione, da parte dell’interessato, degli estremi del provvedimento che ha definito il giudizio, dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso e della condanna inflitta (come specificamente riportati nell’ ordine di esecuzione di pene concorrenti emesso ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen. nei confronti dell’odierno ricorrente), uniche informazioni necessarie non solo per comprendere la circostanza relativa alla avvenuta celebrazione di un definitivo processo a suo carico ma anche per potere utilmente individuare la Corte territoriale alla quale rivolgersi per attivare il rimedio dell’impugnazione straordinaria e indicarne il preciso oggetto.
Del tutto ininfluente, ai fini dell’esperimento della procedura di cui all’art. 629bis cod. proc. pen., è, invece, la cognizione sia dell’intero apparato motivazionale
della sentenza irrevocabile concernente l’affermazione del giudizio di responsabilità e degli atti processuali su cui esso si fonda, ciò per l’evidente ragione che i presupposti dell’istituto della rescissione del giudicato non attengono al merito del giudizio (diversamente dallo strumento della revisione) ma sono àncorati al solo profilo della mancata conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza di condanna e, dunque, al di là degli specifici accertamenti in esso compiuti, della sua effettiva celebrazione e conseguente definitività.
La modifica normativa che ha sostituto la locuzione” procedimento” con quella di “sentenza” è solo indice del fatto il legislatore ha inteso individuare, in favor rei e con maggiore necessaria certezza, il dies a quo del termine decadenziale di 30 giorni indicandolo nel momento in cui il condannato abbia avuto contezza non già di un qualche atto tale da porlo in qualche modo posto a conoscenza della vicenda penale a suo carico in fase sub iudice, bensì della effettiva esistenza (al di là del suo contenuto valutativo) del provvedimento che ha definitivamente concluso il giudizio.
Del resto, ove si interpretasse il senso della novella legislativa nei termini indicati dal ricorrente, si finirebbe per affidare all’assoluta discrezionalità de condannato, sulla base della propria personale utilità, o al concreto svolgimento della attività difensiva la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento impugnato, eludendo, in tal modo, la disciplina posta dall’art. 629bis cod. proc. pen., che prevede, a pena di inammissibilità, tempi brevi per l’impugnazione di un provvedimento già divenuto irrevocabile e, quindi, per travolgere il giudicato.
Correttamente, dunque, la Corte di appello, nel caso di specie, ha fatto decorrere il termine di 30 giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione del provvedimento di unificazione pene che comprendeva anche la sentenza oggetto dell’istanza di rescissione, ritenuta pertanto tardiva.
3. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Il codice di rito non prevede alcuna nullità speciale per il caso in cui, come nella specie, l’ordine di esecuzione emesso ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen. non contenga l’avviso al condannato della facoltà, ove giudicato in assenza, di avanzare istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato, sicchè non può trovare accoglimento la deduzione difensiva per cui detto ordine di esecuzione sarebbe “inidoneo” a costituire il dies a quo per la proposizione di tale richiesta.
Al contrario, l’avvenuta notifica in data 15/04/2024 all’odierno ricorrente di tale provvedimento che indica espressamente gli estremi della decisione definitoria
da rescindere o avverso la quale richiedere la restituzione nel termine per proporre appello (autorità, data ed oggetto) ha segnato proprio il momento in cui, per la
prima volta, egli ha – di fatto – acquisito effettiva e concreta cognizione della esistenza del titolo irrevocabile emesso a suo carico e dal quale quindi decorreva
il termine decadenziale di 30 giorni che, pacificamente, non è stato osservato atteso che i rimedi restitutori sono stati richiesti con istanza depositata alla Corte
di appello soltanto il 22 maggio 2024.
4. Non meritevole di accoglimento è anche il terzo motivo di ricorso.
Anche a dare per dimostrate le difficoltà incontrate dal difensore fiduciario del ricorrente nell’accedere al fascicolo processuale, dalla stessa ricostruzione
illustrata nel ricorso emerge come tale carteggio era messo a disposizione del legale in data 15 maggio 2024, sicchè la richiesta di restituzione nel termine per
proporre rescissione doveva essere formulata, ai sensi dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen., entro 10 giorni decorrente da quello in cui era cessato il fatto
costituente caso fortuito, o meglio, forza maggiore e pertanto non oltre il 25
maggio 2024, mentre, invece, risulta essere stata proposta tardivamente e cioè solo nel corso dell’udienza camerale celebrata il 13 settembre 2024.
La retrodatazione al 22 maggio 2024 invocata dal ricorrente non ha fondamento poiché l’istanza depositata in tale data aveva ad oggetto esclusivamente la rimessione nei termini per proporre impugnazione avverso la sentenza definitiva di condanna (richiesta in via subordinata alla rescissione del giudicato) e non invocava affatto una restituzione nei termini per l’impossibilità di rispettare, per causa di forza maggiore, il termine decadenziale previsto per attivare la procedura di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen. ed il rimedio restitutorio di cui all’art. 175, comma 2, cod. proc. pen.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 08/01/2025