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Rescissione del giudicato: quando scatta il termine?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva la rescissione del giudicato, sostenendo di aver appreso della sentenza solo di recente. La Corte ha stabilito che la richiesta di accesso agli atti da parte del suo precedente difensore di fiducia, avvenuta anni prima, era sufficiente a presumere la sua conoscenza della condanna, rendendo la successiva istanza intempestiva. Il caso sottolinea come le azioni del legale vincolino l’assistito ai fini della decorrenza dei termini processuali.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del giudicato: la conoscenza tramite avvocato fa partire il cronometro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale affronta un tema cruciale nella procedura penale: la rescissione del giudicato. Questo istituto permette di ‘riaprire’ un processo concluso con una condanna definitiva quando l’imputato non era a conoscenza del procedimento. La decisione chiarisce un punto fondamentale: da quale momento si può considerare che il condannato abbia avuto conoscenza della sentenza, facendo così scattare il termine perentorio per presentare l’istanza? La risposta della Corte è netta: l’attivismo del difensore di fiducia è un indicatore decisivo.

I Fatti del Caso

Un uomo, condannato con sentenza del Tribunale di Verona divenuta irrevocabile nel 2019, presentava nel 2024 un’istanza per la rescissione del giudicato. Sosteneva di essere venuto a conoscenza della condanna solo nel febbraio 2024, a seguito della notifica di un procedimento di estradizione in Argentina. Prima di allora, affermava di essere stato all’oscuro di tutto, assistito solo da un difensore d’ufficio.

La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva la richiesta definendola intempestiva. Dagli atti processuali era infatti emersa un’istanza risalente all’agosto 2020, presentata da un avvocato di fiducia del condannato. Con tale atto, il legale chiedeva accesso al fascicolo processuale e copia degli atti proprio al fine di valutare un’impugnazione avverso la sentenza di condanna. Secondo la Corte d’Appello, questo fatto dimostrava che il condannato aveva avuto conoscenza della sentenza ben prima di quanto dichiarato.

La Decisione della Corte di Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, contestando la logica della Corte d’Appello. A suo dire, non si poteva desumere con certezza la sua conoscenza della sentenza dalla mera istanza del legale, soprattutto in assenza di una prova della successiva consegna dei documenti. La Suprema Corte ha però ritenuto il ricorso manifestamente infondato, dichiarandolo inammissibile.

Le Motivazioni sulla decorrenza dei termini per la rescissione del giudicato

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nel valore probatorio dell’attività svolta dal difensore di fiducia. La Corte ha ritenuto del tutto ragionevole e conforme all’esperienza comune presumere che l’istanza di accesso agli atti del 2020, presentata da un legale di fiducia, abbia effettivamente portato il difensore a conoscere il contenuto del fascicolo, inclusa la sentenza di condanna.

Secondo i giudici, è logico inferire che un difensore incaricato di fiducia agisca su mandato del proprio cliente e lo tenga informato sugli sviluppi. La stessa istanza del 2020 menzionava che l’imputato era venuto a conoscenza della condanna. Pertanto, da quel momento, o comunque da un periodo ragionevolmente breve successivo, il termine per chiedere la rescissione del giudicato aveva iniziato a decorrere.

L’attesa di quasi quattro anni tra quell’istanza e la presentazione della richiesta di rescissione è stata giudicata eccessiva e ingiustificata, rendendo l’istanza irrimediabilmente tardiva. La Corte ha sottolineato che, anche ipotizzando un ritardo da parte della cancelleria nel fornire gli atti, erano comunque passati ‘svariati anni’, un lasso di tempo troppo lungo per giustificare l’inerzia.

Le Conclusioni

Questa pronuncia offre un importante principio pratico: la conoscenza della sentenza da parte del condannato, necessaria per far decorrere i termini di impugnazione o di richiesta di rescissione, può essere desunta in via presuntiva dall’attività svolta dal suo difensore di fiducia. L’accesso agli atti da parte del legale è considerato un momento chiave che fa scattare l’onere per l’assistito di attivarsi tempestivamente per far valere i propri diritti. Non è possibile, a distanza di anni, sostenere di non essere stati informati dal proprio avvocato, poiché il rapporto fiduciario implica un flusso di comunicazioni che la legge presume avvenuto. La sentenza ribadisce, in sostanza, che la diligenza del difensore e la comunicazione con il cliente sono essenziali per non incorrere in decadenze processuali.

Quando inizia a decorrere il termine per chiedere la rescissione del giudicato?
Il termine inizia a decorrere dal momento in cui vi è prova che il condannato ha avuto effettiva conoscenza della sentenza, e tale conoscenza può essere presunta anche dall’attività svolta dal suo difensore di fiducia.

L’accesso agli atti da parte del difensore di fiducia è sufficiente a provare la conoscenza della sentenza da parte del condannato?
Sì, secondo questa sentenza, la richiesta di accesso agli atti da parte del difensore di fiducia, finalizzata a valutare un’impugnazione, è un elemento da cui il giudice può ragionevolmente desumere che il condannato sia venuto a conoscenza della condanna, facendo così decorrere i termini.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la richiesta di rescissione del giudicato è stata ritenuta intempestiva. Erano passati diversi anni dal momento in cui il difensore di fiducia aveva avuto accesso agli atti (agosto 2020) alla data di presentazione dell’istanza (marzo 2024), un periodo di tempo considerato troppo lungo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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