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Rescissione del giudicato: quando scade il termine?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero per la rescissione del giudicato. La richiesta è stata presentata oltre il termine di 30 giorni, che secondo la Corte decorre dal momento in cui l’interessato ha avuto conoscenza del procedimento tramite la notifica di un ordine di esecuzione, e non da quando ha ottenuto copia della sentenza. L’ignoranza della lingua non è stata ritenuta una giustificazione sufficiente per il ritardo.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del giudicato: il termine decorre dalla conoscenza del procedimento

La rescissione del giudicato rappresenta uno strumento cruciale di garanzia per l’imputato che sia stato condannato in sua assenza, senza aver mai avuto effettiva conoscenza del processo. Tuttavia, l’accesso a questo rimedio è subordinato a rigidi termini di decadenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il termine di trenta giorni per presentare l’istanza decorre dal momento in cui si ha conoscenza del procedimento, non necessariamente dalla piena comprensione del contenuto della sentenza.

I Fatti del Caso

Un cittadino di nazionalità rumena veniva condannato con una sentenza del Tribunale di Velletri del 14 gennaio 2019, divenuta irrevocabile il 4 giugno 2019. Anni dopo, in data 10 febbraio 2024, riceveva a mani proprie la notifica di un provvedimento di “revoca del decreto di sospensione dell’ordine di esecuzione”, un atto che faceva esplicito riferimento alla suddetta sentenza di condanna.

Nonostante ciò, l’istanza di rescissione del giudicato veniva depositata solo il 5 luglio 2024, ben oltre il termine di trenta giorni previsto dalla legge. La difesa sosteneva che il ritardo fosse giustificato: l’interessato, non padroneggiando la lingua e le complessità giuridiche italiane, avrebbe compreso la sua situazione solo dopo aver nominato un avvocato di fiducia, il quale aveva ottenuto copia della sentenza il 6 giugno 2024. Secondo questa tesi, il termine sarebbe dovuto decorrere da quest’ultima data.

La Decisione della Corte di Cassazione e la tempestività nella rescissione del giudicato

La Corte d’appello di Roma aveva già dichiarato inammissibile l’istanza per tardività. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso, ha confermato questa decisione, ritenendolo manifestamente infondato.

I giudici di legittimità hanno chiarito che la questione centrale non era la mancata conoscenza del processo durante il suo svolgimento, ma la mancata tempestività nella presentazione della richiesta di rescissione una volta acquisita la conoscenza del procedimento.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su principi giurisprudenziali consolidati. Il termine di trenta giorni per la presentazione della richiesta di rescissione del giudicato non decorre dal momento in cui il condannato ha una “compiuta conoscenza” di tutti gli atti e della sentenza, ma da quello in cui ha avuto conoscenza del procedimento nel suo complesso. La notifica di un ordine di esecuzione, che fa diretto riferimento alla sentenza di condanna, è considerata un atto idoneo a portare il procedimento a conoscenza dell’interessato, facendo così scattare il termine perentorio.

Il lungo lasso di tempo intercorso tra la notifica (10 febbraio 2024) e l’iniziativa della difesa (6 giugno 2024) è stato interpretato non come una difficoltà oggettiva, ma come un “disinteresse manifestato dall’imputato”.

Inoltre, l’asserita ignoranza della lingua italiana non è stata ritenuta una scusante valida, in quanto non è stata comprovata in alcun modo. La giurisprudenza citata dalla Corte stabilisce che spetta a chi formula la richiesta l’onere di “indicare e specificare i diversi elementi dimostrativi idonei a comprovare la tempestività della domanda”. Sul condannato grava, se non un vero e proprio onere probatorio, quantomeno un rigoroso onere di specifica allegazione. Lasciare all’assoluta discrezionalità del condannato la scelta del momento in cui agire significherebbe aggirare la disciplina sui termini perentori stabiliti dalla legge.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma la rigidità dei termini processuali in materia di impugnazioni straordinarie. La conoscenza del procedimento, anche se acquisita tramite un atto esecutivo, è sufficiente a far decorrere il termine per la rescissione del giudicato. Chi intende avvalersi di questo strumento deve agire con la massima tempestività. Eventuali difficoltà linguistiche o di comprensione giuridica non possono giustificare di per sé il ritardo, a meno che non siano rigorosamente provate e allegate nell’istanza, dimostrando un impedimento oggettivo e non una semplice negligenza o disinteresse.

Da quando decorre il termine di 30 giorni per chiedere la rescissione del giudicato?
Il termine decorre dal momento in cui il condannato ha avuto conoscenza del procedimento, non necessariamente da quando ha ottenuto copia e piena comprensione della sentenza conclusiva.

La notifica di un ordine di esecuzione è sufficiente a far decorrere il termine?
Sì, la Corte ha stabilito che la notifica di un provvedimento di esecuzione che contiene un riferimento diretto alla sentenza di condanna è un atto idoneo a portare il procedimento a conoscenza dell’interessato e, di conseguenza, a far scattare il termine di 30 giorni.

L’ignoranza della lingua italiana può giustificare un ritardo nella richiesta di rescissione?
Non automaticamente. Secondo la sentenza, l’ignoranza della lingua non è stata ritenuta una giustificazione valida in quanto non comprovata. Il ritardo è stato interpretato come un disinteresse. Spetta al ricorrente l’onere di allegare e dimostrare specificamente come tale circostanza abbia costituito un impedimento oggettivo all’esercizio del proprio diritto nei termini di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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