Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10372 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10372 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME CONSTANTIN (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 26 settembre 2024, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza di rescissione del giudicato, depositata il 5 luglio 2024 nell’interes Constantin COGNOME, con riferimento alla sentenza resa dal Tribunale di Velletri il 14 gennaio 2019 divenuta irrevocabile il 4 giugno 2019. La Corte d’appello ha ritenuto non tempestiva l’istanz depositata oltre il trentesimo giorno dalla notifica – ricevuta a mani proprie dal COGNOME in dat febbraio 2024 – del provvedimento di “revoca del decreto di sospensione dell’ordine di esecuzione e di ripristino dell’ordine medesimo del 25.02.2020”, contenente diretto riferiment alla sentenza di condanna per la quale è stata proposta domanda di rescissione.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con cui si violazione di legge, in relazione all’art. 666, comma 6, del codice di rito, per non avere la C distrettuale considerato la mancata conoscenza, da parte dell’imputato, del procedimento a suo carico, durante il quale egli era rimasto assente e difeso da un legale d’ufficio nominato ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen. Nell’istanza rigettata dai giudici d’appello, era stato analiticamen giustificato il motivo del ritardo nell’impugnazione; in particolare, si era evidenziato che il cittadino rumeno, non era in possesso delle competenze linguistiche e giuridiche per comprendere le implicazioni dell’ordine di esecuzione e, dunque, del motivo che lo conduceva in carcere. Deduce il ricorrente che soltanto in seguito alla nomina di un difensore di fiducia quale ha chiesto e ottenuto, in data 6 giugno 2024, copia della sentenza – egli ha potut conoscere contenuto ed effetti della sentenza.
Sono state trasmesse le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato, per le ragioni di seguito illustrate.
Preliminarmente, occorre evidenziare che la Corte di appello ha ben tematizzato la questione sottoposta al suo scrutinio, individuando nella mancata tempestività della richiesta di rescissio il nudeo problematico della questione. A tal proposito, deve ricordarsi che «in tema di rescission del giudicato, il termine di trenta giorni per la presentazione della relativa richiesta decorre già dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, bensì da quello in cui lo stesso ha avuto conoscenza del procedimento, ferma restando, in caso di particolare complessità della vicenda processuale, la possibilità per stesso di chiedere la restituzione nel termine per esercitare pienamente il diritto all’impugnazio straordinaria» (Sez. 4, n. 36560 del 22/09/2021, Vezuli, Rv. 281925 – 01).
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Tale principio è stato correttamente applicato al caso di specie: la Corte territorial chiarito, infatti, come il ricorrente avesse ricevuto, già il 10 febbraio 2024, notifica a mani p del provvedimento di “revoca del decreto di sospensione dell’ordine di esecuzione e di ripristin dell’ordine medesimo del 25.02.2020”, contenente diretto riferimento alla sentenza di condanna, resa dal Tribunale di Velletri il 14 gennaio 2019, divenuta irrevocabile il 4 giugno 2019, pe quale è stata proposta domanda di rescissione. Benché – come ritenuto dalla giurisprudenza della Cassazione – la negligenza informativa dell’imputato non costituisca di per sé prova del volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo (Sez. 6, n. 24729 del 07/03/2024, Fal, Rv. 286712 – 01), è pur vero che, nel caso di specie, il lungo lasso di temp tra la data dell’avvenuta notifica dell’atto (10 febbraio 2024) e il momento (6 giugno 2024) cui la difesa del COGNOME ha chiesto, e ottenuto, copia della sentenza di condanna non può che imputarsi, come ragionevolmente inteso dalla Corte d’appello, al disinteresse manifestato dall’imputato successivamente alla notifica dell’atto (Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022, Piunt Rv. 283019 – 01).
Quanto alla pretesa inidoneità dell’ordine di esecuzione a rendere il ricorrente edotto d contenuti della sentenza passata in giudicato, la censura va senz’altro disattesa, in quan manifestamente contraria agli indirizzi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (in tal s v., ad es. Sez. 3, n. 7630 del 04/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284200 – 01: «è legittim la traduzione anche solo orale dell’ordine di esecuzione, effettuata a mezzo dell’interprete, favore di persona alloglotta ove tale ordine venga in rilievo, non in quanto tale, ma co strumento di conoscenza della sentenza passata in giudicato»: fattispecie di istanza d rescissione ritenuta tardiva in quanto preceduta da ordine di esecuzione notificato al ricorren con contestuale traduzione orale). Peraltro, l’asserita ignoranza della lingua italiana da parte ricorrente non risulta comprovata in alcun modo dalla difesa, né tale circostanza è stata dedott con l’istanza di incidente d’esecuzione; non possono, pertanto, applicarsi al caso in scrutin principi giurisprudenziali (v., ad es., Sez. 1, n. 40733 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 27453 01, «l’ordine di esecuzione emesso nei confronti di straniero irreperibile alloglotta, l ignoranza della lingua italiana risulti comprovata, va tradotto, a pena di nullità, in idiom noto») invocati dal ricorrente, in quanto inconferenti.
In definitiva, il motivo di ricorso prescinde, in ogni sua declinazione, dai principi ela dalla giurisprudenza di legittimità in tema di rescissione del giudicato e degli specifici oner incombono sul ricorrente al fine di comprovare la tempestività della domanda rispetto a momento dell’effettiva conoscenza del procedimento (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 7485 del 18/01/2018, Tacuri, Rv. 272468). Come di recente osservato da questa Corte (Sez. 5, n. 17171 del 23/01/2024, Raileanu, Rv. 286252 – 01, in motivazione), «è onere di chi formuli la richies (che ha natura di impugnazione straordinaria) indicare e specificare i diversi elemen dimostrativi idonei a comprovare la tempestività della domanda rispetto al momento di effettiva conoscenza dell’atto […] Sul condannato grava, se non un vero e proprio onere probatorio, quantomeno, un rigoroso onere di specifica allegazione, a fronte del quale, poi, spetta al giudi
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il potere di accertamento, nel caso sussistano incertezze e dubbi al riguardo. Escludendo in capo all’istante un simile dovere di allegazione, infatti, si finirebbe per lasciare all’as discrezionalità del condannato la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento impugnato, sulla base della propria personale utilità, aggirando in tal modo la disciplina posta dall’art. 629 bis cod. proc. pen., che prevede, a pena di inammissibilità, tempi brevi per l’impugnazione di un provvedimento già divenuto irrevocabile e, quindi, per travolgere il giudicato».
Nel caso in esame, l’istante non ha allegato alcun elemento idoneo a giustificare i motivi del ritardo dell’istanza di rescissione, se non il generico (nel senso di non comprovato, come già ricordato) riferimento all’impossibilità di comprendere il significato del ripristino dell’ord esecuzione.
Ne deriva l’inammissibilità del ricorso, cui consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 18 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
dente
Così deciso in Roma, il 14/02/2025
Il consigliere estensore