Rescissione del giudicato: la conoscenza del processo chiude la porta al rimedio
La rescissione del giudicato rappresenta un istituto fondamentale nel nostro ordinamento, posto a tutela del diritto di difesa. Questo rimedio straordinario consente di riaprire un processo concluso con una sentenza di condanna definitiva, ma solo a precise condizioni. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 489/2024) ha ribadito con fermezza uno dei pilastri di questo istituto: l’assoluta e incolpevole ignoranza del processo da parte dell’imputato. Vediamo nel dettaglio come la prova della conoscenza del procedimento penale renda inapplicabile tale strumento di tutela.
I fatti del caso
Un soggetto, condannato con una sentenza emessa nel 2019 e divenuta irrevocabile poco dopo, presentava istanza alla Corte di Appello chiedendo la rescissione del giudicato o, in subordine, la restituzione nel termine per impugnare. A sostegno della sua richiesta, l’imputato lamentava una presunta mancata conoscenza del procedimento a suo carico, attribuendo la colpa a notifiche viziate e alla condotta omissiva del difensore d’ufficio, configurando a suo dire una situazione di caso fortuito o forza maggiore. La Corte di Appello rigettava la richiesta, spingendo l’interessato a proporre ricorso per cassazione.
La prova della conoscenza del processo e la rescissione del giudicato
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto cruciale della sentenza risiede nell’accertamento della ‘piena conoscenza’ del processo da parte del ricorrente. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i giudici hanno evidenziato due elementi fattuali decisivi:
1. Notifica a mani proprie: All’imputato era stato notificato personalmente il decreto di citazione a giudizio già nel 2015. Questo atto è sufficiente a dimostrare che egli era formalmente a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale nei suoi confronti.
2. Partecipazione indiretta: Ancor più rilevante, durante l’udienza preliminare era stato presentato un certificato medico che attestava un impedimento dell’imputato a comparire. Questa circostanza non solo prova la sua conoscenza dell’udienza, ma dimostra anche l’esistenza di un rapporto ‘informato’ con il proprio difensore, il quale, su tale base, aveva ottenuto un rinvio.
Questi elementi, secondo la Suprema Corte, smentiscono in modo inequivocabile la tesi della mancata conoscenza e, di conseguenza, escludono la possibilità di applicare l’istituto della rescissione del giudicato, il quale presuppone proprio una totale e incolpevole inconsapevolezza del processo.
L’irrilevanza della Riforma Cartabia al caso di specie
Un altro motivo di ricorso si basava sulla presunta applicabilità delle nuove norme introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) in tema di restituzione nel termine per impugnare. La difesa sosteneva che, essendo la sentenza stata ‘eseguita’ nel 2023 (dopo l’entrata in vigore della riforma), le nuove e più favorevoli disposizioni dovessero trovare applicazione.
Anche su questo punto, la Cassazione è stata netta. Citando un proprio precedente orientamento (sent. n. 20899/2023), ha chiarito che il principio tempus regit actum impone di guardare alla data in cui la sentenza è stata pronunciata, non a quella della sua esecuzione. Poiché la sentenza in questione risaliva al 2019, le norme della Riforma Cartabia non potevano essere applicate retroattivamente.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa dei presupposti per la rescissione del giudicato. L’istituto non è uno strumento per rimediare a scelte difensive negligenti o a un disinteresse verso il processo. È una tutela eccezionale per chi è stato condannato ‘a sua insaputa’. La prova documentale della conoscenza del processo, come la notifica personale del decreto di citazione o la presentazione di un certificato medico per giustificare un’assenza, costituisce un ostacolo insormontabile all’accoglimento dell’istanza. Inoltre, la Corte ha ribadito il principio di irretroattività delle norme processuali, chiarendo che le modifiche legislative si applicano ai provvedimenti emessi dopo la loro entrata in vigore, non a quelli passati in giudicato anni prima.
Le conclusioni
La sentenza in esame offre un importante monito: chi intende avvalersi del rimedio straordinario della rescissione del giudicato deve fornire una prova rigorosa della propria incolpevole assenza di conoscenza del procedimento. La presenza di qualsiasi elemento che dimostri il contrario, anche una semplice comunicazione con il proprio difensore finalizzata a giustificare un’assenza, è sufficiente a precludere l’accesso a tale strumento. La decisione rafforza la stabilità del giudicato penale, limitandone la revisione a casi eccezionali e chiaramente definiti dalla legge.
Quando è possibile chiedere la rescissione del giudicato?
La rescissione del giudicato può essere richiesta solo quando l’imputato, condannato in assenza, può provare di non aver avuto effettiva e incolpevole conoscenza della celebrazione del processo a suo carico.
Quali elementi possono dimostrare che un imputato era a conoscenza del processo?
Secondo la sentenza, elementi come la notifica a mani proprie del decreto che dispone il giudizio o la presentazione di un certificato medico per ottenere il rinvio di un’udienza sono prove sufficienti a dimostrare la piena conoscenza del processo da parte dell’imputato.
Le nuove regole della Riforma Cartabia sulla restituzione in termini si applicano alle sentenze pronunciate prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte ha chiarito che le nuove disposizioni si applicano solo alle sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore della riforma, non avendo efficacia retroattiva per i provvedimenti già definitivi.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 489 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 489 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato ad Avezzano il 20/03/1962 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la ordinanza in data 17/08/2023 della Corte di appello de L’Aquila; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto procuratore generale, COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza in data 17/08/202:3, la Corte di appello di L’Aquila rigettava le istanze con le quali NOME COGNOME tramite il difensore, aveva chiesto la rescissione del giudicato e/o la restituzione in termini in relazione alla sentenza pronunciata dal Tribunale di Avezzano in data 20/03/2019, irrevocabile in data 06/04/2019.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso per cassazione, il cui unico motivo viene di seguito enunciato nei
limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 clisp. att. cod. proc. pen.: inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, nello specifico degli artt. 629-bis e 175 cod. proc. pen. per mancata valutazione degli elementi relativi al caso fortuito o forza maggiore e alla impossibilità di impugnare la pronuncia di condanna e ciò sia per l’istanza di rescissione del giudicato che per quella di restituzione in termini proposte in via gradata ed alternativa; totale carenza motivazionale nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, avendo il giudice di prime cure trascurato del tutto le argomentazioni motivazionali della difesa e del richiedente imputato che rendeva dichiarazioni in udienza, limitandosi a rigettare le istanze in parola per un presunto ed implicito disinteresse dell’imputato che avrebbe avuto conoscenza del procedimento a suo carico, avendo ricevuto una notifica in realtà con relata viziata ed inefficace e nulla osservando o motivando sulla condotta omissiva del difensore d’ufficio, costituente circostanza imprevedibile e quindi caso fortuito.
4. Il ricorso è inammissibile.
5. L’ordinanza impugnata ha correttamente escluso la sussistenza dei presupposti per la rescissione del giudicato, avendo avuto il COGNOME piena conoscenza della celebrazione del processo essendogli stato notificato a mani proprie in data 14/01/2014 (rectius, 2015) il decreto che dispone il giudizio. La conoscenza del processo (ed il rapporto “informato” difensore-assistito) sono poi eloquentemente dimostrati dal fatto che all’udienza preliminare era pervenuto un certificato medico attestante l’impedimento dell’imputato a partecipare all’udienza, circostanza che aveva consentito al difensore di richiedere ed ottenere dal giudice il differimento dell’udienza stessa.
Si aggiunga, infine, come al principio per cui: “In tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione, la disposizione di cui all’art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore di detto decreto” (Sez. 2 n. 20899 del 24/02/2023, Delfino, Rv. 284704), la difesa si limiti ad opporre come la sentenza in oggetto sia stata “lavorata” e portata in esecuzione il 25/07/2023 (giorno in cui il COGNOME è stato tratto in arresto ricevendo copia dell’ordine di esecuione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano), ossia dopo l’entrata in vigore della cd. Riforma Cartabia, con argomenti non pertinenti rispetto all’unico decisivo discrimine rappresentato dalla data di pronuncia del provvedimento.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così determinata in relazione ai profili di colpa ricavabili dal ricorso in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 12/12/2023.