Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19214 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19214 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a EBOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
IN FATTO E IN DIRITTO
Con il provvedimento di cui in epigrafe la corte di appello di Roma rigettava la richiesta avanzata nell’interesse di COGNOME NOME, ex art. 629 GLYPH di rescissione del giudicato formatosi in relazione alla sentenza emessa in data 18.11.2021, divenuta irrevocabile il 3.5.2022, con cui il tribunale di Roma aveva condanNOME alla pena ritenuta di giustizia il suddetto NOME, in relazione al reato ex art. 490 < c.p., in rubrica ascrittogli.
Avverso il provvedimento de quo, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'COGNOME, lamentando vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale ha erroneamente rigettato l'istanza di rescissione, senza considerare che l'COGNOME non è mai venuto a conoscenza del processo pendente a suo carico per il reato di cui all'art. 490. t c.p., in quanto egli si trovava sottoposto al regime degli arresti domiciliari presso l'abitazione sita in Roma, alla INDIRIZZO, in virtù dell'ordine di esecuzione emesso dal pubblico ministero presso il tribunale di Roma in data 2.1.2020, relativo alla sentenza di applicazione della pena di due anni di reclusione ex art. 444, ' c.p.p., pronunciata dal tribunale di Roma, con espiazione della pena in regime di detenzione domiciliare.
Con requisitoria scritta del 7.12.2023 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO, chiede che il ricorso venga accolto.
Il ricorso non può essere accolto, essendo sorretto da motivi infondati.
Come è noto, ai sensi dell'art. 629 bis,,co. 1, c.p., la rescissione del giudicato è ammessa solo nel caso in cui al condanNOME nei cui confronti si sia proceduto in assenza non sia imputabile una colpevole ignoranza del processo.
Come chiarito dalla giurisprudenza della Suprema Corte già in sede di interpretazione dell'abrogato art. 625 ter c.p.p., disciplinante la rescissione del giudicato, in cui si faceva del pari espresso riferimento a "una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo", in tema di rescissione del giudicato, sussiste una colpevole mancata
conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all'art. 625 ter; ( c.p.p., in tutti i casi in cui l'imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell'esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall'applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell'avviso di udienza (cfr. Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017, Rv. 269554).
Nella formulazione della nuova disposizione in materia, l'art. 629 bis, co. 1, c.p.p., in particolare sia in quella anteriore alla riforma c.d. Cartabia, sia in quella introdotta nel suddetto testo normativo dallart. 37, co. 1, d.lgs. 10.10.2022, n. 150, con decorrenza a partire dal 30.12.2022, resta inalterato il riferimento alla condizione, che, ove disattesa, non consente di accogliere la richiesta di rescissione del giudicato, della incolpevole mancata conoscenza del processo conclusosi con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Deve, pertanto, trovare applicazione il generale principio, secondo cui non può considerarsi incolpevole la mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato, posto in condizione di esserne a conoscenza, se solo si fosse comportato con ordinaria diligenza.
In questo senso si è affermato, ad esempio, che, in tema di rescissione del giudicato – nella disciplina anteriore alla riforma c.d. Cartabia allorché sia stata accertata la notifica all'imputato di atti da cui poteva evincersi la pendenza del processo (nella specie, avviso ex art. 415-bis, c.p.p., e verbale di rinvio dell'udienza dibattimentale), non rileva che lo stesso non ne abbia compreso il contenuto per analfabetismo, non potendo in tal caso ritenersi incolpevole la mancata conoscenza del processo (cfr. Sez. 6, n. 502 del 10/2023, Rv. 285653).
Sotto questo profilo si e noltre che deve escludersi l'incolpevole mancata conoscenza del processo, con conseguente rigetto del ricorso di cui all'art. 629-bis, c.p.p., nel caso in cui risulti che l'imputato, pur in presenza degli avvertimenti di rito, abbia, nella fase delle indagini preliminari, dichiarato domicilio presso la propria abitazione e
successivamente omesso di comunicarne la variazione a norma dell'art. 162, comma 1, c.p.p., derivando da ciò una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in sua assenza, a seguito della rituale notifica della "vocatio in iudicium" presso l'originario – ed unico – domicilio indicato, dovendosi ritenere che gravino sull'imputato le conseguenze della propria consapevole e volontaria inerzia comunicativa (cfr. Sez. 2, n. 29660 del 27/03/2019, Rv. 276972).
Orbene, il provvedimento impugNOME appare del tutto conforme a tali principi.
Come chiarito dalla corte di appello, infatti, nei confronti dell'COGNOME, processato per direttissima per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, procedimento conclusosi con sentenza pronunciata ex art. 444, c.p.p., si era proceduto separatamente per il concorrente reato di cui all'art. 490 4, c.p.
Con riferimento a tale ultimo reato la notifica del relativo decreto di citazione a giudizio era stata tentata dall'ufficiale giudiziario per ben due volte (il 25.11.2020 e 1'1.12.2020) presso l'abitazione in Roma, alla INDIRIZZO, dove il ricorrente aveva eletto domicilio, senza tuttavia rinvenire nessuno, nonostante in quel periodo l'COGNOME vi si trovasse ristretto agli arresti dorniciliari, sicché la notificazione del decreto di citazione a giudizio era avvenuta ex art. 157, n. 8), c.p. p.
In data 3.2.2020, infine, l'COGNOME aveva ricevuto rituale notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari presso il domicilio eletto di INDIRIZZO, mediante consegna di copia conforme a mani di COGNOME, indicato nella relata di notifica figlio convivente (circostanza non contestata dal ricorrente).
Appare, pertanto, evidente come l'COGNOME sia stato messo in grado di essere a conoscenza dell'effettiva pendenza del procedimento a suo carico per il reato di cui all'art. 490, c.p., in quanto, da un lato, si è proceduto alla vocatio in ius nei suoi confronti presso il domicilio da lui eletto, in un periodo in cui egli vi si trovava ristretto; dall'altro, è stato
debitamente notificato a mani del figlio convivente presso il medesimo domicilio l'avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Pertanto, la circostanza che per ben due volte la notificazione del decreto che dispone il giudizio non sia andata a buon fine presso il domicilio eletto dallo stesso imputato, in cui egli si trovava ristretto, è stata interpretata dalla corte territoriale, con valutazione immune da vizi logici, anche alla luce della successiva inerzia dimostrata dopo la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari andata a buon fine, come sintomo della volontà dell'imputato di sottrarsi al processo per il reato ex art. 490, c.p.
5. Al rigetto, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 22.1.2023.