Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30684 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30684 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Mola di Bari il DATA_NASCITA; avverso la ordinanza n. 13 del 22/02/2024 della Corte di Appello di Bari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale dott.ssa NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Bari, con l’ordinanza impugnata -depositata il 27 febbraio 2024, comunicata il successivo 28 febbraio al difensore del ricorrente, che ha tempestivamente proposto impugnazione- ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato formulata nell’interesse del condannato, oggi ricorrente, che aveva dedotto l’incolpevole mancata conoscenza del processo celebrato libero pede in sua assenza, giacché l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e lo stesso atto di vocatio in iudicium per quella contestazione erano state notificate, presso il domicilio dichiarato, a mani del fratello convivente (qualificatosi addetto alla ricezione), che ad avviso del ricorrente non era nel pieno possesso delle sue facoltà mentali; le udienze del processo di primo grado si erano poi celebrate in assenza dell’imputato, con l’assistenza di un difensore di ufficio, senza che l’imputato avesse con questi intrattenuto alcuna forma di contatto professionale per l’intera durata del processo. Alla data della decisione, emessa nella perdurante assenza dell’imputato, questi era -peraltro- detenuto, per altra causa, ma il Tribunale, noncurante dell’impedimento, aveva ugualmente definito il processo.
La Corte d’appello ha messo in rilievo che l’imputato, cui era stata notificato a mani proprie l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415 bis cod. proc. pen.), non si è in alcun modo informato delle sorti di quel procedimento, mentre le successive notifiche dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio erano state effettuate presso il germano, qualificatosi, peraltro, anche addetto alla casa. Nessuna comunicazione aveva inoltre ricevuto il Tribunale circa lo stato detentivo (per altra causa) dell’imputato. L’imputato, avuta conoscenza del procedimento, aveva dunque l’onere di verificarne gli sviluppi e, comunque, l’onere di attivarsi per mantenere i contatti con il difensore di ufficio nominato e di verificare che il domicilio dichiarato fosse idoneo alla funzione da lui stesso scelta. Così stando i fatti processuali, la Corte territoriale ha ritenuto che l’imputato si fosse volontariamente sottratto al processo, avendo scientemente consentito che gli atti fossero notificati presso il domicilio dichiarato e qui ricevuti, in sua precaria assenza, da persone addette alla casa.
Tanto basta, ad avviso della Corte territoriale, per avere certezza che l’imputato conoscesse del procedimento pendente ed avesse consapevolmente scelto di restare assente, disinteressandosi volontariamente dell’esito dello stesso e, dunque, della decisione divenuta irrevocabile.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore e procuratore speciale del condannato, deducendo il motivo in appresso sinteticamente indicato, secondo quanto prescrive l’art. 173, comma 1, cod. proc. pen.:
Inosservanza della legge processuale (art. 420 bis cod. proc. pen.) e vizio esiziale di motivazione, non potendo ritenersi provata la effettiva conoscenza del processo sulla base della ricezione dell’atto notificato al fratello incapace di comunicare, per deficit mentali; nessun atto dimostra che il ricorrente fosse venuto a conoscenza del processo attraverso la comunicazione dell’atto di vocatio in iudicium; esclusa era rimasta pure l’ipotesi che nel corso del processo il ricorrente avesse interloquito con il difensore nominato di ufficio;
Il Tribunale avrebbe comunque definito il processo senza avvedersi ex officio che l’imputato, dichiarato improvvidamente assente, era detenuto in carcere per altro titolo, dunque evidentemente impossibilitato a presenziare al processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. La Corte di appello di Bari ha correttamente argomentato la decisione di rigetto valorizzando la correttezza, non solo formale, del procedimento di notificazione dell’atto di chiamata in giudizio dell’imputato, giacché l’informazione è certamente giunta presso il domicilio dichiarato dall’imputato (che conosceva della pendenza del procedimento) e qui ricevuta da soggetto dichiaratosi addetto alla casa, peraltro legato da rapporto di strettissima parentela con l’imputato. Né, per vero, l’imputato ha allegato al ricorso atti dai quali evincere: a) l’assoluto difetto delle capacità comunicative del fratello che ebbe a ricevere le notifiche; b) lo stato detentivo (che peraltro neppure risulta comunicato -o comunque conosciuto- al giudice che, in allora, procedeva) in corso per altra causa al momento della decisione, poi divenuta irrevocabile.
Ed invero, l’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., valorizza, quale unica ipotesi in cui possa procedersi in absentia pur se la parte ignori la vocatio in ius, la volontaria sottrazione «alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento». Come affermato da questa Corte, nella sua massima espressione di collegialità, (Sez. u, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420) si deve trattare di condotte positive, rispetto alle quali si rende necessario un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico delle condotte, e l’art. 420-bis cod. proc. pen. non “tipizza” e non consente di tipizzare alcuna condotta particolare. Successivamente, il medesimo massimo Collegio è tornato sul punto (Sez. u, n. 15498, del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931), che richiamando i principi contenuti nella sentenza COGNOME, ha affermato che l’accertata ricorrenza delle situazioni previste dall’art. 420-bis, co. 2, cod. proc. pen., non esime il giudice della rescissione dal compito di valutare la sintomaticità dei comportamenti tenuti dall’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo.
In sostanza il requisito della “incolpevole mancata conoscenza delle celebrazione del processo” ha il significato di “precludere all’assente, pur sempre volontario, l’accesso ad un nuovo giudizio, ove questi si sia volontariamente posto nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, dimostrando così implicitamente di non volervi partecipare”. Sulla base di tale indirizzo ermeneutico, la successiva giurisprudenza delle sezioni semplici giunge a conclusioni che solo apparentemente appaiono contrastanti (Sez. 1, n. 27629 del 24/6/2021, Rv. 281637; Sez. 2, n. 14375 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281101; Sez. 2, n. 34041 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280305; Sez. 5, n. 31201 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 280137; Sez.2 n.4608/2022; Sez.6 n.3930/2022; Sez.6 n.3929/2022; Sez.6 n.3677/2022; Sez.2 n.2875/2022; Sez.3 n.2252/2022; da ultimo Sez. 3, n. 15124/2024, con riferimento alla colpevole inerzia nei contatti con il difensore di fiducia domiciliatario), ma, in realtà, dette più recenti decisioni declinano i medesimi principi ed indicano come sia dirimente per le diverse soluzioni la specificità dei casi concreti affrontati. In altri termini, se il medesimo principio appare declinato in maniera diversa è per la peculiarità delle fattispecie concrete di volta in volta all’esame.
Appare dunque più che adeguatamente argomentata, oltre che conforme al disposto processuale, la decisione della Corte di merito nella parte in cui non ha ravvisato in capo al ricorrente un’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo a suo carico. Questi ebbe a ricevere, a mani proprie, la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari e, dunque, aveva precisa contezza della esistenza del procedimento, non nella fase embrionale, ma in quella conclusiva delle indagini preliminari all’atto di esercizio dell’azione penale; mentre le successive notificazioni vennero effettuate, nel domicilio dichiarato, a mani di familiare convivente, qualificatosi addetto alla ricezione. Del pari quanto allo stato detentivo (per altra ragione) dell’imputato giudicato in assenza, neppure allegato (quale situazione di fatto) ai motivi di ricorso; né risulta che della detta condizione detentiva (in diverso procedimento) fu reso edotto il giudice che in allora procedeva nel merito.
Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 giugno 2024.