Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2555 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2555 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dell’istanza;
RITENUTO IN FATTO
La pronuncia indicata in epigrafe dichiarava inammissibile per tardività l’istanza di rescissione del giudicato, trasmessa dal difensore del ricorrente a mezzo posta elettronica certificata in data 6 luglio 2023, relativa alla sentenza emessa in data 4 aprile 2019 dalla Corte d’appello di Torino, che ne aveva affermato la responsabilità penale per i reati di cui agli artt. 624, 625, 61 n. 5 e 367, 61 n. 2, cod. pen., condannandolo alla pena di anni tre e mesi uno di reclusione.
2. Lo NOME ha proposto ricorso per cassazione, con il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, denunciando, con un unico motivo, erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 629-bis, comma 2, cod. proc. pen., in quanto l’ordinanza impugnata aveva ritenuto che il termine di giorni trenta per la proposizione dell’istanza aveva iniziato a decorrere dalla notifica del mandato di arresto europeo, e non già dalla data successiva del 7 giugno 2023, nella quale il predetto era stato consegnato allo Stato italiano e gli era stato notificato il provvedimento di cumulo di pene concorrenti n. SIEP 37/2020 della Corte d’appello di Torino.
Solo a partire da tale momento, infatti, egli avrebbe avuto piena conoscenza dei provvedimenti emanati nei suoi confronti e avrebbe di qui potuto conseguentemente esercitare il diritto di difesa in sede di impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
Occorre premettere che la Corte territoriale ha dichiarato la tardività dell’istanza presentata dallo RAGIONE_SOCIALE avendo riguardo al termine previsto dall’art. 629-bis, comma 2, cod.proc.pen., che – nel testo vigente ratione tennporis (applicabile, in caso di dichiarazione di assenza pronunciata anteriormente al 10 novembre 2022, data di entrata in vigore della riforma contenuta nel d.lgs. 10/10/2022, n.150, ai sensi della disposizione transitoria contenuta nell’art.89, comma 1) – determinava il termine per la presentazione dell’istanza di rescissione del giudicato in trenta giorni «dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento».
Orbene, nella vigenza di tale assetto normativo, per effetto del chiaro riferimento al momento dell’avvenuta conoscenza del “procedimento” anziché della sentenza, la disposizione applicabile indicava che il termine iniziava inequivocabilmente a decorrere anche quando l’interessato non aveva avuto una compiuta conoscenza del provvedimento da rescindere, atteso che il presupposto da dimostrare allo scopo di ottenere la rescissione del giudicato si concretizzava
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nell’incolpevole mancata conoscenza “della celebrazione del processo”, e dunque nel fatto che un processo, al di là degli specifici accertamenti in esso compiuti, si fosse tenuto. Al contrario, ai fini della decorrenza del termine per la proposizione dell’impugnazione, non occorreva anche che il condannato avesse avuto conoscenza compiuta degli atti del processo e della sentenza conclusiva, perché la legge non lo richiedeva (Sez. 4, n. 31252 del 19/07/2023, COGNOME).
D’ altra parte, alcuna lesione dei diritti di difesa del condannato può essere prospettata a fronte di tale interpretazione della norma, poiché resta ferma la possibilità per il condannato, ove ritenga, per la complessità della vicenda processuale, di non aver potuto esercitare pienamente il diritto all’impugnazione straordinaria in un termine rivelatosi in concreto insufficiente, di chiedere una restituzione nello stesso, secondo quanto disposto dall’art. 175 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 31252 del 19/07/2023, COGNOME NOME; Sez. 1, n. 32267 del 30/10/2020, COGNOME, Rv. 279994 – 01).
Occorre inoltre considerare che, ad ogni modo, nel provvedimento di mandato di arresto europeo notificato allo RAGIONE_SOCIALE erano indicati una serie di elementi volti a consentire al medesimo di effettuare le proprie determinazioni sulla proposizione dell’impugnazione senza alcuna compromissione del diritto di difesa, ossia: il provvedimento di esecuzione pene concorrenti emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino in data 31 gennaio 2020; la sentenza esecutiva in esso ricompresa, con tutti gli estremi idonei ad identificare il procedimento; il numero dei reati per il quale era stato emesso il mandato di arresto europeo; la descrizione delle circostanze dei reati, compresi la data, il luogo e il grado di partecipazione della persona ricercata. Rileva, inoltre e soprattutto, che nello stesso provvedimento fosse indicato, con traduzione in lingua rumena, che il ricorrente aveva il diritto di chiedere la revoca della sentenza e ad un nuovo processo, nonché di un termine per la presentazione della relativa richiesta.
2.11 ricorso deve, dunque, essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 13 dicembre 2023