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Rescissione del giudicato: quando inizia il termine?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22262/2025, ha chiarito un punto cruciale sulla rescissione del giudicato. Il termine di 30 giorni per presentare l’istanza decorre dalla notifica dell’ordine di esecuzione, momento in cui si presume la conoscenza legale della sentenza. Un ricorso presentato oltre tale scadenza è stato dichiarato inammissibile, poiché la conoscenza richiesta non riguarda il contenuto motivazionale, ma l’esistenza stessa del provvedimento.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del giudicato: il termine decorre dalla conoscenza legale, non dal contenuto

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 22262/2025, torna a pronunciarsi su un tema delicato della procedura penale: la rescissione del giudicato. Questo istituto rappresenta un’ancora di salvezza per chi è stato condannato in assenza senza aver avuto reale conoscenza del processo. Tuttavia, l’accesso a tale rimedio è vincolato a termini perentori. La pronuncia in esame chiarisce in modo definitivo quale sia il momento esatto da cui far partire il conteggio dei trenta giorni per la presentazione dell’istanza, offrendo un’interpretazione rigorosa del concetto di “conoscenza della sentenza”.

I fatti di causa

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato con sentenza divenuta irrevocabile. Sostenendo di essere venuto a conoscenza della condanna solo in un secondo momento, presentava istanza per la rescissione del giudicato. La Corte d’Appello, però, dichiarava l’istanza inammissibile per tardività. Secondo i giudici di merito, il termine di trenta giorni per agire era decorso, poiché il momento in cui il condannato aveva avuto conoscenza legale della sentenza andava individuato nella data di notifica dell’ordine di esecuzione, avvenuta il 6 giugno 2024. La richiesta, depositata solo il 29 novembre 2024, risultava quindi ampiamente fuori termine. L’imputato decideva di ricorrere per Cassazione, contestando tale interpretazione.

La decisione della Corte sulla rescissione del giudicato

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito e dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato, fondamentale per comprendere i meccanismi della rescissione del giudicato: la tempestività della richiesta è un requisito essenziale e il termine perentorio di trenta giorni inizia a decorrere dal momento della conoscenza effettiva della sentenza da parte del condannato.

Le motivazioni

La Corte ha fornito una spiegazione chiara e netta del perché la notifica dell’ordine di esecuzione costituisce il dies a quo. Per “conoscenza della sentenza”, ai fini dell’articolo 629-bis del codice di procedura penale, non si intende la conoscenza del suo contenuto motivazionale integrale, ma la semplice consapevolezza dei suoi dati identificativi e della sua emissione. La doglianza su cui si fonda la rescissione, infatti, non riguarda il merito della decisione, ma l’incolpevole ignoranza del processo celebrato in assenza.

Di conseguenza, la notificazione dell’ordine di esecuzione è l’atto che, per sua natura, porta a conoscenza legale del condannato l’esistenza di un titolo esecutivo nei suoi confronti. Da quel momento, scatta per l’interessato un onere di diligenza: attivarsi per conoscere i dettagli e, se del caso, impugnare il provvedimento entro trenta giorni. La Corte ha sottolineato che grava sul ricorrente l’onere di allegare e dimostrare circostanze di fatto specifiche che provino che la conoscenza sia avvenuta in una data diversa e successiva. Nel caso di specie, tale prova è completamente mancata; anzi, la Corte ha ritenuto dimostrato che la conoscenza legale dovesse farsi risalire proprio alla data del 6 giugno 2024, rendendo l’istanza palesemente intempestiva.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, ponendo l’accento sull’onere di diligenza del condannato. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi riceve la notifica di un ordine di esecuzione relativo a una sentenza emessa in sua assenza non può attendere. Deve immediatamente attivarsi, tramite un legale, per verificare i dettagli e presentare l’istanza di rescissione entro il termine tassativo di trenta giorni. Attendere oltre significa perdere irrimediabilmente la possibilità di rimettere in discussione una condanna definitiva. La pronuncia serve da monito: la conoscenza legale, e non quella di comodo, è il criterio che governa la decorrenza dei termini per la rescissione del giudicato.

Da quale momento esatto inizia a decorrere il termine di 30 giorni per chiedere la rescissione del giudicato?
Il termine di trenta giorni, previsto a pena di inammissibilità, inizia a decorrere dalla data in cui il condannato ha avuto conoscenza legale della sentenza. La Corte ha stabilito che tale momento coincide con la data di notificazione dell’ordine di esecuzione.

Cosa si intende per “conoscenza della sentenza” ai fini della decorrenza del termine?
Per “conoscenza della sentenza” si intende la conoscenza dei suoi dati identificativi, ovvero la consapevolezza che sia stato emesso un provvedimento di condanna. Non è necessaria la conoscenza del contenuto dettagliato o delle motivazioni della sentenza.

Su chi grava l’onere di provare che la conoscenza della sentenza è avvenuta in una data diversa da quella della notifica dell’ordine di esecuzione?
L’onere di allegare e dimostrare le circostanze di fatto da cui si possa desumere una conoscenza avvenuta in una data diversa e successiva grava interamente sul ricorrente che chiede la rescissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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