Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31915 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31915 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOMECOGNOME nata a Chivasso il 24/10/1985
avverso l’ordinanza emessa in data 20/02/2025 dalla Corte di appello di Milano
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere dott.ssa NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano rigettava la istanza di remissione in termini e di rescissione del giudicato proposta da NOME COGNOME in relazione alla sentenza di condanna pronunciata nei
suoi confronti dal Tribunale di Milano il 2 luglio 2018, divenuta irrevocabile il 18 settembre in ordine ai reati di evasione commessi rispettivamente il 27 dicembre 2015 e il 22 aprile 20
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso NOME COGNOME per il tramite del difensor di fiducia, deducendo violazione di legge in relazione agli art. 175 e 629 bis cod. proc. pen.
La COGNOME sarebbe venuta a conoscenza della sentenza di condanna solo nel corso del mese di dicembre del 2024, di guisa che le due istanze depositate il 10 dicembre 2024 sarebbero tempestive.
2.1. Ad ogni buon conto, nonostante la formale ritualità della notifica della vocatio in iudicium, la COGNOME non sarebbe venuta a conoscenza del processo a suo carico a seguito della rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia e non avendo istaurato alcun rapporto professional con il difensore d’ufficio. Peraltro, in relazione all’ulteriore episodio di evasione, quell aprile 2016 (il cui processo era stato riunito all’altro relativo alla precedente evasi COGNOME non aveva né eletto domicilio né nominato un difensore di fiducia.
L’udienza si è svolta in forma non partecipata. Il Pg ha presentato conclusioni scri richiamante in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
In fingine litis occorre evidenziare come i Giudici di appello avessero correttamente rilevato nell’incipit del provvedimento impugnato che la duplice istanza presentata nell’interesse della ricorrente – volta ad ottenere la remissione in termini e/o la rescissione del giudicato stata redatta in modo generico non essendo stato nemmeno allegato il dies a quo della sicura conoscenza della sentenza definitiva di condanna da parte della COGNOME e che anzi dagli elementi in loro possesso fosse emersa una conoscenza degli atti e della stessa sentenza e, in generale, del procedimento sin dal mese di settembre del 2022.
2.1. La acclarata inammissibilità delle istanze per omessa individuazione del dies a quo è argomentazione ineccepibile in fatto, a nulla rilevando che con il presente ricorso il termin stato indicato- peraltro genericamente – nel “mese di dicembre 2024”, e in diritto, essendo one della parte fornire la dimostrazione della tempestività della istanza rispetto al moment effettiva conoscenza dell’atto con il corredo della relativa documentazione e/o l’indicazion altri elementi utili allo scopo.
Ad ogni buon conto, al netto della preliminare ed assorbente causa di inammissibilità, v precisato che nell’attuale sistema processuale -all’indomani del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 1 (c.d. riforma “Cartabia”) – i due rimedi ripristinatori della rescissione del giudicato ex art. 629 –
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bis cod. proc. pen. e della remissione in termini per impugnare ex art. 175 cod. proc. pen. abbiano assunto, nell’ambito del procedimento in absentia, un rilevante ambito applicativo. Essi, sebbene concorrano fra loro, rimangono tuttavia distinti per natura, pe.titum, operatività ed effetti conseguibili, posto che – nell’attuale formulazione delle norme – il condannato può ott la rescissione del giudicato qualora provi che il processo in assenza sia stato svolto in manca dei presupposti previsti dall’art. 420-bis cod. proc. pen. mentre l’imputato giudicato in assenza è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione, salvo che vi a volontariamente rinunciato, se, nei casi previsti dall’articolo 420-bis, commi 2 e 3, forni prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. Dunque, il citato articolo 175, comma 2.1., limita la possibilità di istanza di restituzione nel termine ai soli casi in cui il processo i si sia svolto in mancanza dei presupposti previsti dai commi 2 e 3 del cit. art. 420-bis.
Inoltre, nel caso di rescissione, il condannato deve dare prova di essere stato dichiar assente in mancanza dei presupposti previsti dal citato art. 420-bis e di non aver potuto propo impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, mentre nel caso di restituzione de termine, il condannato deve fornire prova di non aver avuto effettiva conoscenza del processo e di non avere potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa.
Infine, la rescissione del giudicato ha una più ampia portata rispetto alla restituzio termine per impugnare, potendo portare alla regressione del processo fino alla fase e al grad in cui si è verificata la nullità.
Occorre poi rilevare che ai fini dell’applicabilità di tali “rimedi ripristinatori” modificati con la riforma “Cartabia”, questa Corte di cassazione ha precisato che le disposizi dell’art. 175, comma 2.1., cod. proc. pen., stando al testo dell’art. 89 del d.lgs. n. 150 de sono applicabili esclusivamente alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 (cfr. Sez. 2, Sentenz 20899 del 24/02/2023, Delfino, Rv. 284704, secondo cui «in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione, la disposizione di cui all’art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen., com modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle sole impugnazioni proposte avver sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore di detto decreto»).
Dunque, la norma in oggetto, nella sua attuale portata, non è applicabile nel caso in esam posto che la sentenza di condanna è stata emessa il 2 luglio del 2018 ed è divenuta res iudicata il successivo 18 settembre 2018. Si rammenta, poi, che con la legge 28 aprile 2014, n. 67, legislatore, nell’ambito di una riforma di ampia portata, con la quale aveva abrogato l’is della contumacia e aveva introdotto, per la prima volta, il processo in “assenza”, av completamente rivisto il sistema dei rimedi ripristinatori, introducendo, da un lato, il istituto della rescissione del giudicato e, dall’altro, eliminando dall’art. 175 cod. proc. p riferimento alla restituzione nel termine per impugnare la sentenza, perimetrando il rimedio de restituzione al solo caso del condannato con decreto penale e in relazione ai soli proces
contumaciali (cfr. Sez. 2, n. 12630 del 4/3/2015, Rv. 262929; Sez. 2, n. 23882 del 27/5/201 Rv. 259634).
4.1. In relazione all’istituto della rescissione del giudicato, la Corte di cassazione- pronun nel suo massimo consesso (Sez. Un. n 11447 del 24/10/2024, Lacatus, Rv. 287693) – ha chiarito che «la successione di norme in materia di rescissione è regolata dall’art. 89, comma 1, d.l n. 150 del 2022, in forza del quale in caso di istanza riguardante un procedimento, nel qua l’assenza è stata dichiarata in base alle norme previgenti e che debba considerarsi pendente.. deve in ogni caso applicarsi la disciplina in materia di rescissione immediatamente anteriore riforma, cioè quella introdotta dalla legge n. 103 del 2017».
Posto che, nel caso in esame, la dichiarazione di assenza è stata dichiarata prima del d.lgs. 150 del 2022, deve pertanto concludersi che debba aversi riguardo alla disciplina previgente co riferimento sia alla materia dell’assenza che a quella della rescissione.
Nondimeno la soluzione della questione in tali termini non assume alcuna rilevanza concreta per quanto si dirà qui di seguito.
Ed infatti, passando allo specifico tema di indagine, gli atti resi disponibili a quest le cui relative scansioni processuali sono state puntualmente riportate nel provvedimen impugnato e non sono oggetto di contestazione con il ricorso, consentono di affermare che la dichiarazione di assenza della COGNOME relativamente al processo di primo grado venne effettuata in modo rituale. Risulta, infatti, che la notificazione della vocatio in iudicium venne effettuata infruttuosamente presso la struttura residenziale ove la COGNOME aveva formalment dichiarato domicilio, essendo ivi detenuta in regime di detenzione domiciliare, e poi, constata l’assenza per l’allontanamento sine titulo della COGNOME, presso lo studio del difensore di fiducia a mente dell’art. 161 cod. proc. pen. (ex multis, Sez. U n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv. 250120). Deve, dunque, rilevarsi che l’impossibilità della notificazione ad personam del decreto di citazione è stata causata dalla condizione di volontaria irreperibilità dell’imputata pr domicilio regolarmente dichiarato o eletto e che la stessa COGNOME aveva interrotto i contatti il proprio difensore di fiducia, il quale per tale ragione- dopo la notifica degli at rinunziato al mandato (pag. 2 ord. impugnata).
5.1. Al descritto contesto si attaglia il principio di diritto sancito dalla giurisp legittimità, secondo cui – in tema di rescissione del giudicato- deve escludersi l’incol mancata conoscenza del processo, con conseguente rigetto del ricorso di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., nel caso in cui risulti che l’imputato, pur in presenza degli avvertimenti di rito, abbia, nella fase delle indagini preliminari, dichiarato domicilio, derivando da ciò una presunzio conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in sua assenza, a seguito dell rituale notifica della “vocatio in iudicium” presso l’originario domicilio indicato. Tale e peraltro rispettosa del diritto vivente che – sin dalla pronuncia delle SS.UU. “Innaro” (n. del 28/02/2019, Rv. 275716) e con il successivo intervento sempre a Sezioni Unite (n. 23948 del 28/11/2019, il P.G. c. NOME COGNOME, Rv 279420)- ha richiamato, in tema di processo
in absentia, le fonti sovranazionali (es. Corte EDU sent. 18/5/04 RAGIONE_SOCIALE c. Italia; Corte EDU sent. 10/11/04, COGNOME c. Italia), rimarcando come sia possibile procedere alla celebrazi del processo anche se l’imputato ignori la vocatio in .ius, nel caso in cui sia raggiunta la prova. della sua volontaria sottrazione alla conoscenza del medesimo. Tra gli indici valutabili ravvisare prova della “volontaria sottrazione” alla conoscenza del procedimento è stata enunciat anche “la manifesta mancanza di diligenza informativa”, incombendo sull’imputato un generale onere di diligenza, che si declina nel dovere di mantenere i contatti con il proprio difensore quello di informarsi costantemente dell’andamento e dello stato di progressione de procedimento a suo carico. In conclusione, ai fini della conoscenza del processo, deve essere positivamente valutata sia l’avvenuta dichiarazione e/o elezione di domicilio sia la nomina difensore di fiducia.
5.2. I Giudici di merito nel provvedimento impugnato hanno correttamente declinato detti principi di diritto: la COGNOME – evadendo dal luogo degli arresti – si era resa irreperibile era mai messa in contatto con il proprio difensore di fiducia. E’ il caso di aggiungere che non allegato elementi idonei a dimostrare la sussistenza di un qualche impedimento ad acquisire notizie sulle sorti del processo o a mantenersi in contatto con il proprio difensore. GLYPH Né una eventuale scarsa diligenza del difensore, nel caso nemmeno allegata, avrebbe inciso sull’onere in capo all’imputato di mantenersi in stabile contatto con chi lo difende, di informarsi sull del procedimento a suo carico e di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito.
Non inficia la correttezza delle conclusioni cui sono giunti i decidenti di merito il fattocon il ricorso- che in relazione all’ulteriore delitto di evasione del 22.4.2016 la Dordev avesse nominato un difensore né dichiarato domicilio, dal momento che i due processi furono riuniti e trattati unitariamente, dovendosi viepiù ribadire la radicale causa di inammiss tratteggiata retro sub 2.
Alla inammissibilità del ricorso segue – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – la con al pagamento della ricorrente delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giu 2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, 27/06/2025