Rescissione del Giudicato: il Disinteresse dell’Imputato Blocca la Revisione del Processo
L’istituto della rescissione del giudicato rappresenta una garanzia fondamentale nel nostro ordinamento, volta a tutelare l’imputato che sia stato condannato in sua assenza senza aver avuto effettiva conoscenza del processo. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo rimedio, sottolineando come la condotta negligente dell’imputato possa precluderne l’accesso. Il caso in esame dimostra che l’aver eletto domicilio presso il proprio avvocato e aver poi interrotto i rapporti con quest’ultimo non costituisce una valida giustificazione.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Richiesta di Rescissione
La vicenda trae origine da una sentenza di condanna per il reato di ricettazione di un autoveicolo. L’imputato, venuto a conoscenza della condanna definitiva solo al momento della notifica dell’ordine di esecuzione, presentava un’istanza di rescissione del giudicato alla Corte d’appello. Sosteneva di non aver mai avuto consapevolezza dello svolgimento del processo a suo carico.
La Corte d’appello, tuttavia, respingeva la richiesta. Dalle verifiche era emerso che l’imputato, durante le indagini preliminari, aveva regolarmente eletto domicilio presso il suo difensore di fiducia. Conseguentemente, il decreto di citazione a giudizio era stato validamente notificato presso lo studio del legale. Inoltre, la rinuncia al mandato da parte del difensore era avvenuta solo a processo già iniziato. Secondo la Corte, l’imputato non aveva mantenuto i doverosi contatti con il proprio legale, dimostrando un disinteresse per le sorti del procedimento.
La Decisione della Cassazione e la Rescissione del Giudicato
Contro l’ordinanza della Corte d’appello, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando che non si fosse tenuto conto dell’incidenza della rinuncia al mandato sulla conoscenza del processo. Tale evento, a suo dire, avrebbe dovuto dimostrare la “carenza di colpa” del suo assistito.
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I motivi addotti dal ricorrente sono stati giudicati manifestamente infondati, ribadendo principi consolidati in materia.
Le Motivazioni: la Conoscenza del Processo e la Colpa dell’Imputato
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella corretta individuazione del momento in cui valutare la conoscenza del processo da parte dell’imputato. Citando un’importante sentenza delle Sezioni Unite, la Corte ha ribadito che tale valutazione deve essere effettuata in relazione all’atto di vocatio in iudicium, ovvero la citazione a giudizio.
Nel caso specifico, la notifica era stata regolarmente effettuata presso il domicilio eletto dall’imputato, cioè lo studio del suo avvocato di fiducia. Questo atto è stato ritenuto sufficiente a garantire che l’imputato avesse avuto “perfetta conoscenza dell’avvio del processo”.
La Corte ha inoltre specificato che l’interruzione successiva dei rapporti tra l’imputato e il suo difensore non è un fattore che scagiona il primo. Al contrario, tale comportamento viene interpretato come un “colpevole disinteresse” per la progressione del processo. L’imputato ha il dovere di mantenersi in contatto con il proprio legale per essere informato sugli sviluppi del procedimento. La sua inerzia non può tradursi in una incolpevole ignoranza e, di conseguenza, non può giustificare l’applicazione della rescissione del giudicato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa pronuncia rafforza un principio di responsabilità a carico dell’imputato. L’elezione di domicilio presso un difensore è un atto formale che produce effetti giuridici precisi, tra cui la presunzione di conoscenza degli atti notificati a quell’indirizzo. La sentenza chiarisce che il rapporto fiduciario con il proprio avvocato non è a senso unico: l’imputato ha l’onere di coltivarlo attivamente per non incorrere in conseguenze pregiudizievoli. Chi ignora volontariamente le sorti del proprio processo, interrompendo ogni contatto con chi lo rappresenta legalmente, non potrà poi invocare la propria negligenza per ottenere la riapertura di un processo definito con sentenza irrevocabile. La diligenza nel seguire le proprie vicende giudiziarie è, quindi, un presupposto imprescindibile per poter beneficiare degli strumenti di garanzia previsti dalla legge.
Quando si considera che un imputato abbia avuto conoscenza di un processo?
Secondo la sentenza, la conoscenza del processo si presume nel momento in cui l’atto di citazione a giudizio (vocatio in iudicium) viene correttamente notificato presso il domicilio che l’imputato stesso ha eletto, come ad esempio lo studio del proprio avvocato di fiducia.
La rinuncia al mandato da parte dell’avvocato giustifica la mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato?
No. Se l’avvio del processo è stato notificato correttamente, la successiva rinuncia al mandato da parte del difensore non è di per sé sufficiente a dimostrare la mancanza di colpa dell’imputato. Quest’ultimo ha il dovere di mantenersi in contatto con il proprio legale.
Cosa comporta l’interruzione dei contatti tra l’imputato e il suo difensore?
L’interruzione dei rapporti con il proprio avvocato viene interpretata dalla Corte come un “colpevole disinteresse” dell’imputato verso l’andamento del processo. Tale condotta negligente impedisce di poter beneficiare del rimedio della rescissione del giudicato, poiché l’assenza al processo è considerata una conseguenza della sua stessa colpa.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27479 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27479 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Livorno il 09/04/1968 avverso l’ordinanza del 20/01/2025 della Corte d’appello di Venezia.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che concludeva con requisitoria scritta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La Corte di appello di Venezia respingeva l’istanza di rescissione del giudicato relativa alla sentenza del 26 novembre 2019 pronunciata dal Tribunale di Verona con la quale NOME COGNOME è stato condannato per il reato di ricettazione di un autoveicolo.
La Corte rilevava (a) che il COGNOME il 21 maggio 2010, nel corso delle indagini preliminari, aveva eletto domicilio presso il difensore di fiducia, (b) che il 12 ottobre 2017 il decreto di citazione a giudizio era stato notificato presso il domicilio eletto, (c) che la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia era avvenuta a processo avviato
l’ 11 gennaio 2018, (d) che il COGNOME non aveva mantenuto i doverosi contatti con il suo difensore fiduciario.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 629bis cod. proc. pen.): l’ordinanza sarebbe illegittima poiché non avrebbe valutato l’incidenza sulla conoscenza del processo della rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia; tale evento indicherebbe la ‘ carenza di colpa ‘ del ricorrente, che, ignaro dello sviluppo del procedimento, sarebbe venuto a conoscenza della condanna solo al momento della notifica dell’ordine di esecuzione; si deduceva, inoltre, che l’ordinanza sarebbe illegittima nella parte in cui avrebbe fatto riferimento ad un onere di allegazione gravante sul ricorrente al momento della dichiarazione di assenza.
2.2. Il ricorso non supera la soglia di ammissibilità in quanto allega doglianze manifestamente infondate.
La Cassazione ha chiarito che la conoscenza del processo deve essere valutata in relazione all’atto di vocatio in iudicium (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716 -01), dunque, nel caso in esame, al momento della notifica del decreto di citazione a giudizio, che veniva effettuata presso il difensore di fiducia dove il COGNOME aveva regolarmente eletto domicilio. Dunque non vi sono elementi per ritenere che l’istante non avesse avuto perfetta conoscenza dell’avvio del processo . A ciò si aggiunge che l’interruzione dei rapporti con il difensore di fiducia indica – come rilevato nel provvedimento impugnato – un colpevole disinteresse del COGNOME per la progressione del processo.
3 .Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 20 giugno 2025.