Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17029 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17029 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Sacchi Maicol GLYPH
nato ad Adria il 04/09/1984
avverso la ordinanza del 05/12/2024 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di cassazione dichiari inammissibile il ricorso e condanni il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 dicembre 2024 la Corte d’Appello di Firenze rigettava la richiesta di rescissione del giudicato presentata ex art. 629-bis cod. proc. pen. nell’interesse di NOME COGNOME in relazione a tre sentenze di condanna emesse dal Tribunale di Massa in date 27/01/2020, 15/03/2021 e 22/11/2022, divenute tutte irrevocabili in quanto non impugnate.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore munito di procura speciale, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per violazione di legge (artt. 175 e 629-bis cod. proc. pen.), carenza e contraddittorietà della motivazione, del tutto assente quanto alla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione.
Richiamati i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 23948 del 2020, la difesa sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che NOME COGNOME si fosse colpevolmente sottratto alla conoscenza del processo.
Il ricorrente – come risulta dalla documentazione prodotta – è stato alcuni anni in Spagna ed Albania e dal 2021 al 2023 era detenuto; in molti altri processi è risultato irreperibile, tant’è che è stata disposta la sospensione ex art. 420quater cod. proc. pen.; le notifiche degli atti sono state nulle in quanto effettuate ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.; COGNOME è sempre stato assistito da difensori d’ufficio con i quali non ha mai avuto alcun contatto.
Nella propria requisitoria il Procuratore generale ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo generico e manifestamente infondato.
A seguito delle modifiche operate dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 (art. 11, comma 6), il processo in absentia ruota, sia nel caso di legittima dichiarazione di assenza dell’imputato ex art. 420-bis cod. proc. pen. sia nel caso della rescissione del giudicato, attorno alla incolpevole mancata conoscenza da parte dell’imputato dell’esistenza del procedimento o del processo.
L’art. 629-bis cod. proc. pen. (che la legge 23 giugno 2017, n. 203 ha introdotto in luogo dell’art. 625-ter cod. proc. pen.), prevedeva, come già la previgente disposizione, quanto ai presupposti per l’accoglimento della richiesta di rescissione del giudicato, che il condannato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza, «provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza del processo».
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno evidenziato lo stretto legame esistente tra l’art. 629-bis (all’epoca art. 625-ter) cod. proc. pen. e l’art. 420-bis del codice di rito, osservando come sia necessario ricavare dal coordinamento fra le due disposizioni e dalla funzione assegnata all’istituto della rescissione le
coordinate per ricostruire il significato della suddetta formula (Sez. U, n. 36848 -del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992 – 01); detto legame è stato poi recepito dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, che ha modificato l’art. 629-bis cod. proc. pen., prevedendo che «il condannato o la persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’articolo 420-bis, e che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza».
Nel caso di specie, tuttavia, la norma applicabile è quella prevista prima della richiamata ultima modifica, apportata dal citato decreto legislativo, entrato in vigore il 30 dicembre 2022, vale a dire dopo la pronuncia delle ordinanze dichiarative dell’assenza dell’imputato (e anche delle sentenze oggetto della richiesta). Quanto al regime transitorio, infatti, l’art. 89, comma 1, del medesimo decreto dispone che «quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato».
Si è efficacemente affermato sul tema che il requisito della «incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo» ha il significato di «escludere all’assente pur sempre volontario l’accesso ad un nuovo giudizio, a colui cioè che si sia volontariamente posto nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, dimostrando così implicitamente di non volervi partecipare. Dunque, l’art. 629-bis c.p.p. attribuisce al giudice della rescissione il compito di valutare la sintomaticità in tal senso dei comportamenti tenuti all’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo, soprattutto nel caso in cui questi abbia avuto cognizione della pendenza del procedimento, senza instaurare però alcun automatismo in riferimento alle condizioni che, ai sensi dell’art. 420-bis c.p.p., autorizzano il giudice della cognizione a procedere in sua assenza» (così Sez. 5, n. 31201 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 280137 – 01, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 629-bis cod. proc. pen. in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 111 e 117 Cost., in relazione agli artt. 3 e 6 Cedu).
Aderendo a questa ricostruzione, le Sezioni Unite hanno successivamente -ribadito che «gli effetti di demolizione del giudicato e di rinnovazione del processo, propri della rescissione ex art. 629-bis cod. proc. pen. si prestano perfettamente ad assolvere allo scopo di tutelare il condannato anche nella prospettiva convenzionale, quando la sua assenza sia stata incolpevole», vale a dire quando l’ignoranza della celebrazione del processo non sia «a lui imputabile, né come voluta diserzione delle udienze, né come colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere» (così Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931 – 01).
Si è poi precisato che «ai fini della colpevole ignoranza della celebrazione del processo non è richiesto che l’imputato si sia volontariamente sottratto alla vocatio in iudicium con comportamenti a ciò finalizzati; è sufficiente che egli si sia posto consapevolmente e volontariamente nella condizione di sottrarsi alla conoscenza del processo, al di là dei motivi di tale comportamento» (così Sez. 3, n. 35426 del 13/05/2021, Sejdini, Rv. 281851 – 01; in precedenza vds. Sez. 2, n. 14375 del 31/03/2021, Ni COGNOME, Rv. 281101 – 01).
3. Avuto specifico riguardo alla ipotesi in cui vi sia stata la nomina di un difensore di fiducia, si è affermato che sussiste colpa nella mancata conoscenza della celebrazione del processo, preclusiva del ricorso al rimedio previsto dall’art. 629-bis cod. proc. pen., quando l’imputato non si sia attivato autonomamente per mantenere con il difensore i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo di tale procedimento.
Pertanto, qualora l’interessato non alleghi situazioni o fatti che gli abbiano concretamente reso impossibile o estremamente difficoltosa l’attività di assumere dal professionista nominato le notizie relative al processo, come era suo onere fare (in questo senso cfr., ad es., Sez. 3, n. 15124 del 28/03/2024, Z., Rv. 286146 – 01; Sez. 3, n. 14577 del 14/12/2022, dep. 2023, G., Rv. 284460 – 01; Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269554 – 01), si è in presenza di un caso di ignoranza della celebrazione del processo imputabile al ricorrente «come colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere» (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, cit.).
Nel caso in esame la Corte di appello si è attenuta a detti principi e, a fronte di una richiesta di rescissione del tutto generica (anche in ordine alla incidenza che avrebbero avuto i periodi trascorsi all’estero da COGNOME), ha correttamente attribuito rilievo decisivo alla circostanza che il ricorrente, in tutti e tre i proce fu assistito da un difensore di fiducia, secondo la specifica ricostruzione delle vicende processuali effettuata nell’ordinanza impugnata, con l’indicazione di dati ignorati o apoditticamente e genericamente confutati dal ricorrente.
In particolare, nei primi due processi, NOME COGNOME fu assistito per la intera loro durata dal difensore di fiducia; presente in dibattimento a numerose udienze (personalmente o a mezzo di sostituti), che ricevette le notifiche quale domiciliatario dell’imputato (nel primo processo, definito con sentenza del 27 gennaio 2020) ovvero ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. (nel secondo, concluso con la sentenza del 15 marzo 2021, durante il quale l’imputato ricevette a mani l’ordine di accompagnamento coattivo).
Nel terzo processo, definito con sentenza del 22 novembre 2022, il medesimo difensore di fiducia (che risultava tale anche per la fase esecutiva, come risulta dal provvedimento di esecuzione di pene concorrenti allegato al ricorso) rinunziò al mandato solo con atto del 30 novembre 2022, dopo la notifica del decreto di citazione a giudizio e a distanza di quasi dieci mesi dalla prima udienza dibattimentale, tenutasi il 4 febbraio 2022.
Richiamando i principi affermati da questa Corte, sopra ricordati, l’ordinanza impugnata ha correttamente sostenuto che la rinunzia al mandato da parte del difensore di fiducia, intervenuta nel corso del dibattimento, non è da sola sufficiente per ritenere che l’imputato non avesse avuto conoscenza del processo e che l’eventuale mancata conoscenza non fosse dipesa da un colpevole disinteresse.
Nella richiesta di rescissione del giudicato risulta che – come ricordato dalla Corte d’appello – il ricorrente non aveva neppure dedotto alcuna specifica circostanza indicativa della impossibilità di avere contatti con il proprio difensore di fiducia.
In detta richiesta, solo nelle conclusioni, in via subordinata, senza alcuna specifica argomentazione a sostegno, era stata invocata la restituzione nel termine per proporre appello avverso le tre sentenze. In ogni caso detta richiesta è stata implicitamente rigettata, in quanto la Corte di appello ha escluso, alla luce della motivazione sul rigetto della richiesta di rescissione, che l’imputato non avesse avuto conoscenza dei processi e che senza colpa non avesse potuto proporre impugnazione.
4. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 17/04/2025.