Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26536 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26536 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA; COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA; avverso l’ordinanza del 17/10/2023 della Corte di appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 ottobre 2023, la Corte di appello di Torino ha rigettato le istanze proposte dagli interessati, di revoca ex art. 629-bis cod. proc. pen., avverso il giudicato formatosi sulla sentenza pronunciata dal Tribunale di Novara, divenuta definitiva in data 5 giugno 2023, per non avere il difensore
d’ufficio interposto appello, con la quale, in loro assenza, erano stati condannati per il reato di cui all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990.
La Corte ha ritenuto che la mancata conoscenza della celebrazione del processo, da parte dei ricorrenti, fosse imputabile, in via esclusiva, alla condotta negligente di costoro, i quali, recatisi in Albania nel corso delle indagin preliminari, se ne sarebbero disinteressati, senza peraltro addurre alcuna seria circostanza giustificativa del loro completo disinteresse per le sorti del processo a loro carico; di talché essa, riprendendo quanto sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 13236 del 23 marzo 2022, Rv. 283019-01), ha negato la rescissione del giudicato.
Avverso l’ordinanza, gli interessati, mediante il difensore e con unico atto, hanno proposto ricorsi per cassazione, lamentando, con un unico motivo di censura, la violazione degli artt. 420-bis e 629-bis cod. proc. pen. e il connesso vizio di motivazione.
La Corte di appello, aderendo ad un eccessivo formalismo, avrebbe erroneamente ritenuto il conferimento di nomina fiduciaria nella fase delle indagini sufficiente a costituire indice di effettiva conoscenza del processo, tale cioè da imporre agli imputati – che sostengono di non avervi partecipato per fatto loro non imputabile – un onere di diligenza cui gli interessati non avrebbero adempiuto, essendosi limitati ad affermare di essersi allontanati dall’Italia per lungo tempo, senza tuttavia addurre alcuna valida ragione a fondamento del loro disinteresse per la vicenda processuale.
Sostiene la difesa che ritenere sussistente, in capo agli imputati, l’onere di mantenere costanti contatti con il difensore nominato nella fase delle indagini preliminari si tradurrebbe in un’indebita compressione dei diritti di difesa, essendo costoro sempre stati rappresentati dal difensore d’ufficio e non avendo mai avuto contezza di un provvedimento di citazione in giudizio: ciò che, peraltro, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe confermato sia dall’evoluzione giurisprudenziale registratasi nel senso della esclusione degli indici presuntivi di conoscenza e della inversione dell’onere probatorio a carico del giudice richiesto di rimedio straordinario (Sez. 3, n. 38295 del 03/06/2014, Rv. 260151; Sez. 5, n. 6381 del 18/01/2006, Rv. 234003; Sez. U., n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Rv. 279420) che dalle recenti riforme legislative (d.lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022), volte ad evidenziare la necessità di adottare il criterio di giudizio del ragionevole dubbio ai fini della valutazione dell’effetti conoscenza della celebrazione del processo da parte dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In diritto, occorre preliminarmente precisare che l’istituto della rescissione del giudicato è destinato ad offrire tutela all’imputato non presente fisicamente in udienza, attraverso la previsione di un mezzo straordinario di impugnazione diretto al superamento del giudicato ed alla nuova instaurazione ab initio del processo in situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, dipesa dall’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo, per cause che non siano state comprese in precedenza in sede di cognizione.
1.1. A questo proposito, l’art. 420-bis cod. proc. pen. – a cui è necessario fare riferimento per la comprensione dell’istituto, vista l’intima connessione con l’art. 629-bis cod. proc. pen. – nel disciplinare il regime dell’assenza, individu alcune situazioni che, pur non rappresentando presunzioni di conoscenza del giudizio, costituiscono tuttavia elementi sulla scorta dei quali il giudice può condurre l’accertamento circa l’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. In particolare, è legittimo procedere in assenza dell’imputato non solo quando sia accertata l’effettiva conoscenza del processo, ma anche quando, sulla scorta di positivi comportamenti dell’imputato stesso, sia accertata la sua volontaria sottrazione alla conoscenza del processo.
Tale ultimo profilo è quello che interessa esaminare nel caso specie, alla luce dei criteri ermeneutici dettati dalla giurisprudenza di legittimità.
Secondo il dettato dell’art. 629-bis cod. proc. pen., il condannato con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420-bis, e che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo che risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza.
Come anticipato, la norma deve essere letta congiuntamente con quanto previsto dall’art. 420-bis cod. proc. pen., riguardante l’assenza dell’imputato, che, al primo comma, prevede, sub lettera a), che si proceda in assenza quando l’imputato sia stato citato a comparire a mezzo di notificazione dell’atto in mani proprie o di persona da lui espressamente delegata al ritiro dell’atto e, sub lettera b), qualora vi sia stata espressa rinuncia, da parte dell’imputato, a comparire a o far valere l’impedimento sussistente ai sensi dell’art. 420-ter cod. proc. pen., e che, al secondo comma, stabilisce la possibilità, per il giudice, di procedere in assenza dell’imputato qualora ritenga altrimenti provato che questi abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all’udienza sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole.
1.2. Ebbene, il tema della effettiva conoscenza del processo e del coordinamento dell’istituto della rescissione con il regime dell’assenza ha formato
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oggetto di diverse pronunce delle Sezioni Unite, susseguitesi in un breve arco temporale.
Con la sentenza n. 28912 del 28 febbraio 2019, Innaro, Rv. 275716, le Sezioni Unite furono chiamate a pronunciarsi sulla nozione di “effettiva conoscenza del procedimento” – alla quale l’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella previgente formulazione (introdotta dal d.l. n. 17 del 21 febbraio 2005, convertito dalla legge n. 60 del 22 aprile 2005, e poi modificata con la legge n. 67 del 28 aprile 2014), ricollegava effetti preclusivi alla restituzione in termin per l’impugnazione – e ne trassero spunto per tracciare i confini di ammissibilità del processo in absentia in termini coerenti con le indicazioni provenienti dalla normativa e dalle pronunce delle Corti sovranazionali. In tale contesto, affermarono che un processo svoltosi in assenza potesse considerarsi conforme all’art. 6 Cedu, solo se l’imputato ne avesse avuto conoscenza effettiva, non essendo sufficiente a tal fine che egli fosse stato informato dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico. Muovendo da tali premesse, precisarono che la conoscenza del processo è garantita solo dalla conoscenza di un provvedimento formale di vocatio in iudicium, contenente l’indicazione dell’accusa formulata nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio; chiarendo altresì che tale conoscenza non potesse essere soltanto presunta.
Con riferimento all’art. 420-bis cod. proc. pen. ed alle situazioni ivi tipizzate, nella versione antecedente al d.lgs. n. 150 del 22 ottobre 2022, ritennero operante una presunzione di volontaria sottrazione alla conoscenza del processo, precisando, tuttavia, come tale presunzione fosse soltanto relativa, potendo essere superata ove l’imputato (nel caso previsto dall’art. 420-bis, comma 4, cod. proc. pen.) o il condannato (nel caso previsto dall’art. 629-bis, comma 1, cod. proc. pen.) avessero dimostrato la incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
Secondo il dictum delle Sezioni Unite, dunque, se da un lato non bastava la regolarità delle notifiche o la nomina del difensore di fiducia a dare certezza in ordine alla conoscenza del procedimento, gravava comunque sull’imputato l’onere di provare la sua incolpevole mancata conoscenza dei successivi sviluppi dello stesso.
1.3. La stessa giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (Sez. U., n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420) è, poi, successivamente ritornata sul tema della valenza delle condizioni indicate nell’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., atte a consentire il processo in absentia, anche quando l’imputato non abbia ricevuto personalmente notifica dell’udienza (dichiarazione od elezione di domicilio, previa applicazione di misura cautelare o precautelare, nomina di difensore di fiducia).
Dopo avere dato conto dell’evoluzione normativa in tema di garanzie della partecipazione effettiva dell’imputato al processo penale e delle ragioni delle modifiche del sistema previgente (sulla scorta delle decisioni della Corte EDU del 18 maggio 2004, COGNOME c. Italia e 10 novembre 2004, COGNOME c. Italia), i giudici di legittimità si sono soffermati sull’assoluta prevalenza del dato della conoscenza effettiva sul dato formale della regolarità della notifica, che ha portato il legislatore anche ad introdurre la nuova disciplina della restituzione in termini, fino alla riforma di cui alla legge n. 67 del 28 aprile 2014, con la quale al dichiarato scopo di introdurre maggiori garanzie di effettività della partecipazione al processo, si è giunti al definitivo superamento del processo in contumacia.
In linea AVV_NOTAIO, si è affermato che l’imputato deve essere portato direttamente e personalmente a conoscenza della vocatio in ius, restando in sua facoltà la mancata partecipazione al processo. Solo in tale caso il giudizio può svolgersi in sua assenza, venendo l’imputato rappresentato dal difensore. Nel caso in cui, invece, non sia stata acquisita la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio, il processo deve essere sospeso.
In detta pronuncia, le Sezioni Unite hanno dunque evidenziato come, nell’apparente linearità di tale sistema, si innestino – il che rileva anche ai fi della valutazione del caso in esame – quei particolari “indici di conoscenza” del processo rappresentati dalla dichiarazione od elezione di domicilio, dall’applicazione di misure cautelari e dalla nomina di un difensore di fiducia, altresì rilevando come non sia in alcun modo sostenibile la tesi secondo cui gli indici di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen. sarebbero forme di presunzione reintrodotte surrettiziamente proprio con quella normativa che intendeva superare definitivamente il processo in contumacia.
Nella successiva disamina hanno escluso, poi, che si trattasse di situazioni suscettibili di rivelare, sulla base di un mero automatismo, casi di “volontaria sottrazione” alla conoscenza del processo, richiedendosi una valutazione in ordine alla loro effettività da parte del giudice investito della richiesta rescissione del giudicato.
1.4. Successivamente a questa seconda pronuncia delle Sezioni Unite, ne è intervenuta una terza (Sez. U., n. 15498 del 26 novembre 2020, dep. 2021, NOME, Rv. 280931), che ha ribadito come l’art. 629-bis cod. proc. pen. sia una norma di chiusura del sistema con la quale perseguire l’obiettivo del travolgimento del giudicato e dell’instaurazione ab initio del processo, in presenza di una violazione dei diritti partecipativi dell’imputato. Richiamando i principi contenuti nella sentenza COGNOME, la sentenza NOME ha affermato che l’accertata ricorrenza delle situazioni previste dall’art. 420-bis, comma 2, cod.
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proc. pen., non esime il giudice della rescissione dal compito di valutare la sintomaticità dei comportamenti tenuti dall’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo, specie nel caso in cui egli abbia avuto cognizione della pendenza del procedimento.
Ne consegue che, allorquando l’imputato alleghi l’ignoranza del processo a lui non imputabile, il giudice della rescissione è chiamato a valutare, al di fuori d ogni presunzione, se la decisione di procedere in assenza sia stata assunta nel pieno rispetto delle norme processuali e non si versi in un caso in cui il giudice della cognizione avrebbe dovuto rinviare o sospendere il processo ai sensi degli artt. 420-ter e 420-quater cod. proc. pen.
Ciò perché, come evidenziato anche da Sez. 5, n. 31201 del 15 settembre 2020, Rv. 280137 – espressamente richiamata e condivisa dalla stessa sentenza COGNOME – il requisito della incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo ha il significato di escludere l’accesso ad un nuovo giudizio per l’assente che si sia volontariamente posto nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, dimostrando così implicitamente di non volervi partecipare.
Venendo ora al caso di specie, risulta evidentemente rilevante la questione della valenza presuntiva, nel senso dell’effettiva conoscenza, o meno, della celebrazione del processo da parte dei ricorrenti, dell’elezione del domicilio effettuata dagli imputati, nelle more delle indagini preliminari, presso il difensore di fiducia.
2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, effettivamente deve affermarsi che dalla sola elezione del domicilio effettuata dall’imputato presso il difensore di fiducia nella fase delle indagini preliminari non discende una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso, automaticamente preclusiva della rescissione del giudicato (Sez. 3, n. 11813 del 29/03/2021, Rv. 281483). Sennonché, alla luce della già citata giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (Sez. U., n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420), la portata di un tale principio deve essere delimitata, con la precisazione, autorevolmente formulata, che lo stesso recede laddove il giudice abbia potuto verificare con certezza, anche in presenza di altri elementi positivamente deponenti, che l’interessato abbia avuto conoscenza del procedimento e si sia sottratto volontariamente allo stesso.
Ebbene, ritiene questo Collegio che la delimitazione alla predetta regola astratta sia ragionevole ove la stessa sia coniugata con il rilievo che la avvenuta nomina di un difensore di fiducia posto a tutela degli interessi processuali della parte in causa costituisce indice di effettiva conoscenza del processo che, pertanto, legittima la celebrazione del giudizio anche in sua assenza, salva la
possibilità di allegazione, da parte del condannato, di circostanzat di fatto che consentano di ritenere che egli, nonostante la avvenuta nomina di un difensore fiduciario, non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che questa non sia dipesa da colpevole disinteresse (Sez. 4, n. 13236 del 17 aprile 2022, Rv. 283019).
2.1. Tutto ciò premesso in termini generali, occorre pertanto rilevare – oltre alla genericità dei ricorsi, che, invero, non spiegano mai, in maniera circostanziata, il rapporto che sussiste tra il fatto addebitato a coloro che intendono provare la loro incolpevole mancata conoscenza del prosieguo del procedimento penale a loro carico, nonostante avessero nominato un difensore di fiducia ed eletto presso costui il proprio domicilio, ed il venir meno della possibilità di seguire la vicenda processuale a loro carico – come la Corte territoriale, sulla base delle circostanze illustrate nella motivazione dell ordinanza impugnata, abbia correttamente posto in evidenza, non solo l’inottemperanza dei ricorrenti all’onere di diligenza su di loro gravante di prendere contatti con il difensore di fiducia che avevano nominato nel corso delle indagini preliminari – e che aveva poi rinunciato al mandato proprio a seguito della perdita di contatti con i propri assistiti – ma anche la circostanza, univoca nel senso della volontaria sottrazione degli imputati al processo, che i fratelli COGNOME avevano ripreso contatti con il difensore di fiducia solo dopo essere venuti a conoscenza dell’avvio della celebrazione del processo avverso il loro coimputato NOME COGNOME; di talché correttamente il giudice di secondo grado ha ritenuto colpevole la mancata conoscenza del processo da parte dei ricorrenti e negato loro la richiesta rescissione del giudicato.
Per questi motivi, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibile, per manifesta infondatezza. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21/03/2024