Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36433 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36433 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/05/2025 della CORTE di APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 15 maggio 2025 la Corte d’Appello di Torino dichiarava inammissibile il ricorso per rescissione del giudicato proposto nell’interesse di NOME COGNOME , rassegnando che:
-il ricorrente in data 18 marzo 2015 era stato sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai contestati reati di furto e ricettazione;
-nel corso dell’interrogatorio di garanzia il ricorrente aveva ammesso gli addebiti;
-successivamente all’arresto , il ricorrente aveva nominato un primo difensore di fiducia e successivamente, dopo la rinuncia al mandato da parte di
questi, un secondo difensore di fiducia, che a sua volta aveva rinunciato al mandato con atto datato 28 giugno 2016, depositato il 6 luglio 2016;
-in data 5 ottobre 2015 il Pubblico Ministero aveva emesso decreto di citazione diretta a giudizio, notificato al ricorrente in data 28 giugno 2016 presso il difensore ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., non essendo stato, il NOME, reperito al domicilio eletto;
-il processo era stato celebrato nell’assenza dichiarata del ricorrente, che era stato dichiarato colpevole dei reati ascrittigli con sentenza poi divenuta irrevocabile;
-correttamente il giudice di primo grado aveva dichiarato l’assenza dell’imputato , considerato che, nella fase delle indagini preliminari, l’imputato era stato sottoposto a misura cautelare e aveva nominato ben due difensori di fiducia, per poi disinteressarsi colpevolmente delle sorti del processo.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il NOME, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo, con il quale deduceva inosservanza o erronea applicazione della legge penale, assumendo che la dismissione del mandato da parte del secondo difensore di fiducia e la conseguente nomina di un difensore di ufficio costituivano la prova del fatto che il NOME, di nazionalità rumena e che, all’epoca della celebrazione del processo , si trovava all’estero, non fosse a conoscenza della pendenza nei suoi confronti del procedimento penale, che la notifica del decreto di citazione nelle mani del difensore era stata effettuata senza che fosse stata accertata la sussistenza di un rapporto professionale fra quest’ultimo e il ricorrente e che , pertanto, non era stata dimostrata l’effettiva conoscenza del processo da parte del medesimo NOME.
Deduceva inoltre che, ai fini della declaratoria di assenza, non era sufficiente un difetto di diligenza dell’imputato, ma era necessario accertare l’intenzione di quest’ultimo di sottrarsi al processo , cioè a dire una scelta volontaria del medesimo che nel caso di specie mancava, dovendosi anche considerare che gli atti prodromici al decreto di citazione a giudizio non erano stati tradotti in lingua rumena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Secondo l’orientamento espresso dal Giudice di legittimità e condiviso da questo Collegio, in tema di rescissione del giudicato, l’essere stato il soggetto sottoposto a misura cautelare, durante la cui esecuzione sia evaso – avendo, peraltro, nominato un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio -costituisce indice di effettiva conoscenza del processo tale da legittimare il giudizio in assenza, in mancanza della allegazione di specifici elementi indicativi di uno stato di ” incolpevole ignoranza ” del processo medesimo, per la cui sussistenza non è sufficiente evocare la mancata notifica dell’atto di ” vocatio in iudicium ” contenente l’accusa, invero già cristallizzata nel titolo cautelare (v. in tal senso, Sez. 6, n. 46795 del 12/10/2023, Kebe, Rv. 285493 – 01, che tratta di una fattispecie antecedente all’entrata in vigore dell’art. 165, comma 1bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 10, comma 1, lett. s), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150).
Deve qui essere richiamato anche l’orientamento espresso dalla Suprema Corte nella composizione più autorevole, secondo il quale ‘ l’avere eletto domicilio, l’essere stato sottoposto a misura cautelare, avere nominato il difensore di fiducia, sono situazioni che consentono di equiparare la notifica regolare, ma non a mani proprie, alla effettiva conoscenza del processo ‘ (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420 – 01), essendo indubitabile che, pur non trattandosi di presunzioni cognitive, tali situazioni realizzano ipotesi in cui ‘ è ragionevole ritenere che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificatogli anche non a mani proprie ‘.
Orbene, nel caso di specie, la Corte d’Appello, con il provvedimento impugnato, ha dato opportunamente conto del fatto che l’imputato era stato sottoposto a misura cautelare e aveva nominato ben due difensori di fiducia, circostanze che il giudice di merito ha ritenuto dimostrative del fatto che lo stesso avesse avuto una effettiva conoscenza del processo.
Si deve anche considerare che, dalla consentita e doverosa consultazione degli atti, emerge che il decreto di citazione a giudizio è stato notificato, ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., al difensore di fiducia in data 28 giugno 2016, dunque in epoca anteriore alla rinuncia al mandato da parte di quest’ultimo, effettuata con atto depositato in data 6 luglio 2026.
A fronte di tali circostanze il NOME non ha allegato alcun elemento specifico indicativo di uno stato di colpevole ignoranza del processo.
Si deve, infine, osservare che il rilievo difensivo relativo alla mancata traduzione in lingua rumena degli atti prodromici al decreto di citazione a giudizio risulta mancante di qualsivoglia allegazione in relazione alla sussistenza dei presupposti del diritto dell’imputato alloglotta di ottenere la traduzione degli atti del processo in una lingua a lui comprensibile, alla specifica indicazione degli atti oggetto del rilievo medesimo e ancora alla richiesta specifica conseguente al suddetto rilievo.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME