Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20755 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20755 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nata il DATA_NASCITA a Zhejiang (Cina) avverso l’ordinanza del 10/11/2023 della Corte di Appello di Cagliari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso avverso l’ordinanza con la quale la Corte di Appello di Cagliari, in data 10 novembre 2023, ha dichiarato inammissibile l’istanza di restituzione in termini per la proposizione di impugnazione avverso la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Oristano in data 01 dicembre 2021 ed ha contestualmente rigettato l’istanza di rescissione del giudicato.
La ricorrente lamenta, con il primo motivo di impugnazione, violazione degli artt. 420-bis e 175 cod. proc. pen. e manifesta contraddittorietà della motivazione.
2.1. È stato, in primo luogo, evidenziato che l’udienza preliminare del 22.01.2015 è stata rinviata, stante il mancato rispetto del termine di dieci giorni per la notifica del decreto di fissazione dell’udienza, proprio al fine di consentire la costituzione regolare della NOME.
L’imputata, alla successiva udienza del 19 febbraio 2015, sarebbe stata “data per assente” senza che tale condizione fosse stata valutata nello specifico e formalizzata in una espressa dichiarazione di assenza.
Il Giudice dell’udienza preliminare, inoltre, non avrebbe tenuto conto che la COGNOME -nel corso delle indagini preliminari- era stata destinataria della misura cautelare del divieto di dimora e che, di conseguenza, la stessa non poteva partecipare all’udienza in assenza di un espresso provvedimento di autorizzazione a recarsi nel Comune di Oristano.
Il mancato accertamento della volontà di presenziare ovvero di far valere la relativa eccezione in presenza di tale oggettivo impedimento, avrebbe viziato la declaratoria di assenza e, quindi, la valutazione di conoscenza del processo compiuta dal giudice dell’udienza preliminare.
2.2. La difesa ha, inoltre, eccepito che, all’udienza del 18 ottobre 2018, il Tribunale avrebbe arbitrariamente revocato il difensore di fiducia in precedenza nominato dalla COGNOME e proceduto alla nomina di un difensore di ufficio; di conseguenza il Tribunale, in considerazione del decorso di tre anni dall’instaurazione del procedimento, avrebbe dovuto notificare il verbale di udienza a mani dell’imputata al fine di accertare l’effettiva conoscenza della perdurante pendenza del giudizio.
A causa della mancata notifica di tale verbale, la COGNOME non sarebbe stata messa nelle condizioni di conoscere la revoca del suo difensore di fiducia e la conseguente nomina di un difensore di ufficio e, quindi, degli ulteriori eventi processuali.
La ricorrente lamenta, con il secondo ed il terzo motivo di impugnazione, carenza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla richiesta di rescissione del giudicato.
La Corte territoriale avrebbe omesso di valutare le doglianze difensive con le quali venivano eccepite le plurime violazioni della legge processuale poste in essere dal primo giudice, alcune delle quali già descritte nel primo motivo di ricorso.
3.1. La Corte di merito, in particolare, avrebbe omesso il necessario vaglio della corretta applicazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen. e dei criteri posti a fondamento della declaratoria di assenza pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare.
La difesa ha, in proposito, affermato che la valutazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen. dovrebbe permeare l’intero processo fino alla lettura del dispositivo e ciò perché i diritti dell’imputato non possono essere compressi sulla base di una
valutazione primigenia preliminare che è sempre e comunque soggetta a possibili modificazioni.
Il Tribunale avrebbe dovuto, pertanto, revocare l’ordinanza con la quale era stata dichiarata l’assenza dell’imputata in considerazione dell’abbandono di difesa da parte del legale di fiducia in precedenza nominato dalla COGNOME.
3.2. È stato, infine, eccepito che la notifica del rinvio dell’udienza dibattimentale del 2 aprile 2020 -rinvio disposto ai sensi della normativa in tema di contenimento dell’epidemia da Covid-19 sarebbe stata effettuata esclusivamente al difensore di ufficio nominato ai sensi dell’art. 97, comma primo, cod. proc. pen. e non all’imputata ed al suo precedente difensore di fiducia.
La Corte territoriale avrebbe omesso qualsivoglia argomentazione in ordine all’invocata nullità assoluta conseguente alla mancata notifica all’imputata dell’avviso di fissazione udienza a seguito della sospensione del processo per Covid-19.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di ricorso è dedotto per motivi non consentiti.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che la Corte di Appello ha correttamente dichiarato inammissibile l’istanza di restituzione in termini proposta dalla ricorrente.
Deve essere, in proposito, evidenziato che la ricorrente, in data 17 settembre 2023, ha ricevuto la notifica dell’ordine di carcerazione emesso a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna del Tribunale di Oristano, mentre la richiesta di restituzione in termini è stata depositata solo il successivo 6 ottobre 2023 e, quindi, oltre il termine di 10 giorni di cui all’art. 175 cod. proc. pen.
Ciò premesso deve essere ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la notificazione dell’ordine di carcerazione, determinando l’effettiva conoscenza del contenuto integrale del provvedimento da impugnare, comporta la decorrenza del termine di dieci giorni per la proposizione dell’istanza di restituzione in termini (vedi Sez. 2, n. 25041 del 23/06/2005, COGNOME, Rv. 231887 – 01; Sez. 3, n. 46083 del 28/03/2018, Sena Frias, Rv. 274309 – 01; da ultimo Sez. 2, n. 33645 del 2023 COGNOME, non massimata).
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
2.1. Come noto, la rescissione del giudicato costituisce il punto di arrivo di un percorso evolutivo volto a rafforzare il sistema di garanzie a favore dell’imputato e ad assicurare che la sua mancata partecipazione al processo sia oggetto di determinazione volontaria e consapevole, quale condizione per assicurare l’equità del processo secondo le indicazioni della Corte EDU.
A tale fine il giudice della cognizione deve accertare la rituale instaurazione del contraddittorio e la corretta costituzione del rapporto processuale, in modo da escludere che la mancata partecipazione dell’imputato sia ascrivibile alla mancata conoscenza del processo ovvero ad una determinazione volontaria.
La rescissione del giudicato è, quindi, possibile esclusivamente quando che i controlli attivabili nel corso del processo di cognizione non abbiano condotto all’eliminazione di patologie incidenti sulla consapevolezza della sua pendenza da parte dell’imputato, rimasto assente per tutto il suo corso.
2.2. Quanto affermato dalla ricorrente in ordine alla sussistenza dei presupposti per la rescissione del giudicato (dichiarazione di assenza in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420-bis cod. proc. pen.) è destituito di fondamento.
Il Collegio intende ribadire il costante indirizzo ermeneutico di questa Corte secondo cui il regime del procedimento in assenza, coerentemente con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, esclude l’ignoranza incolpevole se vi è prova che l’imputato abbia conosciuto l’esistenza del procedimento, derivando da ciò un onere di diligenza di tenersi informato dello sviluppo della sua situazione processuale.
La presunzione di conoscenza opera allorché – come è accaduto nel caso di specie – si manifesti la volontà partecipativa, con l’elezione di domicilio e la nomina di difensore di fiducia, poiché ciò rende evidente la conoscenza del procedimento (Sez. 2 n. 14787 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269554; Sez. 2, n. 34041 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280305 – 01).
L’indice di conoscenza derivante dalla nomina di un difensore di fiducia domiciliatario, la cui validità non è revocata in dubbio, va adattato alle singole vicende, perché rilevano aspetti concreti, come appunto quello della conoscenza del processo e della eventuale colpevole ignoranza circa il suo svolgimento, che non può essere integralmente sostituita da una pur ragionevole presunzione. Nel solco delle sentenze delle Sezioni Unite Innaro, COGNOME e COGNOME va, dunque, ribadito il principio di diritto che l’indice di conoscenza rappresentato dalla nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso lo studio dello stesso può legittimamente fondare il convincimento della conoscenza effettiva del processo in capo all’imputato solo se la peculiarità dei fatti non impone una diversa valutazione (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716 –
01; Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, NOME, Rv. 279420 – 01; Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, NOME, Rv. 280931 – 01).
Tenuto conto del dettato dell’art. 629-bis cod. proc. pen. occorre, dunque, che il condannato quanto meno alleghi la sussistenza di situazioni che, dopo la nomina del difensore di fiducia, gli abbiano impedito di seguire le vicende del procedimento penale che lo riguardavano. Peraltro l’allegazione non dev’essere generica, dovendo chi allega, ovvero colui che intende provare la sua incolpevole mancata conoscenza del prosieguo del procedimento penale a suo carico, nonostante avesse eletto un difensore di fiducia ed eletto domicilio presso lo stesso, spiegare in maniera circostanziata -anche se non provare- il rapporto che sussiste tra il fatto occorsogli e il venir meno della possibilità di seguire la vicenda processuale a suo carico (Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022, COGNOME, Rv. 283019 – 01; Sez. 5, n. 44399 del 10/10/2022, COGNOME, Rv. 283889-01; Sez. 5, n. 22646 del 27/04/2023, COGNOME, non massimata).
La Corte dì appello ha fatto corretta applicazione dei principi ora richiamati: la ricorrente, infatti, ebbe conoscenza del procedimento dalla sua origine (verbale di identificazione e di elezione di domicilio) sino alla fase dell’udienza preliminare (stante la regolare notifica del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto che dispone il giudizio presso il domicilio eletto dall’imputata), e volontariamente -o comunque colpevolmente- si è sottratta alla conoscenza del processo, interrompendo i rapporti con il difensore, in assenza di una plausibile ragione, che neppure la ricorrente ha prospettato nell’atto di impugnazione.
L’imputata sapeva che era iniziato un procedimento penale a suo carico, per il quale aveva nominato un difensore di fiducia domiciliatario, e nemmeno allega che abbia provato ad informarsi, ponendo in essere un minimo della diligenza richiesta dalla norma (che legittima il giudizio in assenza anche nei confronti di chi si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento).
La COGNOME avrebbe potuto informarsi sull’andamento del giudizio e chiedere di essere autorizzata a recarsi in Oristano per partecipare all’udienza preliminare, non versando in una condizione che gli impediva di compiere tali attività con relativa facilità; invece, si è resa di fatto irreperibile, ponendosi, dunque, nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, così dimostrando implicitamente di non volervi partecipare (vedi Sez. 2, n. 14375 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281101-02).
Deve essere, inoltre, evidenziato che la nullità invocata dalla difesa conseguente alla mancata notifica all’imputata dell’avviso di fissazione dell’udienza di rinvio a seguito della sospensione del processo per Covid-19 non è deducibile in questa sede in considerazione del legittimo svolgimento del
procedimento in assenza e della mancanza dei presupposti per la rescissione del giudicato.
2.3. Del tutto infondate sono le affermazioni difensive secondo cui il Tribunale avrebbe “arbitrariamente” revocato il difensore di fiducia in precedenza nominato dalla COGNOME ed omesso di notificare all’imputato il verbale di udienza nel corso della quale è avvenuta tale revoca.
Deve essere, in proposito, evidenziato che il primo giudice ha correttamente applicato l’art. 105, comma 5, cod. proc, pen. nella parte in cui prevede che l’abbandono della difesa, inteso come assenza in grado di determinare un’effettiva diminuzione o privazione del diritto di difesa della parte assistita, non impedisce in alcun caso l’immediata continuazione del procedimento e non interrompe l’udienza in quanto l’autorità giudiziaria, ogni qualvolta che l’imputato sia rimasto privo di difensore, deve procedere alla nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell’art. 97 cod. proc. pen.
Va rimarcato, infine, che la normativa vigente non prevede che, in caso di nomina di nuovo difensore di ufficio a seguito di revoca del precedente difensore di fiducia, l’autorità giudiziaria debba procedere a notificare all’imputato tale deliberazione con conseguente insussistenza della nullità invocata dalla difesa in virtù del principio di tassatività delle nullità di cui all’ar 177 cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 10 aprile 2024
( +a Presidente