Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25157 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25157 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TERNI il 13/10/1972
avverso l’ordinanza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
udita la relazione svolta dal- Consigliere NOME COGNOME sulle conclusioni del PG (dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Perugia l con ordinanza del 5-12 novembre 2024 / ha rigettato il ricorso con il quale NOME COGNOME ha chiesto la rescissione del giudicato relativamente alla sentenza con cui la stessa Corte di appello di Perugia, il 23 maggio 2023, ha integralmente conferm’ato la sentenza del Tribunale di Terni del 26 maggio 2020, depositata il 21 luglio 2020, che, per quanto in questa sede rileva, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto NOME COGNOME responsabile, in concorso con altri, della violazione degli artt. 73, comma 1, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo A dell’editto), e 629 cod. pen. (capo B), per avere, rispettivamente, ceduto in più occasioni cocaina a NOME COGNOME fino a dicembre 2016, e costretto, con minacce anche di morte, COGNOME e sua madre, NOME COGNOME a consegnare somme di denaro quale corrispettivo delle cessioni di droga di cui al capo che precede, tra giugno e dicembre 2016, in conseguenza condannando l’imputata, senza circostanze attenuanti, operato l’aumento per la continuazione, alla pena stimata di giustizia, oltre al risarcimento dei danni, in forma generica, alla parte civile di cui al capo B), con assegnazione di una somma a titolo di provvisionale.
Appare opportuno premettere, per la migliore intelligenza del ricorso e della decisione, che la tesi sostenuta dalla Difesa di NOME COGNOME nella originaria istanza, intitolata “richiesta ex art. 175 c.p.p.”, poi riqualificata come richiesta di rescissione del giudicato, è la seguente:
NOME COGNOME è stata fiduciariamente assistita per tutto il primo grado di merito dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Terni, che ha interposto tempestivo appello avverso la condanna emessa dal Tribunale;
la donna era anche elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. COGNOME
dopo il deposito dell’atto di appello, ma prima della celebrazione del processo di secondo grado, l’Avv. COGNOME è morto;
l’Avv. COGNOME non aveva informato l’assistita della data del processo di secondo grado;
la Corte di appello ha nominato Difensore di ufficio per l’imputata l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Perugia, e ha disposto effettuarsi le notifiche presso lo studio di quest’ultima ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., per “domicilio inidoneo”, come si legge nel frontespizio della sentenza di appello;
NOME COGNOME non è venuta a conoscenza né della fissazione dell’udienza né della celebrazione della stessa né della nomina ed indicazione di domicilio presso l’Avvocato di ufficio per “domicilio inidoneo”;
la COGNOME, dunque, è stata dichiarata “assente” ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen., ma, alla luce di quanto sinora esposto, ad avviso della Difesa, erroneamente ed illegittimamente;
la sentenza di appello, integralmente confermativa di quella del Tribunale, è stata impugnata in cassazione da alcuni coimputati, con procedimento allora ancora pendente, mentre la COGNOME è rimasta all’oscuro sino a pochi giorni prima della presentazione della originaria istanza ex art. 175 cod. proc. pen., poi t 9AA qualificata dalla Corte di legittimità grichiesta di rescissione del giudicato (cfr. Sez. 4, ord. n. 40708 del 01/10/2024, COGNOME, non mass.), quando cioè – si assume – la stessa è stata . V:~ avvisata da alcuni parenti della conferma della condanna in appello; É
si sottolinea, inoltre, non essere applicabile nel caso di specie l’art. 598-ter cod. proc. pen., sia perché l’atto di appello è stato depositato prima dell’entrata in vigore della novella di cui al d. Igs. n. 150 del 10 ottobre 2022 sia perché l’applicazione di tale norma presuppone comunque la regolarità della notifica, regolarità che, per tutte le ragioni che si sono esposte, deve escludersi nel caso di specie;
la mancata notificazione all’imputata, nel contesto descritto, della citazione per il giudizio di appello ha determinato la nullità del giudizio e della sentenza conclusiva ai sensi dell’art. 179 cod. proc. pen., in quanto la irrituale nomina ed elezione di domicilio presso l’Avvocato di ufficio e la mancanza di accertamenti da parte della Corte territoriale circa la effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputata hanno impedito alla stessa di conoscere della fissazione del processo e di partecipare ad esso e, quindi, hanno concretamente leso il diritto di difesa, comprensivo anche di quello di presentare ricorso per cassazione;
si richiama il seguente principio di diritto e se ne chiede l’applicazione al caso concreto, sottolineando che la notifica alla donna si sarebbe dovuta effettuare ai sensi degli artt. 157 e 159 cod. proc. pen. e non già, come invece avvenuto, dell’art. 161 cod. proc. pen.: «In tema di notificazioni, il decesso del difensore di fiducia domiciliatario determina un’ipotesi di impossibilità di notificazione sopravvenuta derivante da una situazione impediti va non ricollegabile al comportamento del destinatario della notificazione, sicché, qualora non risulti dagli atti, né sia altrimenti desumibile, che l’imputato fosse a conoscenza del decesso, non sono applicabili le disposizioni di cui alla prima parte dell’art. 161, comma quarto, cod. proc. pen., bensì quelle di cui agli artt. 157 e 159 cod. proc: pen. (richiamate nell’ultimo periodo del predetto quarto comma dell’art. 161), non potendosi ritenere che l’imputato sia stato nella effettiva condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto»
(Sez. 6, n. 13417 del 08/03/2016, Bona e altro, Rv. 266739; in termini, pii recentemente, Sez. 2, n. 14947 del 11/02/2020, COGNOME, Rv. 278836);
in conseguenza di quanto esposto, ad avviso della Difesa di NOME COGNOME la elezione di domicilio presso il Difensore di ufficio deve ritenersi inefficace ai sensi dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen.;
inoltre, quand’anche si dovesse ritenere validamente effettuata la elezione di domicilio presso il Difensore di ufficio, comunque, come affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, PG in proc. NOME COGNOME Rv. 279420, e dalle conformi successive Sezioni semplici della S.C., «Ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte de/l’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. (Principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. adppera della legge 23 giugno 2017, n. 103)»;
a ciò si aggiunga – prosegue l’istanza – che la COGNOME risiedeva e risiede tuttora ad un determinato indirizzo in Terni e che a tale indirizzo non è stata notificata né la citazione in appello né la sentenza di secondo grado;
si sottolinea che il Difensore di ufficio nominato dalla Corte di appello non ha avvisato la donna;
si esclude che l’imputata abbia avuto notizia del processo dal coimputato nello stesso processo COGNOME COGNOME con cui era – sì – in precedenza sposata ma dal quale, comunque, si è divorziata il 9 luglio 2019, cioè prima della sentenza di primo grado, come facilmente desumibile dagli atti dell’anagrafe del Comune di Terni, e con il quale, in ogni caso, non ha mantenuto contatti;
infine, si pone in luce che dopo il 9 luglio 2019 l’ex coniuge COGNOME COGNOME è andato a vivere in altro Comune (Acquasparta – TR), rendendosi successivamente non reperibile.
3.La Corte territoriale con l’ordinanza del 5-12 novembre 2024, come anticipato, ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato, argomentando mei termini che si riferiscono.
3.1. In primo luogo, ha ritenuto non provata la tempestività della originaria iniziativa difensiva rispetto alla conoscenza della sentenza, che NOME COGNOME assume essere avvenuta pochi giorni prima della proposizione del ricorso, in violazione dello specifico onere di allegazione di elementi atti a dimostrare la
tempestività, essendosi limitata la richiedente a fare riferimento ad una recente, non meglio precisata, conoscenza tramite persona imprecisata, richiamando al riguardo i precedenti di Sez. 2, n. 7485 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272468, e di Sez. 5, n. 17171 del 23/01/2024, COGNOME, Rv. 286252.
3.2. Nel merito, la Corte di appello ha ritenuto infondata l’istanza, in quanto NOME COGNOME destinataria di severa condanna in primo grado, era a conoscenza, per propria ammissione, della proposizione dell’appello da parte del proprio Difensore, ha anche ricevuto a mani proprie nel febbraio del 2021 la notifica degli atti di appello proposti dai coimputati, quindi sapeva della pendenza del giudizio di appello, e ha violato l’onere gravante sulla stessa «di attivarsi per seguirne gli sviluppi» (così alla p. 3 dell’ordinanza impugnata); la Corte di appello, inoltre, in sostanza ha ritenuto (con il ragionamento che si legge alla p. 4 del provvedimento impugnato) non verosimile che la donna sia rimasta all’oscuro della morte del Difensore, morte che il giudice di merito indica come avvenuta nel mese di dicembre del 2020, durante il periodo della pandemia.
Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con cui denunzia violazione di legge.
4.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’art. 629-bis, comma 2, cod. proc. pen. e, nel contempo, mancanza, mera apparenza, manifesta inesistenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e travisamento delle risultanze probatorie in ordine alla ritenuta non provata tempestività del ricorso proposto il 19-24 luglio 2024 ed il 2-3 agosto 2024 e riqualificato dalla Corte di Cassazione, asserendo la esistenza di un onere rigoroso in capo alla condannata di allegare elementi dimostrativi di tipo oggettivo circa il momento in cui è venuta a conoscenza della decisione. Infatti la signora COGNOME che è stata informata pochi giorni prima della richiesta da un parente del coniuge, da cui è divorziata, persona che non intende rilasciare dichiarazioni, non è in grado di fornire la prova pretesa dalla Corte di appello: la stessa non è stata avvisata dal suo Difensore di ufficio, nominato dalla Corte di appello, né della fissazione dell’udienza in grado di appello né della emissione della sentenza di appello ai fini della proposizione ricorso per Cassazione. In realtà, la Corte di appello ha illegittimamente (cfr. sent. della Sez. 3 della S.C. n. 8336 del 17/12/2019, dep. 2020, COGNOME ed altri, non mass.) posto a carico della ricorrente l’onere della prova di un fatto negativo, che la stessa non è in grado di assolvere, peraltro emettendo – contraddittoriamente – ordinanza di rigetto, mentre, ove avesse
colto una effettiva intempestività, avrebbe dovuto pronunziarsi nel senso della inammissibilità.
Si segnala criticamente non essere stati svolti accertamenti di ufficio sulla comunicazione – o meno – da parte del Difensore di ufficio, Avv.ssa NOME COGNOME alla Pettirossi della pendenza del processo o dell’esito.
Peraltro si sottolinea che la sentenza di condanna, benchè in giudicato dal 31 ottobre 2023, non è stata eseguita sino al 14 novembre 2024, cioè dopo l’udienza camerale della Corte di appello, che era stata sollecitata dall’imputata, che, ove non fosse stata in buona fede, sarebbe potuta rimanere in atteggiamento passivo ed attendista anziché sollecitare, come ha fatto, un esame della sua posizione.
4.2. Con il secondo motivo censura violazione degli artt. 629-bis, comma 1, 161, 171, 179 e 420-bis cod. proc. pen. e, nel contempo, manifesta inesistenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sotto quattro profili: a) la conoscenza della pendenza del processo in appello da parte di NOME COGNOME; b) la conoscenza da parte dell’imputata della avvenuta proposizione dell’appello e l’onere di tenersi informata sugli sviluppi del procedimento; c) la esecuzione delle notifiche presso il Difensore di ufficio ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen.; d) la dichiarazione di assenza dell’imputato in grado di appello ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen.
4.2.1. Sotto il primo degli indicati profili, cioè quello della conoscenza della pendenza del processo in appello da parte di NOME COGNOME si richiama l’insegnamento di Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, PG in proc. Ismail, Rv. 279420 (massima ufficiale: «Ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. (Principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103)»), secondo cui la dichiarazione di assenza deve essere preceduta dall’accertamento della effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato o della colpevole volontaria sottrazione da parte di quest’ultimo a detta conoscenza; e si sottolinea che nella parte motiva di tale sentenza la Corte di legittimità ha richiamato (alle pp. 11 e ss.) la Corte EDU, 10 novembre 2004, causa COGNOME vs. Italia, per concludere che «la regolarità del processo presuppone che l’imputato sia stato citato personalmente o comunque informato della data e del
luogo dell’udienza spettandogli altrimenti il diritto di impugnazione della decisione».
Si evidenzia come la conoscenza della mera pendenza del processo in appello non può essere considerata equivalente alla conoscenza della vocatio in ius, intesa come comunicazione di data, ora e luogo della celebrazione del processo in appello.
4.2.2. Quanto al tema della conoscenza da parte dell’imputata della avvenuta proposizione dell’appello e dell’onere di tenersi informata sugli sviluppi del procedimento, si rammenta che la nomina fiduciaria all’Avv. COGNOME era stata effettuata ad ottobre 2017 e non rinnovata per il grado di appello, non essendo all’epoca necessario, in quanto non ancora in vigore i commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen.; che i rapporti con l’ex marito, NOME COGNOME da cui è divorziata, difeso dallo stesso Avv. COGNOME si sono interrotti nelle more del deposito della sentenza di primo grado; che NOME COGNOME è stata dichiarata assente nel giudizio di primo grado, per concludere che, nel concreto contesto dato, mancano seri indici presuntivi della effettiva conoscenza da parte dell’imputata della conoscenza del processo o della volontà di sottrarsi ad esso.
Peraltro, come puntualizzato da Sez. 6, n. 345423 del 11/0/2023, NOME COGNOME, Rv. 285177, «In tema di giudizio in assenza, la mancanza di diligenza dell’imputato nel tenersi informato della celebrazione del processo a proprio carico, dopo l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio effettuata al momento dell’arresto, non integra automaticamente la “volontaria sottrazione alla conoscenza del processo” e non fonda alcuna – non consentita – presunzione di conoscenza della “vocatio in iudicium”, la quale deve essere accertata dal giudice in positivo al fine di procedere in assenza, quale conoscenza effettiva, senza inversione del relativo onere probatorio».
4.2.3. Quanto alla avvenuta esecuzione della notifica presso il Difensore di ufficio, Avv. NOME COGNOME si assume che la notifica non è avvenuta quale domiciliatario ma quale consegnatario dell’atto ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., senza che, tuttavia, la COGNOME sia mai stata avvisata espressamente nel corso del procedimento o del processo che, in caso di domicilio inidoneo, le notifiche sarebbero state eseguite mediante consegna al Difensore nominato o, in difetto, al Difensore di ufficio. Onde la nullità ex art. 171, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. delle notifiche effettuate presso il Difensore di ufficio.
4.2.4. Infine, in relazione alla dichiarazione di assenza dell’imputato in grado di appello ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen., si rammenta che, come precisato da Sez. 1, n. 43392 del 11/10/2022, COGNOME, non mass., la mera regolarità formale della notifica eseguita presso il Difensore di ufficio ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. per inidoneità del
domicilio eletto non garantisce la effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato, conoscenza che va, invece, compiutamente accertata dal giudice al fine di poter legittimamente procedere in assenza dell’imputato. Invece la Corte di appello, come si legge nel verbale dell’udienza del 26 maggio 2023, ha semplicemente dato atto della regolarità della citazione.
A ciò si aggiunga che la COGNOME non soltanto non è stata avvisata di alcunchè dell’Avv.ssa di ufficio NOME COGNOME ma anche che con la stessa non ha mai intrattenuto alcun rapporto, circostanza che – ovviamente – la ricorrente non può provare, trattandosi di un ulteriore fatto negativo.
Si sottolinea anche che, come risulta dalle notifiche per il processo di appello, in atti, allorquando l’Ufficiale giudiziario ha consegnato alla COGNOME copia degli appelli delle altre parti, la donna ha fatto presente che NOME COGNOME non era più convivente con la stessa, circostanza che non è sicuramente sintomatica della volontà di sottrarsi al processo.
In ogni caso, erronea è l’applicazione da parte della Corte di appello nel caso di specie dell’art. 420-bis cod. proc. pen. nella versione novellata ex d. Igs. n. 150 del 2022, poiché, ai sensi della norma transitoria posta dall’art. 89 del d. Igs. n. 150 del 2022 (anche come chiarito nella relazione dell’Ufficio del massimario alla riforma), deve continuare a trovare applicazione ai procedimenti già pendenti alla data di entrata in vigore della riforma la norma precedente, che prevede requisiti più stringenti, dovendosi accertare o la certezza della conoscenza del procedimento ovvero la volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento, circostanze entrambe da escludersi, mentre la Corte di appello, quale giudice della cognizione, si è accontentata della mera regolarità formale delle notifiche e la stessa Corte, quale giudice adito con istanza di rescissione del giudicato, ha equiparato – si ritiene, erroneamente ed illegittimamente – la mera possibilità di NOME COGNOME di venire a conoscenza del processo con l’accertamento di tale conoscenza.
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
4.3. E’ stata presentata il 3 marzo 2025 argomentata memoria contenente “motivi nuovi” con cui, richiamate le circostanze di fatto che connotano la vicenda e ripercorsa la struttura motivazionale dell’ordinanza impugnata, si insiste per l’accoglimento dei motivi già svolti, con particolare riferimento al secondo di essi, sottolineando la necessità di applicazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen. nella versione previgente e la mancanza, nel caso di specie, della prova che l’imputato abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia inteso sottrarre allo stesso. E si richiamano ulteriormente i principi fissati da Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, PG in proc. Ismail, cit., e da Corte EDU, 10 novembre 2004, Sejdovic vs. Italia.
Il Procuratore Generale della S.C, nella requisitoria scritta del 19 febbraio 2025 1ha chiesto rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.
In primo luogo, la Corte territoriale ha spiegato – con motivazione sufficiente, congrua e logica – perché debba ritenersi non provata la tempestività della originaria iniziativa difensiva rispetto alla conoscenza della sentenza, che NOME COGNOME assume essere avvenuta pochi giorni prima della proposizione del ricorso, in violazione dello specifico onere di allegazione di elementi atti a dimostrare la tempestività, essendosi la richiedente limitata a fare riferimento ad una recente, non meglio precisata, conoscenza tramite persona imprecisata, che non intenderebbe rendere dichiarazioni al riguardo (così alle pp. 4-5 dell’atto di impugnazione): e si tratta di affermazione pienamente in linea con il principio di diritto, anche recentemente ribadito dalla Corte di legittimità, secondo cui «In tema di richiesta di rescissione del giudicato, il ricorrente ha l’onere di allegare in modo rigoroso gli elementi idonei a comprovare la tempestività della domanda rispetto al momento dell’effettiva conoscenza del procedimento» (Sez. 5, n. 17171 del 23/01/2024, Raileanu Lacramioara, cit.).
Né può dirsi avere la Corte di merito posto un onere di provare un fatto negativo in capo alla donna (p. 5 del ricorso), onere che sarebbe, in effetti, vistosamente illegittimo poiché, come puntualizzato nella parte motiva (sub n. 1.1. del “considerato in diritto”, p. 4) di Sez. 3, n. 8336 del 17/12/2019, dep. 2020, COGNOME ed altri, cit., n.m., secondo cui «Costituisce principio generale del nostro ordinamento processuale quello per cui la prova dei fatti negativi non può essere data, mentre può essere data quella del fatto positivo contrario; pertanto, l’onere della prova dell’intempestività incombe su chi la allega e a tal fine non è sufficiente affidarsi a semplici presunzioni o supposizioni, ma deve essere fornita una prova contraria rigorosa»; si è, invece, fatta applicazione del generale principio processuale compendiato nel noto brocardo onus probandi incumbit ei qui dicit.
In ogni caso, nel merito il ricorso non è fondato sia che si stimi applicabile il testo attualmente vigente dell’art. 629-bis cod. proc. pen. sia ove si ritenga di dover fare applicazione del testo previgente.
GLYPH
3.1. Nella prima evenienza, infatti, presa esplicitamente in considerazione della Corte di appello, prendendo le mosse dall’affermazione della S.C. (di trasmissione degli atti al giudice di merito, previa riqualificazione) che si rinviene alla p. 5, punto n. 4.2, di Sez. 4, ord. n. 40708 del 01/10/2024, COGNOME, non mass., sul presupposto che l’originaria iniziativa difensiva risale al mese di luglio 2024 (dovendosi fare riferimento al momento in cui il condannato in “assenza” ha avuto conoscenza della decisione e ha avuto, quindi, la possibilità di esercitare il diritto di impugnazione straordinaria: Sez. 5, n. 7428 del 18/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287645, in motivaz., sub n. 1 del “considerato in diritto, p. 2; Sez.4, n. 2580 del 19/10/2023, Dedu, Rv. 285701; Sez. 5, ord. n. 380 del 15/11/2021, COGNOME, Rv. 282528; Sez. 5, n. 15666 del 16/04/2021, COGNOME, Rv.280891), si è osservato quanto segue: «COGNOME in primo grado era difesa di fiducia dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliata presso di questi, il difensore avvocato COGNOME ha proposto appello con atto depositato il 31 luglio 2020 negli interessi di COGNOME NOME e COGNOME come esposto dalla stessa in ricorso, era a conoscenza della proposizione dell’appello da parte del proprio difensore, risulta dagli atti aver ricevuto, a mani proprie, nel febbraio 2021, la notifica degli atti d’appello proposti dagli altri imputati, era quindi a conoscenza della pendenza del giudizio di appello prima della pronuncia della sentenza; la ricorrente non indica la data del decesso del difensore, e tuttavia l’elezione di domicilio e la nomina fiduciaria perdurante al momento della proposizione dell’appello determinano sicura conoscenza della proposizione del giudizio con onere per la stessa di attivarsi per seguire gli sviluppi; dall’esame degli atti risulta che la notifica del decreto di citazione per l’appello non era eseguita al difensore di ufficio quale domiciliatario (come riportato nella intestazione della sentenza) bensì, come risulta dal decreto di citazione, al difensore di ufficio ai sensi dell’articolo 161 c. 4 c.p.p., pe inidoneità sopravvenuta del domicilio eletto, e quindi al difensore di ufficio quale consegnatario, sicché la verifica sulla dichiarazione di assenza non porterebbe a rilevare nullità della notifica per invalidità di domiciliazione presso il difensore di ufficio» (così alla p. 3 dell’ordinanza impugnata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alle modalità di notifica che risultano in concreto adottate, la Corte di appello, sul presupposto dell’essere il decesso dell’Avv. COGNOME avvenuto nel mese di dicembre 2020, ha affermato che «il dato che attesta già nel 2021 la inidoneità del domicilio eletto presso il difensore ed il diretto coinvolgimento della COGNOME nella ricezione di atti del processo di appello, la inesistenza di allegazioni dell’imputata in ordine a specifiche circostanze che abbiano impedito in un qualche periodo la comunicazione con il difensore di fiducia, a prescindere dal suo decesso, oppure a trasferimenti della Pettirossi dèlla città di Terni, ove
era ed è residente, luogo di vita e di attività professionale del difensore deceduto in Terni durante la pandemia Covid, convergono univocamente a smentire l’assunto di non conoscenza dell’evento morte del difensore di fiducia domiciliatario e di impossibilità di provvedere ad una diversa domiciliazione prima della celebrazione del giudizio di appello, il cui decreto era emesso nel 2023, per tali ragioni la insussistenza di elementi per ritenere erroneamente dichiarata la assenza, per imputare poi a fatto indomabile o incolpevole la mancata impugnazione. Per le esposte considerazioni sui presupposti previsti dall’art. 629 bis c.p., ed innanzitutto per la certa conoscenza della pendenza del procedimento prima dell’emissione la sentenza, il ricorso va respinto» (così alle p. 4 del provvedimento impugnato).
3.2. Risultando, tuttavia, più correttamente, da applicarsi nel caso di specie il testo previgente dell’art. 629-bis cod. proc. pen., il ricorso va respinto.
Si rammenta la formulazione della norma in questione in vigore nel lasso temporale tra l’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 (cioè il 3 agosto 2017) e quella del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (cioè il 30 dicembre 2022, ai sensi del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2022, n. 199):
«1. Il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
La richiesta è presentata alla corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, a pena di inammissibilità, personalmente dall’interessato o da un difensore munito di procura speciale autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3, entro trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento.
La corte di appello provvede ai sensi dell’articolo 127 e, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. Si applica l’articolo 489, comma 2.
Si applicano gli articoli 635 e 640» cod. proc. pen.
L’applicabilità della previgente previsione è direttamente discendente dall’art. 89 del d. Igs. n. 150 del 2022, che, sotto la rubrica “Disposizioni transitorie in materia di assenza”, recita:
«1. Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del
codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato.
Quando, prima dell’entrata in vigore del presente decreto, nell’udienza preliminare o nel giudizio di primo grado è stata disposta la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 420 -quater, comma 2, del codice di procedura penale nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto e l’imputato non è stato ancora rintracciato, in luogo di disporre nuove ricerche ai sensi dell’articolo 420 -quinquies del codice di procedura penale nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 420 -quater del codice di procedura penale come modificato dal presente decreto. In questo caso si applicano gli articoli 420 -quinquies e 420sexies del codice di procedura penale, come modificati dal presente decreto.
Le disposizioni degli articoli 157 -ter, comma 3, 581, commi /-ter e 1quater, e 585, comma 1 -bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto.
Nei procedimenti indicati al comma 1, continua ad applicarsi la disposizione dell’articolo 159, primo comma, numero 3 -bis), del codice penale nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
Nei procedimenti di cui ai commi 1 e 2 che hanno ad oggetto reati commessi dopo il 18 ottobre 2021, nel caso di sospensione del corso della prescrizione ai sensi dell’articolo 159, primo comma, numero 3 -bis, del codice penale, si applica la disposizione dell’ultimo comma di detto articolo, come modificata dal presente decreto legislativo».
Infatti, essendo risultata assente, benchè regolarmente citata, l’imputata in primo grado (v. sentenza del Tribunale di Terni del 26 maggio 2020), era da applicarsi la previsione secondo cui può ottenere la rescissione del giudicato l’imputato «qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo», incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo la cui dimostrazione non è stata fornita nel caso di specie, essendo emerso un “colpevole disinteresse per la vicenda processuale” nell’accezione fatta propria, sia pure in fattispecie non coincidenti, da Sez. 3, n. 14577 del 14/12/2022, dep. 2023, G, Rv. 284460, e da Sez. 4, n. 13236 del 23/03/2022, COGNOME, Rv. 283019.
La conclusione cui si perviene è è in linea con la importante puntualizzazione offerta da Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass. sul
punto, nella cui motivazione si legge
(sub n. 8.1 del “considerato in diritto”, p.
22) che
«Va recepito l’orientamento secondo cui l’art.
629-bis cod. proc.
pen. si pone in stretta correlazione con le previsioni dell’art. 420-bis cod. proc.
pen. e offre una forma di tutela all’imputato non presente fisicamente in udienza, mediante la possibilità di proposizione di un mezzo straordinario di
impugnazione, che realizza la reazione ripristinatoria del corretto corso del processo per situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, in
dipendenza dell’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo stesso, che non siano state intercettate e risolte in precedenza in sede di cognizione.
Ignoranza che non deve essere a lui imputabile, né come voluta diserzione delle udienze, né come colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere.
La correttezza di siffatta impostazione discende dalla formulazione testuale dell’art.
629-bis, che non contiene una tipizzazione, né indicazioni esemplificative
degli eventi all’origine della situazione fattuale di assenza incolpevole e dal rilievo che l’art. 420-bis, comma 4, cod. proc. pen., laddove prevede la revoca dell’ordinanza che dispone di procedere in assenza a fronte di determinate evenienze, dedotte dall’imputato, al fine di garantire che il processo in assenza sia legittimamente condotto, implica che tutti i meccanismi di controllo abbiano operato con efficacia prima della declaratoria di assenza e che prima ancora siano stati regolarmente compiuti gli accertamenti sulla costituzione delle parti, secondo l’ordine sequenziale di verifiche, stabilito dall’art. 420, comma 2, cod. proc. pen. Tuttavia, sia lo scrupoloso compimento dei controlli preliminari funzionali alla dichiarazione di assenza, sia la loro conduzione in modo non corretto, possono dar luogo al verificarsi di situazioni concrete, nelle quali l’imputato sia stato privato incolpevolmente della possibilità di conoscere la celebrazione del processo».
Discende dalle considerazioni svolte la statuizione in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/03/2025.