Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9897 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9897 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME
nato a Napoli il 09/11/1974
avverso la ordinanza del 20/05/2024 della Corte di appello di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di cassazione dichiari inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con istanza presentata il 28 aprile 2023 alla Corte di appello di Roma, ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen., NOME COGNOME chiedeva la rescissione del giudicato in relazione alla sentenza del 29 novembre 2022, divenuta irrevocabile il 17 dicembre 2022, con la quale il Tribunale di Roma lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia per tre rapine commesse in concorso.
La Corte territoriale, con ordinanza del 20 maggio 2024, dichiarava inammissibile la richiesta, stante la impossibilità di valutarne la tempestività, poiché il condannato si era limitato a sostenere di non avere avuto conoscenza del processo “in quanto successivamente all’avviso di chiusura delle indagini preliminari non aveva avuto più notizie della vocatio in ius”.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore munito di procura speciale, chiedendone l’annullamento.
Sostiene il ricorrente che l’art. 629 -bis cod. proc. pen. “non formula un vero e proprio onere dimostrativo a carico del proponente, rimettendo al Giudice la valutazione del caso” e prevedendo la inammissibilità della richiesta se non presentata entro il termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza, sanzione non applicabile quando questo momento non sia individuabile.
Nel caso di specie, altra Sezione della stessa Corte di appello ha dichiarato inammissibile ma non tardiva la richiesta di restituzione nel termine contestualmente presentata da COGNOME rilevando che l’ordine di esecuzione emesso dalla Procura non gli era stato notificato, come risultava dal verbale di vane ricerche del 20 marzo 2023.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo manifestamente infondato.
Presupposto indefettibile perché il condannato possa accedere al rimedio della rescissione del giudicato è che la istanza venga proposta tempestivamente: da ciò discende che «è onere di chi formuli tale richiesta, la quale ha, invero, natura di impugnazione straordinaria, indicare e specificare i diversi elementi dimostrativi idonei a comprovare la tempestività della domanda rispetto al momento di effettiva conoscenza dell’atto» (Sez. 2, n. 7485 del 18/01/2018, Tacuri, Rv. 272468 – 01).
Anche da ultimo questa Corte ha ribadito che sul condannato «grava, se non un vero e proprio onere probatorio, quantomeno, un rigoroso onere di specifica
allegazione, a fronte del quale, poi, spetta al giudice il potere di accertamento, nel caso sussistano incertezze-e dubbi al riguardo. Escludendo in capo all’istante un simile dovere di allegazione, infatti, si finirebbe per lasciare all’assolut discrezionalità del condannato la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento impugnato, sulla base della propria personale utilità, aggirando in tal modo la disciplina posta dall’art. 629-bis cod. proc. pen., che prevede, a pena di inammissibilità, tempi brevi per l’impugnazione di un provvedimento già divenuto irrevocabile e, quindi, per travolgere il giudicato» (Sez. 5, n. 17171 del 23/01/2024, Raileanu, Rv. 286252 – 01).
Alla luce di questi principi, correttamente la Corte di appello ha ritenuto tardiva la richiesta, rilevando che l’istante non aveva fornito alcun elemento dal quale poter desumerne la tempestività, poiché non aveva indicato, “nemmeno genericamente, né le circostanze né il tempo in cui sarebbe venuto a conoscenza della sentenza di condanna”.
Neppure il ricorso, invero, ha colmato tale lacuna, essendosi solo dedotto che l’ordine di esecuzione della pena non era stato notificato, come risulta dal verbale di vane ricerche del condannato in data 20 marzo 2023, vale a dire trentanove giorni prima della presentazione della richiesta. Anche in ragione di tale dato il ricorrente avrebbe quantomeno dovuto allegare in quale circostanza e data, non anteriore al 29 marzo 2023, egli era venuto a conoscenza della sentenza di condanna.
Va altresì ribadito il principio secondo il quale, «affinché il termine di proposizione della richiesta decorra, non occorre che il condannato abbia conoscenza compiuta degli atti del processo e della sentenza conclusiva, perché la legge ciò non richiede: se così si opinasse, del resto, lo svolgimento di un termine posto a pena di inammissibilità sarebbe affidato a determinazioni prive della necessaria certezza, dovendo farsi carico di individuare, con inevitabile margine di soggettività valutativa, il momento in cui possa dirsi realizzata in capo al condannato una conoscenza adeguata, approfondita, degli atti del processo e della sentenza conclusiva. Resta comunque ferma la possibilità per il condannato che ritenga, per la complessità della vicenda processuale, di non poter esercitare pienamente il diritto all’impugnazione straordinaria in un termine rivelatosi in concreto insufficiente, di chiedere una restituzione nello stesso, secondo quanto disposto dall’art. 175 cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 32267 del 30/10/2020, COGNOME, Rv. 279994 – 01; in senso conforme vds. Sez. 4, n. 36560 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 281925 – 01). (
5. Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/01/2025.