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Rescissione del giudicato: onere della prova del reo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva la rescissione del giudicato. La Corte ha stabilito che grava sul richiedente un rigoroso onere di allegazione, dovendo indicare specificamente le circostanze e la data in cui è venuto a conoscenza della sentenza di condanna, per dimostrare la tempestività della richiesta presentata entro 30 giorni. Una generica affermazione di ignoranza del processo non è sufficiente.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del Giudicato: Sul Condannato l’Onere di Provare la Conoscenza della Sentenza

La rescissione del giudicato rappresenta un fondamentale strumento di garanzia per chi sia stato condannato senza aver avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico. Tuttavia, l’accesso a questo rimedio straordinario è subordinato a requisiti procedurali rigorosi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: spetta al condannato che presenta l’istanza fornire gli elementi necessari a dimostrarne la tempestività, indicando specificamente quando e come è venuto a conoscenza della condanna.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in via definitiva dal Tribunale di Roma per tre rapine in concorso, presentava un’istanza di rescissione del giudicato alla Corte di appello. Sosteneva di non aver mai avuto conoscenza del processo, se non dopo la conclusione delle indagini preliminari, e di non aver ricevuto alcuna successiva vocatio in ius.

La Corte di appello, tuttavia, dichiarava la richiesta inammissibile. La motivazione era netta: l’istante si era limitato a un’affermazione generica, senza fornire alcun elemento concreto che permettesse di verificare il rispetto del termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza, come previsto dall’art. 629-bis del codice di procedura penale. Di conseguenza, era impossibile per la Corte valutare la tempestività della richiesta.

La Decisione della Corte di Cassazione e la questione della rescissione del giudicato

Contro l’ordinanza della Corte di appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione. La difesa sosteneva che la legge non impone un vero e proprio onere probatorio a carico del proponente e che il termine di trenta giorni non dovrebbe applicarsi quando il momento della conoscenza effettiva non è individuabile. A sostegno della propria tesi, il ricorrente evidenziava che un verbale di vane ricerche, relativo all’ordine di esecuzione della pena, era stato redatto in una data che rendeva comunque complessa la valutazione della tempestività.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento secondo cui il presupposto indefettibile per accedere alla rescissione del giudicato è la tempestività dell’istanza.

Le Motivazioni della Sentenza: il Rigoroso Onere di Allegazione

Il fulcro della decisione risiede nel concetto di ‘onere di allegazione’. La Corte ha chiarito che sul condannato grava, se non un vero onere probatorio, quantomeno un ‘rigoroso onere di specifica allegazione’. Ciò significa che chi chiede la rescissione deve:

1. Indicare e specificare i diversi elementi dimostrativi idonei a comprovare la tempestività della domanda.
2. Chiarire le circostanze e la data in cui è venuto a effettiva conoscenza della sentenza di condanna.

Lasciare all’assoluta discrezionalità del condannato la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento, secondo la propria convenienza, significherebbe eludere la disciplina dell’art. 629-bis c.p.p., che prevede termini brevi proprio per non compromettere la stabilità del giudicato.

Nel caso specifico, il ricorrente non aveva colmato la lacuna neppure nel ricorso per Cassazione. Si era limitato a menzionare il verbale di vane ricerche del 20 marzo 2023, ma aveva presentato l’istanza 39 giorni dopo, senza allegare in quale circostanza e in quale data (comunque non anteriore al 29 marzo 2023) avesse effettivamente appreso della condanna. La Corte ha inoltre ribadito che, per far decorrere il termine, non è necessaria una conoscenza completa e approfondita di tutti gli atti processuali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica. La difesa che intende avvalersi della rescissione del giudicato non può limitarsi a una generica contestazione della conoscenza del processo. È indispensabile un lavoro preparatorio meticoloso, volto a raccogliere e presentare al giudice tutti gli elementi fattuali (documenti, testimonianze, circostanze specifiche) che possano dimostrare con certezza il momento esatto in cui l’assistito ha avuto conoscenza della sentenza irrevocabile. In assenza di tale specifica allegazione, il rischio concreto è una declaratoria di inammissibilità che preclude l’esame nel merito della richiesta, vanificando la funzione di garanzia dell’istituto.

Chi deve provare la tempestività della richiesta di rescissione del giudicato?
Spetta al condannato che presenta la richiesta fornire al giudice gli elementi specifici (circostanze e data) necessari a dimostrare di averla depositata entro il termine di 30 giorni dalla effettiva conoscenza della sentenza.

È sufficiente dichiarare genericamente di non aver mai avuto conoscenza del processo per ottenere la rescissione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che sul richiedente grava un ‘rigoroso onere di specifica allegazione’, che impone di indicare con precisione quando e come si è appresa la notizia della condanna.

Cosa può fare il condannato se il termine di 30 giorni è troppo breve per via della complessità del caso?
La sentenza chiarisce che la soluzione non è ritardare la presentazione della richiesta, ma, se ne ricorrono i presupposti, chiedere una ‘restituzione nel termine’ per esercitare il diritto all’impugnazione, secondo quanto previsto dall’art. 175 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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