Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26598 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26598 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CAPUA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con l’adozione delle statuizioni consequenziali;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 27 ottobre 2023, la Corte di appello di Napoli ha rigettato la complessiva istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME avente ad oggetto la rescissione del giudicato, ex art. 629-bis cod. proc. pen., o la restituzione del termine per impugnare, ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., con riferimento alla sentenza emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 9 luglio 2020, irrevocabile il 25 luglio 2020, con cui COGNOME, imputato di minaccia aggravata e di molestie telefoniche, era stato ritenuto responsabile dei suddetti reati e condanNOME alla pena – condizionalmente sospesa – di mesi sei di reclusione.
La Corte territoriale – premesso che, ai sensi dell’art. 89 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, doveva applicarsi la disciplina previgente rispetto alle novità introdotte con tale normativa – ha ritenuto non sussistente la prova che l’assenza nel processo fosse stata determinata da una incolpevole mancata conoscenza da parte dell’imputato della sua celebrazione.
Sotto il profilo accertativo, la Corte di merito ha affermato quanto segue: la tempestiva istanza di rescissione si era fondata sul presupposto della nullità del decreto di citazione a giudizio di NOME COGNOME, per mancata rituale notificazione allo stesso, eseguita presso il difensore d’ufficio, e mancato rispetto dei termini di cui all’art. 552, comma 3, cod. proc. pen.; era stata contestata la validità della dichiarazione di domicilio fatta da COGNOME ai Carabinieri di Capua il 20 maggio 2017, in quanto inserita in un atto privo delle informazioni necessarie ad assicurare l’effettiva conoscenza del procedimento penale, in ragione della mancata indicazione del Pubblico ministero procedente e della stessa Procura della Repubblica presso la quale pendevano le indagini, sicché, in carenza di valida dichiarazione di domicilio, la notificazione dell’atto introduttivo avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen. e, in caso di persistente irreperibilità del destinatario, avrebbe dovuto sospendersi il processo, ex art. 420-ter cod. proc. pen.; tuttavia, la dichiarazione di domicilio, resa a sensi dell’art. 161, comma 1, cod. proc. pen. risultava ritualmente perfezionata, essendo richiesto che nel relativo verbale fossero indicati le leggi violate, il numero del procedimento penale e l’autorità giudiziaria procedente, elementi spesso sconosciuti, in quella fase, alla stessa polizia giudiziaria che formava l’atto, essendo poi rimesso alla diligenza dell’indagato acquisire ulteriori informazioni; in quell’atto l’indagato aveva indicato la sua residenza anagrafica di INDIRIZZO, INDIRIZZO, riservandosi di nominare il difensore di fiducia, restando altrimenti assistito dal nominando difensore di ufficio, essendo stato reso edotto delle conseguenze che la mancanza,
insufficienza o inidoneità della dichiarazione di domicilio, al pari dell’impossibilit di eseguire la notifica indetto luogo, avrebbero determiNOME; indi, essendo stato nomiNOME il difensore d’ufficio, questi era stato destinatario notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., non essendo stato rinvenuto il destinatario presso il domicilio dichiarato; il successivo decreto di citazione era stato notificato all’imputato COGNOME dalla Polizia RAGIONE_SOCIALE di Palma Campania a mani proprie in data 1° marzo 2018, con conseguente trasmissione degli atti il 5 marzo 2018 alla Procura procedente; poi, all’udienza dibattimentale del 12 aprile 2018, era stata disposta la nuova notifica della citazione per l’udienza dell’8 novembre 2018, eseguita nuovamente presso il difensore di ufficio, in quanto la notifica del decreto di citazione presso il domicilio dichiarato era stata ritenuta impossibile dalla Polizia RAGIONE_SOCIALE di Capua, essendo – il destinatario – risultato di fatto irreperibile.
Sulla scorta della ritenuta acquisizione di tali elementi, è stata ritenuta infondata l’impugnazione straordinaria volta alla rescissione del giudicato.
Quanto poi all’istanza di restituzione del termine ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., la Corte di appello, premesso che il termine per proporla era quello di dieci giorni dal momento in cui era cessato il caso fortuito o la forza maggiore, ha ritenuto che l’istanza stessa – siccome proposta il 20 giugno 2023 – era stata presentata tardivamente, rispetto alla data del 1° giugno 2023, nella quale era stata notificata via PEC da parte del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere al difensore di fiducia e procuratore speciale del condanNOME la sentenza oggetto di esame.
Avverso l’ordinanza è stato proposto ricorso dal difensore di COGNOME che ne ha chiesto l’annullamento sulla scorta di un unico motivo con cui si denuncia la violazione di legge, in relazione alla doverosità della rescissione del giudicato per violazione, nel processo che aveva esitato la sentenza oggetto di esame, della disciplina regolatrice dell’istituto dell’assenza di cui all’art. 420-bis c proc. pen., che aveva determiNOME la nullità della corrispondente declaratoria, ex art. 179 cod. proc. pen.
La difesa evidenzia che, nel corso processuale, all’udienza del 12 aprile 2018, il Tribunale, pur essendo risultato l’imputato irreperibile, invece di procedere alla sospensione del processo, ai sensi dell’art. 420 -quater cod. proc. pen., aveva disposto la notificazione del decreto di citazione all’imputato presso il difensore di ufficio, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., per po prendere atto, alla successiva udienza dell’8 novembre 2018, che la notificazione era avvenuta il 25 settembre 2018 mediante l’invio di messaggio con posta elettronica certificata al difensore di ufficio, con susseguente dichiarazione
dell’assenza di COGNOME, peraltro senza nemmeno l’osservanza del termine a comparire di sessanta giorni stabilito dall’art. 552 cod. proc. pen.
Atteso questo sviluppo procedimentale, la Corte di appello, ad avviso della difesa, non ha considerato che, ai fini della rescissione del giudicato, la verifica dell’effettiva conoscenza del processo avrebbe dovuto riferirsi all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché essa non avrebbe potuto desumersi dalla mera dichiarazione di domicilio effettuata nella fase delle indagini preliminari, non seguita dalla notificazione dell’atto introduttivo nel medesimo luogo, ricevuto da soggetto legittimato a riceverlo: nel caso di specie, la notificazione della citazione ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., in momento in cui l’imputato era irreperibile, non aveva garantito l’avvenuta conoscenza del processo da parte del destinatario, in quanto il difensore che poi era stato individuato come consegnatario dell’atto era stato il difensore di ufficio, senza dimostrazione che con questi COGNOME avesse avuto alcun contatto.
A tale ultimo riguardo, la difesa ha aggiunto che non varrebbe a provare il contrario il rilievo che in altro procedimento COGNOME aveva ricevuto la notificazione a mani proprie nello stesso luogo in cui aveva dichiarato il domicilio in cui in questo processo la notificazione non era andata a buon fine, giacché tale constatazione conferma che la mancata partecipazione nella presente fattispecie non era stata volontaria, ma era ascrivibile ad assenza inconsapevole.
Il ricorrente, poi, sottolinea che, nel quadro di elementi emersi, si è verificato un palese errore di fatto commesso dalla Corte di appello nel rilevante snodo in cui essa ha dato per notificata la citazione all’imputato a mani proprie dello stesso in data 10 marzo 2018, laddove quella notificazione era stata effettuata dalla Polizia RAGIONE_SOCIALE di Palma Campania ad altro soggetto, precisamente alla persona offesa NOME COGNOME.
Si trae, quindi, il corollario che quella notificazione non si era perfezionata nei confronti dell’imputato, per cui – desume la difesa – l’intera motivazione dell’ordinanza, che sulla scorta di quella notificazione ha ritenuto la conoscenza del processo da parte del medesimo COGNOME, ne resta travolta, restando assodato che l’imputato non aveva avuto conoscenza del processo senza sua colpa, in dipendenza della dichiarazione di assenza emessa dal giudice procedente in carenza dei presupposti stabiliti dall’art. 420-bis cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con l’adozione dei provvedimenti conseguenziali, dal momento che effettivamente la notificazione a mani proprie del 10 marzo 2018 su cui si è basata la Corte di appello per sostenere l’avvenuta conoscenza del processo da
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parte dell’imputato ha riguardato, invece, la notificazione della citazione alla persona offesa NOME COGNOME, laddove a COGNOME la notificazione della citazione, tentata il 29 gennaio 2018 dalla Polizia RAGIONE_SOCIALE di Capua, non era andata a buon fine a causa dell’irreperibilità del destinatario, senza che la susseguente notificazione al difensore di ufficio, coniugata con la dichiarazione di domicilio effettuata dall’indagato nel corso delle indagini preliminari, possa ritenersi aver garantito la conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte ritiene che l’impugnazione, per quanto concerne la complessiva doglianza dedicata esclusivamente a contrastare il rigetto dell’istanza di rescissione del giudicato, sia fondata nei sensi che seguono, con conseguente necessità di annullare l’ordinanza impugnata.
È rilevante constatare che la Corte di appello ha considerato acclarata la valida instaurazione del contraddittorio nel processo oggetto di verifica muovendo dal presupposto che sia la notificazione avvenuta il 10 marzo 2018, supposta come avvenuta a mani proprie del destinatario, sia quella perfezionatasi successivamente ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. presso il difensore d’ufficio per l’udienza dell’8 novembre 2018 fossero da ritenersi corrette e tali da garantire l’avvenuta conoscenza del processo da parte dell’imputato, nessuna violazione procedinnentale potendo ritenersi verificata.
In particolare, è stato ritenuto che COGNOME, dopo aver ricevuto la notificazione della citazione a mani proprie, si fosse disinteressato del processo e, per il resto, egli fosse stato regolarmente assistito nel corso processuale dal difensore d’ufficio, se del caso nomiNOME ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen. Dalla ritenuta effettuazione delle indicate formalità si è tratto, pertanto, il corollario che la dichiarazione di assenza pronunciata all’udienza dell’8 novembre 2018 fosse stata ritualmente emessa, sicché – una volta acquisita contezza dell’avvenuta conoscenza del processo da parte dell’imputato – la deduzione che il difensore d’ufficio non aveva avvisato l’imputato della pendenza del giudizio è stata reputata l’esito di una mera asserzione dell’interessato e, nella conseguente prospettiva, la domanda di rescissione del giudicato non è stata ritenuta fondata.
Tale assetto argomentativo viene decisivamente posto in crisi dalla verifica degli atti processuali – imposta dalla natura della doglianza – da cui emerge che l’avere dato per effettuata la notificazione dell’atto di citazione a
mani proprie dell’imputato in data 1° marzo 2018 costituisce (come ha notato anche l’Autorità requirente) l’esito di un errore percettivo compiuto dai giudici territoriali.
La notificazione a mani proprie in questione (inserita in copia fra gli allegati al ricorso, al n. 6) è quella effettuata a cura della Polizia RAGIONE_SOCIALE Palma Campania, ma essa ha riguardato la consegna del decreto di citazione – non all’imputato, bensì – alla persona offesa NOME COGNOME, avvenuta effettivamente a mani proprie il 10 marzo 2018.
Non consta, invece, dall’esame degli atti la notificazione a mani proprie dell’atto introduttivo del processo all’imputato NOME COGNOME, con l’effetto che l’unica notificazione del decreto di citazione che, allo stato degli elementi considerati dalla Corte territoriale, come emendati dalla determinante rilevazione suindicata, è stata destinata all’imputato appare essere stata quella non andata a buon fine presso il domicilio dichiarato, con la specificazione che si è trattato di una dichiarazione di domicilio avvenuta nel corso delle indagini preliminari, non associata nemmeno alla nomina del difensore di ufficio che potesse rendere edotto l’indagato del professionista a cui era stata affidata la sua difesa.
Pertanto, elisa la notificazione a mani proprie, anche a voler ritenere per assodata la validità intrinseca della successiva notificazione del decreto di citazione presso il domicilio dichiarato, non andata buon fine e seguita dalla notificazione presso il difensore di ufficio, la Corte di appello avrebbe dovuto esaminare la sussistenza o meno di una regolare dichiarazione di assenza fornendo la corrispondente motivazione, che fosse stata idonea a giustificare l’affermazione dell’acquisita contezza della conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato.
La motivazione resa nel provvedimento impugNOME, siccome vulnerata dall’emersione del rilevante errore percettivo suindicato, non si profila idonea a garantire l’obiettivo processuale ora indicato.
Occorre considerare che, in tema di rescissione del giudicato, onde verificare compiutamente la condizione stabilita dall’art. 629-bis cod. proc. pen. – vale a dire che l’imputato sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420-bis cod. proc. pen., e non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza – la conoscenza effettiva del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, con l’effetto che essa non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell’atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorché a
mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l’atto (Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, Cappelli, Rv. 279680 – 01, con la precisazione che, nell’ipotesi di sopravvenuta impossibilità di notifica al domicilio eletto o dichiarato, la notifica della vocatio in iudicium, effettuata ai sensi dell’art.161, comma 4, cod. proc. pen., in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell’imputato; Sez. 5, n. 19949 del 6/4/2021, Rv. 281256 – 01, NOME COGNOME; sostanzialmente, nella stessa direzione Sez. 2, n. 28084 del 27/05/2021, COGNOME, non mass., e Sez. 1, n. 21908 del 18/05/2021, COGNOME, non mass.).
Tale condivisa posizione costituisce il lineare sviluppo dei principi affermati nella sede regolatrice negli ultimi anni, sia con riferimento alla considerazione che, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapport professionale tra il legale donniciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere co certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero vi si sia sottratto volontariamente (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420 – 01), sia con riferimento al principio, pur affermato in relazione alla restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla modifica operata con legge n. 67 del 28 aprile 2014, secondo cui l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, per cui tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Corollario coerente di tale impostazione è, poi, la parimenti autorevole puntualizzazione che le nullità assolute e insanabili derivanti, in giudizio celebrato in assenza, dall’omessa citazione dell’imputato e/o del suo difensore non sono deducibili con incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., in ragione dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza, ma se del caso vanno poste alla base della richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen., quando si sia determinata l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che si assuma derivata dalle nullità stesse (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931 – 01).
4. In definitiva, essendosi accertato che la motivazione con cui l’ordinanza impugnata ha respinto la richiesta del ricorrente di rescissione del giudicato, una volta depurata dell’inesatto riferimento alla notificazione a mani proprie dell’imputato dell’atto introduttivo, non si è attenuta ai principi qui ribaditi ordine alla verifica della condizione legittimante la rescissione del giudicato azionata (da chi si è dedotto essere stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420-bis cod. proc. pen., e non aver potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa per non avere avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza), relativamente alla verifica della conoscenza effettiva da parte dell’imputato del procedimento e della sentenza, il provvedimento – in accoglimento, per quanto di ragione, della doglianza articolata dal ricorrente deve essere annullato.
L’annullamento deve essere pronunciato con rinvio alla Corte di appello di Napoli, affinché essa rinnovi il giudizio sul punto verificando, con libertà valutativa, ma tenendo conto dei principi qui enucleati se, escluso l’elemento risultato erroneamente affermato e operata la completa ricognizione degli elementi effettivamente risultanti dagli atti, sussistano o meno le condizioni per riconoscere a NOME COGNOME la chiesta rescissione del giudicato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 28 marzo 2024
Il Consi liere stensore
Il Presidente