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Rescissione del giudicato: l’onere di diligenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27667/2025, ha annullato un’ordinanza che concedeva la rescissione del giudicato a un’imputata condannata in assenza. I giudici hanno stabilito che l’imputato ha un onere di diligenza nel mantenersi informato sull’andamento del processo tramite il proprio difensore di fiducia. La semplice inerzia del legale, se non accompagnata da una prova dell’impossibilità oggettiva di contattarlo, non giustifica una mancata conoscenza incolpevole del processo, ma configura una ‘colposa trascuratezza’ a carico dell’assistito, precludendo l’accesso a questo rimedio straordinario.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del giudicato: quando la negligenza del difensore ricade sul cliente?

La rescissione del giudicato rappresenta un istituto fondamentale a tutela del diritto di difesa, specialmente dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia. Tuttavia, il suo accesso non è incondizionato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 27667/2025) ha fornito chiarimenti cruciali sull’onere di diligenza che grava sull’imputato nel monitorare l’attività del proprio legale. La decisione sottolinea che la passività non è una scusante e che la mancata conoscenza del processo, per essere considerata ‘incolpevole’, deve derivare da impedimenti concreti e dimostrabili.

I Fatti del Caso: Una Condanna in Assenza e l’Abbandono del Legale

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Massa nei confronti di un’imputata processata in sua assenza. La sentenza era divenuta definitiva. Successivamente, la condannata ha presentato un’istanza alla Corte di Appello di Genova, chiedendo la rescissione del giudicato. A sostegno della sua richiesta, ha affermato di non aver mai avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico.

L’imputata aveva regolarmente nominato un difensore di fiducia ed eletto domicilio presso il suo studio. Tuttavia, questo legale non ha mai partecipato a nessuna delle udienze del processo, non ha mai impugnato la sentenza di condanna e, soprattutto, non ha mai informato la sua assistita dell’esistenza e dell’evoluzione del procedimento. L’imputata ha scoperto la condanna solo quando le è stato notificato un decreto di esecuzione pene. La Corte di Appello ha accolto la sua richiesta, revocando la sentenza. Contro questa decisione, il Procuratore Generale ha proposto ricorso per cassazione.

Il Principio di Diritto: la rescissione del giudicato non scusa la negligenza

Il Procuratore Generale ha sostenuto che l’inerzia del difensore di fiducia non integra automaticamente gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore. Al contrario, è onere dell’assistito vigilare sull’operato del proprio legale e interessarsi attivamente alle sorti del procedimento. Secondo il ricorrente, la mancata conoscenza del processo era quindi imputabile a una colposa negligenza della stessa condannata.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando l’ordinanza della Corte d’Appello. I giudici hanno ribadito che, secondo l’art. 629-bis del codice di procedura penale, per ottenere la rescissione, l’imputato deve provare di essere stato dichiarato assente senza i presupposti di legge e di non aver potuto impugnare la sentenza senza sua colpa.

Nel caso specifico, l’imputata aveva nominato un avvocato e scelto il suo studio come domicilio. Questi atti formali creano un dovere di diligenza in capo all’assistito. Non è sufficiente affermare genericamente di aver mantenuto contatti con il legale per altre vicende. L’imputata, secondo la Corte, non ha fornito alcuna prova di aver cercato attivamente notizie su quel specifico processo o di essersi trovata nell’impossibilità concreta di farlo.

La totale assenza del difensore a tutte le udienze e la mancata impugnazione della sentenza avrebbero dovuto allertare l’assistita. La sua passività si traduce in una ‘colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere’. In altre parole, la mancata conoscenza del processo è stata ritenuta imputabile alla condannata stessa, la quale non ha adempiuto al suo onere di vigilanza. Pertanto, le condizioni per concedere la rescissione del giudicato non sussistevano.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cruciale: la nomina di un difensore di fiducia non esonera l’imputato da ogni responsabilità informativa. Esiste un dovere di collaborazione e di vigilanza attiva. Per poter beneficiare della rescissione, non basta lamentare l’inerzia del proprio avvocato; è necessario dimostrare di aver fatto tutto il possibile per rimanere informati e che la mancata conoscenza è derivata da ostacoli oggettivi e insormontabili. La decisione serve da monito sull’importanza per ogni cittadino di essere parte attiva nella propria difesa processuale, anche quando assistito da un professionista.

Quando è possibile chiedere la rescissione del giudicato per un processo in assenza?
Secondo la legge, la rescissione può essere richiesta dal condannato che provi di essere stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti legali (previsti dall’art. 420-bis c.p.p.) e di non aver potuto proporre impugnazione contro la sentenza nei termini previsti, senza sua colpa.

La negligenza del difensore di fiducia ricade sull’imputato?
Sì. Secondo la Corte, l’imputato ha un onere di diligenza e vigilanza sull’operato del proprio legale. Se l’imputato non si attiva per mantenere contatti periodici e informarsi sullo sviluppo del procedimento, la mancata conoscenza del processo derivante dall’inerzia del difensore è considerata una ‘colposa trascuratezza’ imputabile all’assistito stesso.

Cosa deve dimostrare l’imputato per ottenere la rescissione del giudicato?
L’imputato non deve solo affermare di non essere stato a conoscenza del processo, ma deve offrire un principio di prova che dimostri che questa ignoranza non è dovuta a un suo colpevole disinteresse. Deve allegare circostanze concrete che gli abbiano reso impossibile o estremamente difficile assumere notizie dal professionista nominato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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