Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36288 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36288 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nata a Ta~il DATA_NASCITA rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso l’ordinanza emessa in data 09/06/2025 dalla Corte di appello di Firenz visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che si procede nella forma del contraddittorio scritto; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte depositate del Sostituto Procuratore generale, NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; preso atto che il difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, non ha depos
conclusioni scritte;
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, la Corte di appello di Firenze ha dichiar inammissibile la richiesta avanzata nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rescissione del giudicato con riferimento alla sentenza emessa nei suoi confr
in data 02/10/2019 dal Tribunale di Livorno (confermata con pronuncia della Corte di appello di Firenze del 02/05/2023 ed irrevocabile dal 07/10/2023) che l’aveva dichiarata responsabile dei delitti di rapina aggravata e lesioni personali e condannata alla pena di anni cinque mesi sei di reclusione ed euro 2.500,00 di multa.
La Corte territoriale ha ritenuto tardiva l’istanza depositata in via telematica in data 17/03/2025 non avendo il richiedente adempiuto all’onere di indicare e specificare gli elementi dimostrativi della sua tempestività.
La difesa si era infatti limitata a documentare la ricezione, il giorno 10/03/2025, della copia della sentenza di appello trasmessa dalla cancelleria su sua espressa richiesta, circostanza che presupponeva logicamente la conoscenza di tale pronuncia da parte della condannata in un’epoca precedente, ma non databile.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso in cassazione RAGIONE_SOCIALE Monteanu articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge con riferimento all’art. 603 codice di rito, nonché la mancanza, contraddittorietà e/o o manifesta illogicità della motivazione.
Secondo la Corte di appello non sarebbe stata dimostrato il momento in cui l’odierna ricorrente è venuta a conoscenza della sentenza di condanna, con conseguente impossibilità di verificare la tempestività dell’istanza.
Deduce la difesa che alla richiesta di rescissione, depositata in data 14/03/2025, era allegata prova del rispetto del termine decadenziale di 30 giorni essendo stata compiegata la comunicazione con la quale la cancelleria della Corte di appello di Firenze aveva inviato in data 10 marzo 2025 la sentenza oggetto della procedura attivata ai sensi dell’art. 629 bis cod. proc. pen., la cui trasmissione era stata avanzata dal difensore di fiducia il precedente 5 marzo 2025.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile
Il dedotto vizio di motivazione (tra l’altro genericamente proposto in via cumulativa sotto il triplice profilo della assenza, contraddittorietà e manifesta illogicità dell’apparato argomentativo) non è consentito dovendosi richiamare il principio affermato da questa Corte, nella sua composizione più autorevole, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, i vizi di motivazione indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non sono mai denunciabili con riferimento alle questioni di diritto (quale è, nella specie, il tema relativo alla tempestività
dell’istanza di rescissione rispetto al termine di legge previsto a pena di decadenza), non solo quando la soluzione adottata dal giudice sia giuridicamente corretta ma anche ove sia erronea, essendo, in tale ipotesi, necessario dedurre come motivo di ricorso l’intervenuta violazione di legge (SU, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-05).
Nel caso in esame tale tipologia di vizio è stata dedotta, ma in maniera inconferente essendosi prospettata l’inosservanza dell’art. 603 cod. proc. pen., la quale disciplina l’istituto della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale nel giudizio di appello che nulla ha a che vedere con quello della rescissione del giudicato, mezzo di impugnazione straordinario esperibile solo all’esito della definitività del giudizio di merito.
3. Il ricorso è comunque manifestamente infondato.
L’art. 629bis, comma 2, cod. proc. pen, come novellato dalla c.d. riforma Cartabia, stabilisce che il termine di 30 giorni previsto, a pena di decadenza, per la presentazione dell’istanza di rescissione decorre dal “momento della avvenuta conoscenza della sentenza” e non più “dal momento della conoscenza del procedimento”.
Questa Corte (Sez. 2, n. 14510 del 08/01/2025, COGNOME, Rv. 287945) ha già chiarito, con opzione ermeneutica da ribadirsi in questa sede, come, anche a seguito della modifica introdotta dall’art. 37, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il termine in questione deve farsi decorrere dal momento in cui il condannato ha avuto contezza, non già del contenuto della sentenza o degli atti processuali su cui essa si fonda, ma degli estremi del provvedimento che ha definito il giudizio, dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso e della condanna inflitta, uniche informazioni necessarie non solo per comprendere la circostanza relativa alla avvenuta celebrazione di un definitivo processo a suo carico, ma anche per potere utilmente individuare la Corte territoriale alla quale rivolgersi per attivare il rimedio dell’impugnazione straordinaria e indicarne il preciso oggetto.
Del tutto ininfluente, ai fini dell’esperimento della procedura di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., è, invece, la cognizione sia dell’intero apparato motivazionale della sentenza irrevocabile concernente l’affermazione del giudizio di responsabilità e degli atti processuali su cui esso si fonda, ciò per l’evidente ragione che i presupposti dell’istituto della rescissione del giudicato non attengono al merito del giudizio (diversamente dallo strumento della revisione) ma sono, invece, àncorati al solo profilo della mancata conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza di condanna e, dunque, al di là degli specifici accertamenti in esso compiuti, della sua effettiva celebrazione e conseguente definitività.
La modifica normativa che ha sostituto la locuzione” procedimento” con quella di “sentenza” è solo indice del fatto che il legislatore ha inteso individuare, in favor rei e con maggiore necessaria certezza, il dies a quo del termine decadenziale di 30 giorni indicandolo nel momento in cui il condannato abbia avuto contezza non già di un qualche atto tale da porlo in qualche a conoscenza della vicenda penale a suo carico in fase sub iudice, bensì della effettiva esistenza (al di là del suo contenuto valutativo) del provvedimento che ha definitivamente concluso il giudizio.
La giurisprudenza di legittimità ha inoltre affermato che, in tema di rescissione del giudicato, l’istante è tenuto ad allegare in modo rigoroso gli elementi idonei a comprovare la tempestività della domanda rispetto al momento dell’effettiva conoscenza della esistenza della sentenza di condanna a suo carico (Sez. 5, n. 17171 del 23/01/2024, Raileanu, Rv. 286252; Sez. 2, n. 7485 del 18/01/2018, Tacuri, Rv. 272468), non potendo valere la mera allegazione di una data non verificabile in alcun modo e non suffragata da alcun dato di tipo oggettivo. Si è condivisibilmente sottolineato che, escludendo un simile dovere di allegazione, si finirebbe per lasciare all’assoluta discrezionalità del condannato la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento impugnato, sulla base della propria personale utilità, aggirando in tal modo la disciplina posta dall’art. 629-bis cod. proc. pen., che prevede, a pena di inammissibilità, tempi brevi per l’impugnazione di un provvedimento già divenuto irrevocabile e, quindi, per travolgere il giudicato.
Posti tali principi, nel caso in esame, come correttamente affermato dalla Corte di appello, non risulta compiegato alla richiesta di rescissione alcun elemento di carattere oggettivo sulla base del quale potere verificare la tempestività dell’istanza, la comunicazione mail allegata all’istanza comprova la ricezione, da parte del difensore della odierna ricorrente, di copia della sentenza in data 10/03/2025 e tale circostanza dimostra, sul piano logico, una conoscenza della esistenza della stessa in data antecedente, ma non esattamente individuabile sul piano temporale.
Né il momento della effettiva conoscenza della esistenza della sentenza di condanna può ragionevolmente ricavarsi dalla richiesta di trasmissione di tale pronuncia avanzata dal difensore di fiducia in data 05/03/2025 (come documentato in allegato al presente ricorso), al contrario tale circostanza dimostra che la ricorrente aveva già appreso della esistenza del provvedimento di condanna in epoca ancora più antecedente (tanto è vero che la richiesta in questione avanzata via mail reca nella parte relativa all’oggetto il n. della sentenza indicato in 2014/2023), ma pur sempre non databile al fine di verificare il rispetto del termine decadenziale di 30 giorni.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende Così deciso il 21/10/2025