Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44089 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44089 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Milano il 22/07/1981
avverso l’ordinanza del 22/04/2024 della Corte d’appello di Milano letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore e procuratore speciale di NOME COGNOME COGNOME ha proposto ricorso ex art. 629 bis cod. proc. pen. avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Milano ha rigettato l’istanza di rescissione del giudicato presentata nell’interesse del condannato avverso la sentenza del Tribunale di Milano, emessa il 20 novembre 2020 all’esito di un processo celebrato in assenza e divenuta definitiva il 18 febbraio 2021.
Con un unico motivo denuncia la violazione degli artt. 629 bis cod. proc. pen. e 28 disp. att. cod. proc. pen. e la manifesta illogicità della motivazione per
avere la Corte di appello dato per presupposta la conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, inizialmente assistito da un difensore di fiducia con il quale però non aveva avuto alcun contatto, nonostante le notificazioni di tutti gli atti fossero state regolarmente eseguite presso il suo studio.
Il processo si è, infatti, svolto in assenza dell’imputato, che è stato assistito da un difensore di ufficio, in quanto il difensore di fiducia, presso il quale aveva eletto domicilio, lo aveva lasciato privo di assistenza, tant’è che all’udienza del 4 dicembre 2019 il Tribunale riteneva ingiustificato l’abbandono della difesa e lo deferiva all’ordine degli Avvocati, disponendo la nomina di un difensore di ufficio: nomina non comunicata all’imputato, a differenza di quanto prevede l’art. 28 disp. att. del codice di rito.
La Corte di appello ha ritenuto sufficiente a fondare la conoscenza legale del processo la circostanza che la citazione in giudizio fosse stata regolarmente notificata al domicilio eletto dall’imputato presso il difensore di fiducia nominato, senza preoccuparsi di verificare l’effettiva instaurazione del rapporto professionale tra imputato e difensore, specie a fronte dell’abbandono della difesa, e sostenendo l’insussistenza dell’obbligo dell’autorità giudiziaria di comunicare il provvedimento adottato nei confronti del difensore di fiducia e la nomina di quello d’ufficio.
Si censura la motivazione anche alla luce della riforma del 2022, che ha modificato l’art. 420 bis cod. proc. pen. richiedendo, per procedere in assenza dell’imputato, la notifica dell’atto introduttivo del giudizio a mani proprie o a persona allo scopo delegata al fine di rendere effettiva la conoscenza del processo, sicché anche la nomina del difensore di fiducia è insufficiente in assenza di prova della effettività del rapporto professionale. Nel caso di specie è stata fornita prova in tal senso, risalendo la nomina al 2017 ed essendosi il difensore disinteressato del processo a carico dell’assistito. Si censura anche la mancata comunicazione all’imputato della nomina del difensore d’ufficio disposta dal Tribunale e ritenuta corretta dalla Corte di appello, che, invece, ha privato l’imputato della facoltà di scegliere un nuovo difensore, specie considerando l’assenza di qualsiasi contatto con il difensore di ufficio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
1.1. La Corte di appello ha desunto la conoscenza legale del procedimento da parte dell’imputato dalla nomina del difensore di fiducia presso il quale l’imputato aveva eletto domicilio e dalla regolarità della notificazione del decreto di citazione a giudizio presso il domicilio eletto, quale condizione legittimante la celebrazione del processo in assenza ai sensi dell’art. 420- bis cod. proc. pen.,
nella formulazione del 2014, ritenendo insussistente a carico del giudice, in presenza di nomina fiduciaria, un onere di verifica dell’effettiva instaurazione di un rapporto professionale e di informazione, dovendo l’imputato mantenere i contatti con il difensore e provare le circostanze che glielo abbiano impedito: prova mancante nel caso di specie, avendo, anzi, lo stesso istante ammesso che le notificazioni, anche dei rinvii di udienza, erano state regolarmente eseguite al domicilio eletto presso il difensore di fiducia.
La Corte di appello ha aggiunto che la mancata conoscenza del processo non poteva desumersi dalla mancata presenza del difensore di fiducia alla prima udienza e alle successive, anche in mancanza di una dichiarazione di rinuncia al mandato, dovendo, al contrario, ritenersi che la mancata presentazione del difensore fosse da ascrivere all’interruzione dei contatti da parte dell’assistito resosi irreperibile; ha, inoltre, escluso che il giudice avrebbe dovuto informare l’imputato della sostituzione del difensore, trattandosi di adempimento non previsto dall’art. 420-bis c.p.p., che dispone che, se il difensore non è presente, il giudice provvede ai sensi dell’art. 97, comma 4, c.p.p. e il processo prosegue alla stessa udienza senza necessità di dare avviso all’imputato.
Il ragionamento della Corte di appello è ancorato a dati formali ed astratti, senza alcuna verifica concreta dell’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato.
Premesso che anche in tema di rescissione del giudicato, l’effettiva conoscenza del processo, che legittima il giudizio in assenza, deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, contenente la descrizione del fatto oggetto della imputazione, della data e del luogo di svolgimento del giudizio, la valutazione della Corte di appello non è in linea né con i principi affermati da questa Corte in tema di procedimento in assenza, ancor prima della riforma del 2022, né con quelli, strettamente connessi, fissati in tema di rescissione del giudicato.
Il presupposto per procedere in assenza, già alla luce della disciplina previgente, era stato individuato in «una situazione di piena conoscenza personale (o comprovato rifiuto) della chiamata in giudizio» (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, deo. 2020, Ismail, Rv. 279420), fondando, quindi, sulla conoscenza effettiva, non solo presunta né meramente legale della chiamata in giudizio, la condizione idonea a far ritenere che l’assenza dell’imputato all’udienza fosse dovuta ad una scelta volontaria e consapevole.
A tal fine si precisava che i cd indici di conoscenza del processo devono essere dotati di caratteri di effettività rispetto alle modalità con le quali sono realizzati, sicché l’elezione domicilio deve essere “seria” e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero
essere indirizzati gli atti e anche la nomina del difensore di fiducia deve essere effettiva essendo, quindi, necessario verificare se gli imputati siano effettivamente, venuti a conoscenza della vocatio in iudicium oppure, se nonostante «le formalmente regolari notifiche» presso il domiciliatario, gli imputati non abbiano alcuna consapevolezza dell’inizio del processo a loro carico.
Era stato, inoltre, chiarito che la volontaria sottrazione alla conoscenza del processo richiede «condotte positive», da acclarare tramite «un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta», non potendosi fare «rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali la irreperibilità, il domicilio eletto etc.»; era stata, altresì, sottolineata la necess di non esasperare «il concetto di “mancata diligenza”» informativa dell’imputato «sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza», poiché ciò equivarrebbe al ritorno alle «vecchie presunzioni» che si era inteso superare già prima della più recente novella (Sez. U, n. 23948/2019, dep. 2020, cit.).
Principi, questi, ulteriormente rafforzati dalla nuova normativa, che ha modificato l’art. 420-bis codice di rito ed elevato il livello di garanzie per l’imputato assente, prevedendo che il processo possa svolgersi in assenza quando esistono elementi idonei a dare certezza del fatto che egli è a conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza è dovuta a una sua scelta volontaria e consapevole.
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche risulta evidente l’erronea valutazione delle circostanze di fatto e dei presupposti legittimanti la celebrazione del processo in assenza, atteso che la nomina del difensore di fiducia era avvenuta in una fase iniziale del procedimento, ancora fluida e non necessariamente destinata a sfociare in iniziativa processuale con citazione a giudizio, e che alla citazione a giudizio, notificata presso il difensore domiciliatario, non aveva fatto seguito la partecipazione al giudizio né dell’imputato né del difensore di fiducia, rimasto assente per l’intera durata del processo, tanto da indurre il giudice a deferirlo al Consiglio dell’ordine per abbandono della difesa.
La contestuale nomina di un difensore di ufficio non risulta comunicata all’imputato, che con lo stesso non aveva avuto alcun contatto.
La sequenza descritta dimostra che nessuna verifica ha compiuto il giudice di merito in ordine alla certa conoscenza del processo da parte dell’imputato e alla sua inequivoca e non presunta rinuncia a presenziarvi; dimostra, altresì, che la Corte di appello si è accontentata della conoscenza legale del processo e ritenuto non provata l’incolpevole mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato, ma in tal modo ha eluso il dovere di controllo imposto al giudice
della rescissione, cui sono demandati controlli non solo formali, ma anche sostanziali, sui dati fattuali dai quali desumere la conoscenza della celebrazione del processo, senza incontrare limitazioni nella conduzione dell’accertamento, non rinvenibili nella disciplina testuale, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric).
Nell’affrontare casi analoghi a quelli in esame, nei quali la nomina fiduciaria risaliva alla fase delle indagini preliminari con elezione di domicilio presso il difensore, che aveva poi rinunciato al mandato o si era cancellato dall’albo e non vi era prova del fatto che l’imputato ne fosse stato informato, in applicazione dei principi prima indicati questa Corte ha escluso l’idoneità della circostanza a dimostrare l’effettiva conoscenza della pendenza del processo e della chiamata in giudizio, non potendo la mancanza di conoscenza, durata fino al momento in cui non era stata posta in esecuzione la sentenza di condanna, ritenersi “colpevole” (Sez. 5, n. 809 del 28/09/2023, dep. 2024, P.m. c/Lleshi, Rv. 285780 e Sez. 5, n. 19949 del 06/04/2021, COGNOME, Rv. 281256).
Ancora di recente è stato affermato che la circostanza che l’imputato abbia nominato un difensore di fiducia nel corso delle indagini preliminari ed abbia eletto domicilio presso il suo studio non costituisce indice dell’effettiva conoscenza della pendenza del processo e della “vocatio in iudicium” notificata presso il domiciliatario, quando il difensore abbia rinunciato al mandato a seguito della definitiva perdita di contatti con l’imputato. In motivazione la Corte ha, altresì, statuito che la negligenza informativa dell’imputato, che non abbia mantenuto i contatti con il proprio difensore e si sia reso di fatto irreperibile, non costituisce di per sé prova della volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo, valorizzabile ex art. 420-bis, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 24729 del 07/03/2024, COGNOME, Rv. 286712).
Il formalismo della decisione impugnata emerge nettamente, specie a fronte di una nomina fiduciaria risalente alla fase delle indagini preliminari e dell’accertato abbandono della difesa da parte del difensore di fiducia domiciliatario, la cui condotta è stata ritenuta giustificata dal disinteresse dell’imputato e dalla interruzione dei contatti con il difensore, facendo, quindi, derivare dalla negligenza informativa dell’imputato la conferma della scelta volontaria di non avere conoscenza del processo, invece, assolutamente non desumibile dalla nomina effettuata in una fase iniziale del procedimento, non del processo, e dalla mera notizia dell’esistenza dello stesso né correlata all’uso strumentale delle facoltà dell’imputato per sottrarsi al processo, della cui pendenza non era stato informato dal domiciliatario, che addirittura lo aveva lasciato privo di assistenza.
Per le ragioni esposte l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio. Contestualmente va revocata la sentenza emessa dal Tribunale di Milano il 20 ,
novembre 2020 nei confronti del ricorrente, sospendendone l’esecuzione, e conseguentemente disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Revoca la sentenza n. 9168 emessa dal Tribunale di Milano in data 20 novembre 2020 nei confronti dinbbasi COGNOME ne sospende l’esecuzione e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.
Così deciso, 23 ottobre 2024
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