Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14460 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14460 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 04/08/1970
avverso l’ordinanza del 29/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME e finalizzata alla rescissione del giudicato formatosi per effetto della sentenza emessa il 23/06/2022 dal Tribunale di Pisa, divenuta irrevocabile il 07/11/2022 e con la quale l’istante era stato condannato in ordine al reato previsto dall’art.186 C.d.s., con irrogazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida.
La Corte territoriale ha premesso che il prevenuto aveva dedotto di essere venuto a conoscenza della pendenza del procedimento solo a seguito della notifica del suddetto provvedimento di revoca della patente, avvenuta il 18/06/2024; che, a seguito del verbale di accertamento urgente sulla persona finalizzato alla verifica dello Stato di alterazione psicofisica conseguente all’uso di bevande alcoliche, avvenuto il 23 Marzo 2018, era stato nominato quale difensore d’ufficio l’Avv. NOME COGNOME e che, da questo momento in avanti, il ricorrente aveva dedotto di non aveva ricevuto alcuna comunicazione ulteriore in merito al procedimento; che, pertanto, la difesa aveva chiesto la rescissione del giudicato ovvero, in via subordinata, la remissione in termini ai fini della presentazione dell’atto di impugnazione.
La Corte ha altresì evidenziato che, in sede di memoria difensiva il ricorrente aveva esposto che la notifica del decreto di citazione diretta a giudizio non si era perfezionata per irreperibilità del destinatario e che, di conseguenza, l’atto era stato notificato al difensore d’ufficio senza ulteriori ricerche, svolgendosi poi il processo nello stato di assenza dell’imputato.
La Corte territoriale ha evidenziato che l’imputato era stato posto nelle condizione di avere conoscenza del procedimento a suo carico e che è lo stesso aveva posto colpevolmente in essere un atteggiamento di disinteresse nei confronti del processo; rilevando che dagli atti si evinceva che il prevenuto aveva eletto domicilio al momento dell’identificazione presso la propria residenza sita in Cascina (Pisa) alla INDIRIZZO; che, conseguentemente era stato nominato un difensore d’ufficio nella persona dell’Avv. COGNOME la quale aveva fornito al prevenuto indirizzo e numero di telefono cellulare; che la notifica dell’atto di citazione doveva ritenersi regolare, essendo l’imputato irreperibile presso il domicilio eletto e che tale notifica non era andata a buon fine per un colpevole difetto di comunicazione da parte dell’imputato il quale aveva omesso di rendere noto il mutamento della propria residenza.
Ha quindi ritenuto non sussistenti i presupposti previsti dall’articolo 420bis del codice di procedura penale e dunque gli estremi per la rescissione
del giudicato e nemmeno quelli per la remissione in termini attesa la correttezza delle comunicazioni concernenti le vicende processuali riguardanti l’imputato.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. – la inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 161, comma 4, 420bis e 420quater, 179, comma 1, 604, comma 5bis cod.proc.pen., nonché, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – la carenza e illogicità della motivazione in riferimento agli artt. 161, comma 4, 420bis, 420quater e 629bis, cod.proc.pen..
Il ricorrente ha premesso che l’assenza di contatti tra il designato difensore d’ufficio e l’imputato era da ritenersi confermata dal fatto che il professionista non avesse impugnato la sentenza di primo grado neanche relativamente alle pene accessorie; ha ritenuto che l’inidoneità del domicilio ritualmente eletto, in caso di procedimento a carico di imputato straniero che non avesse provveduto alla nomina di un difensore di fiducia, non avrebbe consentito una corretta dichiarazione di assenza dell’imputato in presenza di una notifica eseguita ai sensi dell’articolo 161, comma quarto, cod.proc.pen.; Ha quindi ritenuto che in assenza della prova di una effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra imputato e difensore d’ufficio, il tribunale procedente aveva omesso di accertare l’effettiva consapevolezza dell’esistenza di un procedimento penale a carico del prevenuto con la conseguenza che lo stesso non era stato messo nella condizione di conoscere il procedimento né di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Il testo dell’art.629bis cod.proc.pen., inserito dall’art.1, comma 71, della I. 23 giugno 2017, n.103, prevedeva – nella originaria formulazione e nel testo vigente ratione temporis (applicabile in caso di dichiarazione di assenza pronunciata anteriormente al 10 novembre 2022, data di entrata in vigore della riforma contenuta nel d.lgs. 10/10/2022, n.150, ai sensi della
disposizione transitoria contenuta nell’art.89, comma 1) – che il condannato con sentenza definitiva e dichiarato assente per tutta la durata del processo potesse ottenere la rescissione del giudicato «qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo»; disposizione rispetto alla quale il vigente testo dell’art.629b1s cod.proc.pen. fa riferimento alla condizione rappresentata dall’intervenuta dichiarazione di assenza in mancanza dei presupposti previsti dall’art.420bis cod.proc.pen. e all’imputato che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza senza sua colpa «salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza».
Mentre il precedente testo dell’art,625ter cod.proc.pen. – da ritenere applicabile al presente giudizio in virtù della citata disposizione transitoriaprevedeva che «il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo».
Allo scopo di ritenere dimostrata la conoscenza del procedimento, la Corte di appello di Firenze ha richiamato l’elezione di domicilio e la nomina del difensore intervenute nell’ambito del procedimento.
Tali adempimenti sono stati eseguiti nel verbale di identificazione del 23/03/2018, ossia in atto compiuto nell’ambito del procedimento e prima della formulazione di una ipotesi accusatoria nei confronti dell’indagato.
A proposito dei presupposti per la legittima dichiarazione di assenza dell’imputato che abbia eletto domicilio, va richiamato il principio generale affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nella prospettiva della valorizzazione della effettività della conoscenza del procedimento, hanno avuto modo di precisare che «ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. (Principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4bis, cod. proc. pen. ad opera della
legge 23 giugno 2017, n. 103)». (Sez. U, n. 23948 de/ 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420).
Con riferimento più specifico alla fattispecie di interesse nella presente sede, ossia alla rilevanza dell’elezione di domicilio ai fini della dimostrazione della conoscenza del procedimento, rileva l’ulteriore principio secondo il quale «In tema di rescissione del giudicato, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell’atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorché a mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l’atto. (In motivazione la Corte ha precisato che, nel caso di sopravvenuta impossibilità di notifica al domicilio eletto o dichiarato, la notifica della vocatio in iudicium, effettuata ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod.proc.pen., in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell’imputato)» (Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279680; in senso conforme, Sez. 1, n. 47373 del 12/11/2024, COGNOME, Rv. 287291).
Il percorso motivazionale seguito da questa Corte negli arresti ora menzionati viene qui condiviso e fatto proprio.
E’ stato, infatti precisato che «l’art. 629bis, comma 1, cod. proc. pen. con argomentazione estensibile anche al previgente art.625ter cod.proc.pen., al pari del precedente art. 420bis, comma 4, assegna rilievo alla mancata conoscenza del «processo», con ciò presupponendo la formalizzazione di un’accusa ed il deferimento a giudizio dell’interessato»
La mancata conoscenza del processo, infatti, rileva nel solo caso in cui l’imputato vi si sia volontariamente sottratto e solo in tal caso la mancata conoscenza può essere definita «colpevole», con conseguente rilevanza ai fini della rescissione del giudicato.
In tal senso, vengono sono state richiamate te fonti sovranazionali per come interpretate dalla Corte EDU competenti (sentenza 18/05/2004, RAGIONE_SOCIALE; sentenza 10/11/2004, Sejdovic c. Italia) e recepite nell’ordinamento interno (art. 19 legge 27 maggio 2015, n. 69).
Con argomentazione qui condivisa è stato affermato che la presunzione relativa di conoscenza operante in conseguenza dell’elezione di domicilio si applica solo nel caso in cui la notificazione della vocatio in iudicium sia avvenuta presso il domicilio indicato, anche se non a mani del destinatario,
ma di altro soggetto legittimato a ricevere l’atto (familiare convivente, portiere dello stabile, collaboratore domestico, dipendente e così via).
Solo in questa ipotesi, infatti, «in ragione della stretta relazione intercorrente tra l’imputato e colui che, per esso, ha ricevuto l’atto, è
ragionevole presumere che il primo ne sia venuto a conoscenza, sì da ritenere giustificato l’onere, a suo carico, di dimostrare il contrario».
Analoga presunzione non opera nel caso in cui, a causa dell’impossibilità
di notificazione di tale atto nel domicilio eletto o dichiarato, la stessa venga effettuata presso il difensore, di fiducia o d’ufficio ai sensi dell’art. 161,
comma 4, cod. proc. pen., atteso che in questa ipotesi la notificazione avviene in luogo diverso dal domicilio.
Da ciò discende che, tenuto conto della funzione essenziale della vocatio
in iudicium
«ai fini dell’esercizio del potere giurisdizionale e punitivo dello
Stato nei confronti del cittadino», la notificazione della stessa ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., «quantunque formalmente
regolare, non può dirsi satisfattiva dell’ineludibile esigenza di certezza della compiuta conoscenza del processo da parte dell’accusato».
E ciò fatta salva l’ipotesi, però non presa in considerazione dalla Corte territoriale nell’ordinanza impugnata, in base alla quale, la mancata conoscenza del processo celebrato in assenza assume rilievo per l’esperibilità del rimedio della rescissione solo qualora sia “incolpevole”, dovendosi, invece, ritenere sussistenti profili di colpa nel caso in cui l’indagato o l’imputato, pur a fronte della nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, erroneamente eseguita al difensore in qualità di domiciliatario, non si sia attivato autonomamente per mantenere col predetto i contatti periodici essenziali per essere informato dello sviluppo del procedimento.
Da quanto esposto, discende l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Firenze che si atterrà, nel valutare l’istanza di rescissione del giudicato, ai principi sin qui richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Firenze, per nuovo esame.
Così deciso il 28 marzo 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente