Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21914 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21914 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
– Presidente –
NOME
CC – 21/05/2025 R.G.N. 8254/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Sassuolo il 22/10/1985 assistito e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza in data 18/9/2024 della Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 18 settembre 2024, la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’istanza di rescissione del giudicato formulata nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della medesima Corte di appello del 19 dicembre 2022, divenuta irrevocabile il 4 aprile 2023.
Ricorre per Cassazione avverso il predetto provvedimento il difensore del condannato deducendo con motivo unico: violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 420-bis e 629-bis cod. proc. pen. nonchØ artt. 24 Cost. e 6 CEDU.
Evidenzia, al riguardo, la difesa del ricorrente che in data 31 maggio 2024 veniva eseguito a carico dell’Halilovic un ordine esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona e che solo in tale occasione il destinatario apprendeva dell’esistenza della sentenza della Corte di appello di Venezia sopra indicata.
In relazione a detto procedimento, nell’immediatezza dei fatti in contestazione era stato redatto verbale di identificazione e l’COGNOME aveva nominato quale proprio difensore di fiducia l’avv. NOME COGNOME del Foro di Bologna presso lo studio del quale aveva anche eletto domicilio.
L’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen. era stato quindi notificato presso lo studio di detto difensore il quale, peraltro, non avendolo mai difeso in precedenza non era stato in grado di contattare il proprio assistito e, per tale ragione, rinunciava al mandato (parte ricorrente ha allegato una dichiarazione resa dal menzionato avv. COGNOME;
Al momento dell’emissione del decreto di citazione a giudizio veniva quindi nominato
all’imputato un difensore di ufficio il quale, impossibilitato a sua volta a contattare il proprio assistito, deduceva la nullità delle notificazioni eseguite nei confronti dello stesso al fine della dichiarazione di assenza dell’COGNOME.
Detta eccezione di nullità era stata anche rinnovata in sede di appello ma respinta, con la conseguenza che la sentenza di condanna emessa della Corte di appello Ł divenuta irrevocabile.
L’istanza di rescissione del giudicato veniva quindi presentata il 15 giugno 2024 e rinnovata il 24 giugno 2024, avendo il difensore solo in quest’ultima data appreso delle specifiche tecniche per il deposito degli atti innanzi alla Corte di appello.
In data 18 settembre 2024 veniva celebrata la relativa udienza e la Corte di appello riservava la propria decisione.
PoichØ il successivo 11 ottobre il difensore non aveva ancora avuto notizie circa lo scioglimento della riserva sulla decisione, veniva inoltrata alla Corte di appello una richiesta di informazioni e la cancelleria in data 22 ottobre rispondeva che la riserva non era ancora stata sciolta.
In data 30 ottobre 2024 veniva, infine, notificato il provvedimento di rigetto della istanza di rescissione del giudicato che riportava la data di deposito in cancelleria del 24 settembre 2024.
Tutto ciò premesso, rileva la difesa del ricorrente che la decisione impugnata Ł basata solo sul fatto che l’imputato aveva eletto domicilio presso il proprio difensore di fiducia e che la Corte di appello avrebbe erroneamente affermato che non erano state effettuate allegazioni di circostanze fattuali in merito alla vicenda procedimentale.
A ciò si aggiunge, prosegue la difesa del ricorrente, che:
il mandato difensivo sul quale si fonda la presunzione di conoscenza dello stesso da parte dell’imputato non era di fatto stato concluso non essendovi stata una corretta instaurazione del rapporto professionale, oltretutto risalente alla fase delle indagini preliminari;
occorre distinguere tra conoscenza del procedimento e conoscenza del processo dato che, avendo il difensore di fiducia rinunciato al mandato prima dell’emissione del decreto di citazione a giudizio, non vi sarebbe alcuna presunzione di conoscenza del processo da parte dell’COGNOME;
in relazione alla conoscenza del processo vi sarebbe stata una inammissibile inversione dell’onere della prova;
la rilevanza della nomina di un difensore di fiducia Ł solo uno degli elementi indicati dall’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen. valutabile dal Giudice in ordine alla conoscenza del processo;
nel caso di specie sarebbe ravvisabile in capo all’odierno ricorrente una incolpevole mancata conoscenza del processo non potendosi ritenere come unico elemento contro l’odierno ricorrente il difetto di diligenza dell’COGNOME di attivarsi prontamente;
le stesse Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno chiarito che il processo in absentia non prevede alcuna forma di presunzione legale di conoscenza ma solo la volontaria sottrazione alla conoscenza.
Per tutte le ragioni sopra indicate, la difesa del ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con contestuale annullamento anche della sentenza n. 1721/2020 emessa in data 27 novembre 2020 dal Tribunale di Verona.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato.
Rileva, infatti, l’odierno Collegio che la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione del condivisibile principio enunciato da questa Corte di legittimità secondo il quale «In tema di rescissione del giudicato, non costituisce indice di effettiva conoscenza del processo la nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio compiuta nella fase delle indagini preliminari, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato, ove non vi sia prova che la rinuncia sia stata comunicata all’imputato e non ricorrano elementi concreti da cui desumere che questi abbia avuto notizia della ” vocatio in iudicium “» (In motivazione la Corte ha precisato che la negligenza informativa dell’imputato non costituisce di per sØ prova della volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo). (Sez. 6, n. 24729 del 07/03/2024, COGNOME, Rv. 286712 – 01).
Infatti, come affermato anche nella sentenza sopra citata, va ribadito che, in tema di rescissione del giudicato, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di ” vocatio in iudicium “.
In tal senso assumono rilievo i principi affermati dalle Sezioni Unite ‘Innaro’ di questa Corte (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019 Rv. 275716), innanzitutto quanto al concetto di «effettiva conoscenza del procedimento» che, applicato alla disposizione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella previgente formulazione (introdotta dal dl. 21 febbraio 2005, n. 17, conv. dalla legge 22 aprile 2005, n. 60, e poi modificata con la piø ampia novella n. 67 del 2014), ha condotto a delineare i confini di ammissibilità del processo in absentia , in termini coerenti con le indicazioni provenienti anche dalla normativa e dalle pronunce delle Corti sovranazionali.
In detta sentenza si Ł spiegato come, ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla modifica operata con legge n. 67 del 28 aprile 2014, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, sicchØ tale non può ritenersi la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l’imputato non deve avere rinunciato a comparire, ovvero a proporre impugnazione, oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza.
Dunque, una ineliminabile necessità che l’accusato abbia conoscenza del processo – e non soltanto dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico – e del provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, contenente la descrizione del fatto oggetto della imputazione e della data e del luogo di svolgimento del giudizio.
Una conoscenza effettiva, non meramente legale e nemmeno, come si dirà, presunta.
In tale contesto si pongono le situazioni tipizzate nell’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., nel testo vigente prima della entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, e, in particolare, la valenza, ai fini della dichiarazione di assenza, degli indici sintomatici costituiti dalla dichiarazione od elezione di domicilio, dall’applicazione di misure precautelari che abbiano portato alla udienza di convalida o la sottoposizione a misura cautelare, dalla nomina di un difensore di fiducia.
Secondo le citate Sezioni Unite “Innaro” all’«inottemperanza all’onere di informazione che deriva dalle situazioni tipizzate 420-bis, cod. proc. pen.», consegue una presunzione relativa di volontaria sottrazione alla conoscenza del processo, come desumibile agevolmente dal disposto simmetrico degli artt. 420-bis, comma 4, e 629-bis, comma 1, cod. proc. pen., che onerano l’interessato (rispettivamente, imputato o condannato) della dimostrazione di una sua «incolpevole mancata conoscenza del processo», con ciò ponendo una chiara distinzione tra conoscenza del procedimento e conoscenza del processo.
Si tratta di principi ripresi e sviluppati ulteriormente dalle Sezioni Unite ‘COGNOME‘ (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, in motivazione), secondo cui l’art. 629-bis cod. proc. pen. si pone
in stretta correlazione con le previsioni dell’art. 420-bis cod. proc. pen. e offre una forma di tutela all’imputato non presente fisicamente in udienza, mediante la possibilità di proposizione di un mezzo straordinario di impugnazione, che realizza la reazione ripristinatoria del corretto corso del processo per situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, in dipendenza dell’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo stesso, che non siano state intercettate e risolte in precedenza in sede di cognizione.
Ignoranza, hanno spiegato le Sezioni Unite, che non deve essere a lui imputabile, nØ come voluta diserzione delle udienze, nØ come colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere. Secondo le Sezioni Unite da ultimo citate, «l’art. 629-bis cod. proc. pen. attribuisce al giudice della rescissione il compito di valutare la sintomaticità dei comportamenti tenuti dall’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo, specie nel caso in cui abbia avuto cognizione della pendenza del procedimento, senza instaurare alcun automatismo in riferimento alle condizioni che, ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen., autorizzano il giudice della cognizione a procedere in sua assenza».
In altri termini, l’art. 629-bis Ł esperibile a prescindere dalla correttezza degli accertamenti condotti in fase di cognizione per procedere in assenza, con la conseguenza che, al di fuori di ogni presunzione, anche l’imputato dichiarato assente nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen. Ł legittimato ad allegare l’ignoranza del processo a lui non imputabile.
In tale senso, chiariscono le Sezioni Unite, il giudice della rescissione ha ampi e sostanziali poteri accertativi sui dati fattuali da cui desumere la conoscenza del processo ovvero l’ignoranza colpevole. Il quadro di riferimento Ł stato ulteriormente precisato dalle Sezioni Unite ‘Ismail’ (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Rv. 279420) secondo cui:
il processo in assenza non costituisce una sanzione;
i cd. indici di conoscenza del processo fanno riferimento a situazioni che necessitano di caratteri di effettività rispetto alle modalità con cui sono realizzate;
rileva, a tal fine, la efficacia della scelta del domicilio, le modalità di realizzazione del rapporto con il difensore di fiducia che accetti la nomina;
l’elezione domicilio deve essere “seria” e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti;
anche la nomina del difensore di fiducia deve essere effettiva essendo, quindi, necessario «verificare se gli imputati siano effettivamente, venuti a conoscenza della vocatio in iudicium oppure se, nonostante «le formalmente regolari notifiche» presso il domiciliatario, gli imputati non abbiano alcuna consapevolezza dell’inizio del processo a loro carico;
della volontaria sottrazione alla conoscenza del processo vi deve essere una traccia “positiva” all’esito di un necessario accertamento in fatto.
Se, dunque, dubbi non possono sussistere quanto alla “colpevole mancata conoscenza del processo” nei casi in cui l’imputato si sottragga deliberatamente al processo, meno agevoli sono i casi in cui all’imputato può al piø muoversi una negligenza costituita dal mancato contatto con il difensore al fine di assumere informazioni sullo sviluppo del procedimento ovvero sul processo.
Il tema attiene, in generale, al rapporto tra onere di informazione e di attivazione dell’imputato che abbia nominato un difensore di fiducia, presso il quale ha dichiarato o eletto domicilio, e diritto alla effettiva conoscenza del processo.
In sostanza questa Corte di legittimità ha evidenziato, che l’art. 629-bis cod, proc. pen. attribuisce al giudice della rescissione il compito di valutare la sintomaticità in tal senso dei comportamenti tenuti all’imputato rimasto assente nel corso dell’intero processo, soprattutto nel caso in cui questi abbia avuto cognizione della pendenza del procedimento, senza instaurare però alcun automatismo in riferimento alle condizioni che, ai sensi dell’art. 420-bis c.p.p., autorizzano il giudice
della cognizione a procedere in sua assenza (così testualmente, Sez. 5, n. 31201 del 15/09/2020, COGNOME, Rv. 280137, in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del giudice distrettuale che aveva ritenuto che l’imputato versasse in stato di colpevole ignoranza in merito alla celebrazione del giudizio, per il solo fatto di non aver mantenuto i contatti con il difensore d’ufficio presso il quale aveva eletto domicilio all’atto della identificazione; nello stesso senso, Sez. 3, n. 49800 del 17/07/2018, T, Rv. 274304; Sez. 5, n. 19949 del 06/04/2021, Rv. 281256; Sez. 1, n. 27629 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 281637).
Dunque, ampi e doverosi poteri accertativi al fine di verificare se e in che termini si sia o meno in presenza di una finta mancata conoscenza del processo, ma nessun automatismo, nessuna presunzione, nessuna esasperazione dell’onere di informazione, nessuna eccessiva estensione degli oneri di diligenza e di attivazione dell’imputato o del condannato – al fine di essere messo a conoscenza dell’accusa nei suoi confronti – in ragione della nomina di un difensore di fiducia, con elezione di domicilio presso lo studio di questi, conferita in una fase non già di vocatio in iudicium , quanto, piuttosto, nello svolgimento delle indagini preliminari e divenuta, successivamente, priva di effetti concreti per un evento peculiare quale la rinuncia al mandato (cfr., anche, Sez. 5, n. 809 del 28/09/2023, LLeshi, Rv. 285780).
Nel caso in esame, ciò che Ł stato rimproverato al ricorrente e che – secondo la Corte di appello – impedirebbe di accogliere la richiesta di rescissione del giudicato Ł che l’imputato/condannato avrebbe dovuto allegare specifiche circostanze e situazioni che, dopo la nomina del difensore di fiducia, gli avrebbero impedito di seguire gli sviluppi del procedimento penale che lo riguardava, tenuto conto che la elezione di domicilio presso il difensore rinunciante ha continuato ad avere efficacia e validità.
Si tratta di un ragionamento non condivisibile.
Si Ł già detto di come, a fronte di una elezione di domicilio e di una nomina di fiducia in una fase embrionale del procedimento, dagli atti emerge che il difensore di fiducia (che ha certificato di non conoscere il soggetto che gli aveva conferito l’incarico), prima dell’inizio del processo, rinunciò al mandato con la conseguenza che all’COGNOME venne nominato un difensore di ufficio che non risulta avere avuto contatti con l’imputato.
Nel caso di specie non emerge quindi una colpevole mancata conoscenza del processo da parte del ricorrente, ma solo una particolare situazione processuale originata dalla mancata attivazione, nel silenzio del difensore nominato di fiducia e poi rinunciante, delle sue possibilità di conoscenza del procedimento in via generica, desunte dall’iniziale notizia della esistenza di esso, avvenuta in una fase meramente embrionale e, pertanto, inidonea a poter sostenere un tale onere a tempo indeterminato.
Nulla Ł dato sapere se la rinuncia al mandato fu comunicata all’imputato, se la nomina del nuovo difensore fu comunicata all’imputato ai sensi dell’art. 28 disp. att. cod. proc. pen., se, durante il procedimento, prima della rinuncia del difensore di fiducia, questi avesse avuto contatti con l’imputato, se fossero stati compiuti atti da cui desumere che l’imputato avesse in concreto ricevuto informazioni dello sviluppo del procedimento e del processo. Accertamenti doverosi rispetto alla situazione di fatto portata alla cognizione della Corte di appello.
Ne consegue che la prova della conoscenza effettiva del processo, in assenza della prova di una deliberata intenzione di sottrarsi ad esso, non può desumersi dalla mera nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso di questi, compiuta nella fase iniziale delle indagini, nel caso in cui il difensore abbia rinunciato al mandato e non vi sia nessuna prova nØ della comunicazione della rinuncia, nØ della effettiva comunicazione della nomina del nuovo difensore di ufficio e neppure quella della effettività del rapporto professionale tra l’imputato e il difensore rinunciante.
NØ, infine, potrà affermarsi, in linea con il nuovo testo dell’art. 629-bis cod. proc. pen., che non ricorrono le condizioni per provvedere alla rescissione del giudicato solo perchØ Ł stata comunque presentata impugnazione avverso la sentenza del Tribunale, ciò in quanto risulta dagli atti che l’atto di appello Ł stato presentato dal difensore di ufficio senza che vi sia prova che lo stesso abbia avuto contatti con l’imputato.
Per tutte le ragioni sopra indicate, in accoglimento del ricorso esaminato, deve disporsi la revoca delle sentenze n. 4419 emessa dalla Corte d’appello di Venezia in data 19/12/2022 nonchØ dal tribunale di Verona n. 1721 in data 27/11/2020 nei confronti dell’imputato.
Deve altresì essere sospesa l’esecuzione relativa alle predette sentenze con conseguente immediata liberazione del ricorrente, se non detenuto o agli arresti domiciliari per altra causa. Deve, infine, disporsi la trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per l’ulteriore corso.
P.Q.M
Revoca le sentenze n. 4419 emessa dalla Corte d’appello di Venezia in data 19/12/2022 nonchØ dal Tribunale di Verona n. 1721 in data 27/11/2020 nei confronti di NOME COGNOME ne sospende l’esecuzione e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per l’ulteriore corso. Dispone l’immediata liberazione del ricorrente, se non detenuto o agli arresti domiciliari per altra causa. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art.626 cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 21/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME