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Rescissione del giudicato: il PM non può chiederla

La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di rescissione del giudicato, un rimedio per annullare una condanna definitiva emessa in assenza, è una facoltà esclusiva del condannato. Nel caso di specie, il Pubblico Ministero aveva richiesto la rescissione a causa di un errore nella notifica dell’indirizzo dell’imputata, che non aveva avuto conoscenza del processo. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che la scelta del legislatore di escludere il PM non è irragionevole, poiché spetta solo al condannato valutare la convenienza di un nuovo processo, con tutte le possibili conseguenze.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del Giudicato: Solo il Condannato Può Chiederla, non il PM

La rescissione del giudicato rappresenta uno strumento fondamentale a tutela del giusto processo, consentendo di rimettere in discussione una condanna definitiva quando l’imputato non ha avuto effettiva conoscenza del procedimento a suo carico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale: la legittimazione a richiedere questo rimedio spetta esclusivamente al condannato, escludendo il Pubblico Ministero. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa: Un Errore di Notifica e la Richiesta del Procuratore

Il caso trae origine dalla richiesta del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di revocare una sentenza di condanna divenuta definitiva. La base della richiesta era un vizio di notifica: l’imputata, dopo aver ricevuto regolarmente l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, aveva eletto domicilio, ma l’indirizzo era stato verbalizzato con un numero civico errato.

A causa di questo errore, tutte le successive notifiche degli atti processuali, inclusa la citazione in giudizio, non erano mai giunte all’interessata ma erano state effettuate presso il suo difensore d’ufficio, ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p. Di conseguenza, l’imputata era stata processata e condannata in sua assenza, senza mai aver avuto concreta conoscenza della pendenza del processo. Il Pubblico Ministero, ritenendo violato il diritto di difesa, ha quindi agito per ottenere la rescissione della sentenza.

La Decisione della Corte: L’Art. 629-bis e la Legittimazione Esclusiva

Sia la Corte d’Appello prima, sia la Corte di Cassazione poi, hanno rigettato la richiesta del Pubblico Ministero. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione letterale dell’articolo 629-bis del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Cartabia. La norma stabilisce in modo inequivocabile che la facoltà di chiedere la rescissione del giudicato è attribuita unicamente al “condannato” o al “sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato”.

La Corte Suprema ha sottolineato che non si tratta di una svista del legislatore, ma di una scelta ponderata. L’esclusione del Pubblico Ministero dal novero dei soggetti legittimati non è casuale né irragionevole e non viola i principi costituzionali.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una logica di protezione dell’interesse del condannato. Attribuire la facoltà di chiedere la rescissione esclusivamente alla parte privata significa riconoscerle il diritto di valutare la convenienza di un nuovo processo. Un nuovo giudizio, infatti, potrebbe avere esiti diversi, non necessariamente più favorevoli. Il condannato potrebbe, per varie ragioni, preferire che la sentenza definitiva rimanga tale piuttosto che affrontare le incertezze e i costi di un nuovo procedimento.

La Corte ha specificato che questa scelta legislativa non lascia il sistema privo di tutele. Se la condannata, come sostenuto dal PM, non ha effettivamente avuto conoscenza della sentenza, potrà esperire l’azione di rescissione non appena verrà a conoscenza della condanna a suo carico, ad esempio tramite un atto dell’esecuzione penale. La norma, inoltre, pone precisi oneri probatori in capo al richiedente: egli deve dimostrare non solo di essere stato dichiarato assente in violazione della legge, ma anche di non aver potuto impugnare la sentenza nei termini senza sua colpa.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di procedura penale di grande rilevanza: la rescissione del giudicato è un diritto personalissimo del condannato. La decisione di rimettere in discussione una condanna definitiva spetta unicamente a chi ne subisce gli effetti, il quale deve poter ponderare liberamente i pro e i contro di un nuovo processo. L’esclusione del Pubblico Ministero da questa facoltà, lungi dall’essere una falla del sistema, è una scelta che bilancia l’esigenza di giustizia con il rispetto della volontà e degli interessi della persona condannata.

Chi può chiedere la rescissione del giudicato secondo la legge?
Secondo l’articolo 629-bis del codice di procedura penale, la facoltà di richiedere la rescissione spetta esclusivamente al condannato o alla persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato. Neppure il difensore può farlo senza una procura speciale.

Perché il Pubblico Ministero non è legittimato a chiedere la rescissione del giudicato?
La Corte di Cassazione ha chiarito che si tratta di una scelta legislativa deliberata. Questa scelta mira a proteggere l’interesse del condannato, lasciando a lui solo la facoltà di valutare la convenienza di affrontare un nuovo processo, che potrebbe avere conseguenze anche peggiori. L’esclusione del PM non è considerata irragionevole o in contrasto con i principi costituzionali.

Cosa deve provare il condannato per ottenere la rescissione del giudicato?
Il condannato deve fornire una prova complessa. Deve dimostrare di essere stato dichiarato assente senza che ne ricorressero i presupposti legali (art. 420-bis c.p.p.), di non aver potuto impugnare la sentenza nei termini stabiliti senza sua colpa e, infine, che non risulta che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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