Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28301 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28301 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
svolta la relazione in camera di consiglio dal Cons. NOME COGNOME
Invero, detta Corte ha rilevato che la richiesta era avanzata dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste, sul presupposto che la dichiarazione di domicilio effettuata dalla COGNOME, allorchØ le venne notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, erastata erroneamente verbalizzata, in particolare quanto all’indirizzo e piø esattamente al numero civico, con la conseguenza che nessun atto del processo era stato successivamente notificato alla suddetta, ma soltanto, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., al suo difensore. Preso atto che il ricorrente osservava che l’omessa citazione in giudizio dell’imputata andava fatta valere, ai sensi dell’art. 629bis cod. proc. pen. e non dell’art. 670 cod. proc. pen., ma che per detta impugnazione straordinaria il codice di rito prevedeva la sola legittimazione attiva del condannato, la Corte ha ritenuto che la scelta legislativa di attribuire alla sola parte privata la facoltà di chiedere la revoca del giudicato non fosse irragionevole e in contrasto con i parametri costituzionali, potendo il condannato non avere interesse ad impugnare il giudicato, valutate, in concreto, le possibili conseguenze di un nuovo giudizio.
– Relatore –
Sent. n. sez. 1761/2025
CC – 20/05/2025
R.G.N. 5166/2025
nonchØ vizio di motivazione, assumendo, in sintesi, che l’esclusione del pubblico ministero dal novero dei soggetti legittimati ad avanzare richiesta di rescissione del giudicato Ł da attribuire ad una svista del legislatore. Rileva che l’imputata non ha avuto incolpevolmente conoscenza del processo a partire dall’atto successivo all’avviso ex art. 415bis cod. proc. pen. (unico atto regolarmente notificato a mani proprie) per l’erronea verbalizzazione, da parte delle forze dell’ordine, della dichiarazione di domicilio; e che trattasi di evidenza oggettiva, facilmente riscontrabile dal fascicolo del giudizio di cognizione. Osserva che le argomentazioni della Corte territoriale sono fallaci, in quanto, se una sentenza Ł invalida per violazione delle regole del giusto processo, la stessa non può e non deve essere eseguita e, pertanto, il rimedio della rescissione del giudicato che evita ciò, evitando anche l’ingiusta detenzione del condannato, dovrebbe essere riconosciuto altresì al pubblico ministero; e che l’omissione di quest’ultimo dal novero dei soggetti legittimati ex art. 629bis cod. proc. pen. deve essere emendata o in via interpretativa o sollevando apposita questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 27 e 111 della suddetta norma.
Il ricorrente insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato e va, pertanto, rigettato.
Invero, assolutamente corretta e non contraddittoria sotto il profilo motivazionale, e, quindi, insuscettibile di riforma nel senso invocato dal ricorrente, Ł la decisione della Corte di appello di Trieste di non accogliere la domanda della Procura generale di Trieste, considerato che l’art. 629bis cod. proc. pen., nella nuova formulazione introdotta con il d. lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma Cartabia), applicabile al caso di specie, come del resto nella precedente, Ł inequivocabile nello stabilire che la facoltà di richiedere la rescissione del giudicato spetta solo al condannato o al sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato e non compete neppure al difensore, se non munito di procura speciale, e che nessun criterio ermeneutico consente di ampliare la sfera dei soggetti legittimati in via interpretativa, sino ad includere il pubblico ministero. Ciò anche in ragione della formulazione della norma, che prevede precisi oneri assolvibili solo dalla parte interessata, ossia dal condannato; il quale deve non soltanto provare (‘qualora provi’, recita il primo comma del citato art. 629bis cod. proc. pen.) di essere stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420bis cod. proc. pen., ma anche di non aver potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa e sempre che non risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza.
Come ben evidenziato dall’ordinanza impugnata (a p. 5), non Ł casuale che il legislatore abbia attribuito soltanto alla parte privata la titolarità dell’azione di rescissione, escludendo la parte pubblica, così da consentire al condannato di ponderare, sulla base di una serie di elementi, la convenienza di celebrare un nuovo processo.
La questione dell’illegittimità costituzionale della norma di riferimento per l’esclusione del pubblico ministero fra i soggetti legittimati a proporre domanda di rescissione del giudicato, oltre a non sembrare rilevante nel caso in esame – in quanto non avrebbe alcuna incidenza sul procedimento, già solo per la circostanza che l’art. 629bis richiede, ai fini della revoca della sentenza di condanna, anche che il condannato non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, laddove nel caso in esame, la sentenza di condanna del Tribunale di Udine risulta impugnata innanzi alla Corte di appello di Trieste -, Ł manifestamente infondata, non essendo ravvisabile alcuna irragionevolezza,
con conseguente violazione dei parametri di cui agli artt. 3 e 111 Cost., nella suddetta esclusione, in ragione sia della particolarità della fase processuale in questione, collocata all’esito di pronuncia definitiva, intervenuta nella specie dopo due gradi di merito ai quali ha necessariamente partecipato anche la parte pubblica, sia del fatto che, se la condannata, come la parte pubblica ritiene, effettivamente non ha avuto conoscenza della sentenza, potrà esperire, sempre ove lo ritenga conveniente, l’azione volta alla rescissione del giudicato non appena apprenderà, dal compimento di atti dell’esecuzione, dell’esistenza di una condanna a suo carico.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
Così Ł deciso, 20/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME