Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26273 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26273 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME (CUI CODICE_FISCALE), nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23 giugno 2023 emessa dalla Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Venezia ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato proposta, ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen., da NOME COGNOME, in relazione alla sentenza di condanna n. 1969/22 emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Padova in data 13 settembre 2022, divenuta irrevocabile in data 27 gennaio 2023.
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2. L’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, difensore del NOME, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento.
Il ricorrente, proponendo un unico motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 42C-bis e 629-bis cod. proc. pen., nella parte in cui è stata ritenuta legittima la dichiarazione di assenza dell’imputato e nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto non ammesso il ricorso al rimedio di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen. per dedurre tale nullità.
Il difensore premette che il COGNOME, in data 3 febbraio 2019, è stato arrestato nella flagranza del delitto di resistenza a pubblico ufficiale ed è stato liberato dal Pubblico Ministero il giorno successivo.
Il COGNOME, in seguito all’arresto, ha sottoscritto un verbale di identificazione e ha eletto domicilio presso lo studio del difensore di ufficio che gli era stato assegnato, l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO del foro di Padova.
All’udienza 16 giugno 2021 il Tribunale di Padova, rilevata l’inidoneità della notifica del decreto di citazione a giudizio al domicilio eletto a consentire l conoscenza effettiva dell’accusa e della pendenza del processo per l’imputato, ha disposto le ricerche del NOME.
L’imputato è stato reperito in data 24 febbraio 2021 dai carabinieri di Vigonovo e, in tale occasione, gli è stato notificato il verbale dell’udienza del 16 giugno 2021, ma non il decreto di citazione a giudizio.
Il difensore deduce che la Corte di appello ha desunto la prova dell’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato sulla base di atti (il verbale di identificazione e il verbale dell’udienza dibattimentale) che in nessun modo contenevano la descrizione del fatto per il quale l’istante era imputato.
Ad avviso del difensore, la prova dell’effettiva conoscenza del procedimento presuppone la notifica all’interessato di un atto formale di citazione in giudizio, nel quale siano descritti in forma chiara e precisa i fatti contestati e indicata l’udienz fissata per la celebrazione del processo.
Nel caso di specie, il verbale notificato all’imputato, in parte redatto a mano e in parte prestampato, non conterrebbe alcun riferimento all’imputazione.
La Corte di appello avrebbe, dunque, illegittimamente richiesto al COGNOME, cittadino straniero e privo di fissa dimora, di ricostruire l’accusa sulla base dell coincidenza del nominativo del difensore di ufficio nel verbale di identificazione sottoscritto all’esito del proprio arresto in flagranza e del verbale di un’udienza, tenutasi dopo due anni.
Non si potrebbe, peraltro, ritenere che la mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato fosse stata colpevole, in quanto non si potrebbe pretendere
dall’imputato un onere di diligenza tale da porre rimedio a nullità assolute, determinate dall’autorità pubblica procedente.
Il difensore rileva, inoltre, che la Corte di appello ha illegittimamente rilevato che «quella che si è realizzata all’udienza del 26/6/21 è, quindi, una nullità ex art. 178, c. 1, lett. c), c.p.p., per mancata notifica all’imputato del decreto di citazion a giudizio. Ma la nullità avrebbe dovuto essere fatta valere nel processo, già all’udienza del 29/6/21 e comunque in ogni fase successiva, stante la sua natura. Lo strumento previsto dall’art. 629-bis c.p.p. non può essere distorto per far valere nullità che colpevolmente non sono state eccepite nella fase processuale».
Il difensore rileva, tuttavia, che le Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza COGNOME (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, COGNOME, Rv. 280931 – 01) hanno ammesso che le nullità assolute ed insanabili derivanti, in giudizio celebrato in assenza, dall’omessa citazione dell’imputato e/o del suo difensore, siano deducibili con il rimedio della rescissione del giudicato.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 15 aprile 2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
Con unico motivo il difensore deduce l’inosservanza degli artt. 420-bis e 629-bis cod. proc. pen., nella parte in cui è stata ritenuta legittima la dichiarazione di assenza dell’imputato e nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto non ammesso il ricorso al rimedio di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen. per dedurre tale nullità.
Il motivo è fondato.
3.1. La Corte di appello ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato proposta dal NOME, rilevando che «l’imputato, che conosceva la lingua italiana, … ha ricevuto a mani il verbale d’udienza che indicava la data in cui sarebbe stato celebrato il processo; tale verbale indicava anche il nominativo del difensore … al quale l’imputato, da un lato, avrebbe potuto rivolgersi, dall’altro comprendere che quell’udienza afferiva proprio al reato di resistenza per il quale vi era stato arresto, visto che era indicato nel verbale di udienza il nominativo del difensore che gli era stato assegnato in occasione dell’arresto».
L’imputato, dunque, si sarebbe «per sua scelta disinteressato del processo, pur essendo stato messo nella condizione di sapere che si sarebbe tenuto a suo carico a Padova e che era assistito da un difensore al quale avrebbe potuto rivolgersi».
Questa motivazione, tuttavia, contrasta con la disciplina processuale, in quanto la Corte di appello ha omesso di accertare se sa stato notificato all’imputato, giudicato in absentia, un atto di contestazione dell’accusa idoneo a fondare la conoscenza effettiva del processo penale pendente nei suoi confronti e garantirgli l’effettivo esercizio dei diritti riconosciuti dall’ordinamento.
La Corte di appello si è, infatti, limitata ad affermare che l’imputato avrebbe dovuto comprendere i fatti di cui era accusato, in quanto il difensore di ufficio in tale processo era il medesimo che lo aveva assistito in sede di convalida dell’arresto, e che, comunque, l’imputato, rivolgendosi a tale difensore, avrebbe avuto cognizione dell’oggetto del processo pendente nei suoi confronti.
La corretta instaurazione del rapporto processuale postula, tuttavia, la notifica all’imputato di un atto di contestazione dell’accusa penale.
La conoscenza effettiva dell’imputazione, che costituisce fondamento indefettibile del processo equo, deve essere garantita dall’autorità procedente, e non ammette equipollenti, tanto meno mediante il ricorso a incerte operazioni inferenziali.
Il dovere di diligenza dell’imputato, del resto, sorge solo in seguito alla compiuta osservanza del dovere di informazione, che grava sull’autorità statuale.
L’art. 420 quater cod. proc. pen., nella formulazione vigente all’epoca della celebrazione del giudizio dibattimentale nei confronti del COGNOME, sanciva che «… se l’imputato non è presente il giudice rinvia l’udienza e dispone che l’avviso sia notificato all’imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria»; tale avviso, secondo quanto previsto dall’art. 419 cod. proc. pen., deve contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’udienza «con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero» e,, dunque, l’enunciazione dell’accusa elevata nei confronti dell’imputato.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno, inoltre, statuito che la legittima instaurazione del rapporto processuale postula la notifica all’imputato, atta a fondare l’effettiva conoscenza del procedimento penale, dell’accusa, contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, e che a tal fine è inidonea la conoscenza dell’accusa contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (Sez. U, n. 28912 del 29/02/2019, Innaro, Rv. 275716 – 01).
Secondo le Sezioni unite, il fondamento del sistema è che la parte sia personalmente informata del contenuto dell’accusa e del giorno e luogo della udienza e, quindi, in necessaria applicazione dei principi
sopra richiamati, il processo in assenza è ammesso solo quando sia raggiunta la certezza della conoscenza da parte dell’imputato (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, NOME COGNOME, Rv. 279420 – 01).
L’art. 111, terzo comma, Cost. sancisce, del resto, il diritto della persona accusata di un reato di essere, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico.
L’art. 6, par. 3, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2012 sul diritto all’informazione nei procedimenti penali impone, inoltre, che «li Stati membri garantiscono che, al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, siano fornite informazioni dettagliate sull’accusa, inclusa la natura e la qualificazione giuridica del reato, nonché la natura della partecipazione allo stesso dell’accusato».
L’art. 6, par. 3, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, del resto, sancisce, quale componente del più AVV_NOTAIO diritto a un processo equo garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, che, in materia penale, «ogni accusato ha diritto di: a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico».
La giurisprudenza della Corte Edu ha, inoltre, reiteratamente statuito che l’informazione deve provenire dall’autorità giudiziaria procedente (ex multis: Corte Edu, grande camera, 25 marzo 1999, COGNOME e COGNOME c. Francia, § 53; Corte Edu, 9 dicembre 2010, COGNOME c. Ucraina; Corte Edu, 20 aprile 2006, I.H. c. Austria §30-31) e che «una conoscenza vaga e informale non è sufficiente» a garantire l’osservanza dell’art. 6 par. 3 (Corte Edu, 1 marzo 2006, COGNOME c. Italia, § 99; Corte Edu, 18 maggio 2004, Somogyi c. Italia, § 75).
Il diritto di essere informati ha, inoltre, ad oggetto non soltanto i «motivi» dell’accusa, ossia dei fatti materiali posti a suo carico e sui quali si fonda l’accusa ma anche la «natura» dell’accusa, ossia della qualificazione giuridica data a questi fatti (Corte Edu, 7 gennaio 2010, Penev c. Bulgaria, § 44; Corte Edu, 25 giugno 2000, COGNOME c. Italia, § 59).
L’ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, in quanto la Corte di appello ha inferito la prova dell’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato da atti (il verbale di identificazione e il verbale di rinvio dell’udie dibattimentale) che non contenevano la descrizione dell’accusa formulata nei confronti dell’imputato.
3.2 Errato è, inoltre, il rilievo operato dalla Corte di appello in ordine all’us «distorto» del rimedio della rescissione del giudicato, asseritamente operato dal ricorrente.
L’art. 629-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 71, legge 23 giugno 2017, n. 103, sancisce che il condannato o la persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420 bis cod. proc, pen., e che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che le nullità assolute ed insanabili derivanti, in giudizio celebrato in assenza, dall’omessa citazione dell’imputato e/o del suo difensore, non sono deducibili mediante incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 670 cod. proc, pen., in ragione dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza, salva restando la possibilità di far valere, attraverso la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen., l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che si assuma derivata dalle nullità stesse (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, COGNOME, Rv. 280931 – 01).
In questa sentenza le Sezioni unite hanno, infatti, rilevato che l’interpretazione letterale dell’art. 629-bis cod. proc. pen. consente di affermare che il rimedio è utilizzabile anche nei casi in cui la declaratoria di assenza sia stata preceduta da notificazioni dell’atto di citazione a giudizio, inficiate da nulli assoluta -non rilevate nel processo di cognizione – che abbiano pregiudicato l’informazione sull’esistenza del processo e sulla fissazione dell’udienza e non abbiano consentito al destinatario di scegliere se parteciparvi o meno.
«La considerazione della finalità dell’istituto della rescissione, che assegna centralità alla mancanza di prova della reale conoscenza del processo da parte dell’imputato che non vi abbia presenziato e di approntare tutela a chi sia stato involontariamente assente, peraltro, conferma la possibilità di ricorrervi in tutti casi in cui la mancata partecipazione non sia stata addebitabile a libera determinazione e non abbiano operato i meccanismi preventivi, attivabili nel giudizio di cognizione prima dell’irrevocabilità del provvedimento di condanna, evenienza verificabile, sia a fronte della legittima dichiarazione di assenza, nel rispetto delle disposizioni degli artt. 420-bis e ss. cod. proc. pen., che però non sia assistita dalla effettiva conoscenza del processo, sia quando l’assenza sia stata ritenuta dal giudice per effetto di erronea considerazione degli atti processuali e del mancato rilievo di eventuali nullità realmente occorse».
Pienamente legittimo è, dunque, il ricorso al rimedio della rescissione del giudicato da parte del ricorrente, che deduce l’incolpevole mancata conoscenza
della celebrazione del processo svoltosi in sua assenza, per effetto della nullità della vocatio in ius effettuata nei suoi confronti.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere accolto e l’ordinanz impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, che provvederà a conformarsi ai principi enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Venezia. Così deciso in Roma, il 23/05/2024.