Rescissione del giudicato: quando è possibile riaprire un processo?
La rescissione del giudicato rappresenta un istituto fondamentale nel nostro ordinamento processuale penale, un rimedio straordinario che permette di rimettere in discussione una sentenza di condanna ormai definitiva. Ma quali sono i presupposti per accedervi? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di applicazione di questo strumento, sottolineando l’importanza della conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato. Vediamo insieme il caso analizzato e le conclusioni dei giudici.
I fatti del caso
La vicenda ha origine dal ricorso presentato da un uomo condannato in via definitiva. Quest’ultimo aveva richiesto alla Corte di Appello di Bari la rescissione del giudicato, sostenendo di non essere stato adeguatamente informato dello svolgimento del processo a suo carico. In particolare, la sua difesa lamentava la nullità della notifica del decreto di fissazione di un’udienza, avvenuta dopo che la precedente era stata revocata inaudita altera parte, ovvero senza sentire le parti.
La Corte di Appello, tuttavia, aveva respinto l’istanza. Secondo i giudici di merito, l’imputato era venuto a conoscenza della pendenza del procedimento fin dall’inizio, poiché gli era stato notificato il primo provvedimento di citazione in giudizio. Questa circostanza, a loro avviso, era sufficiente a escludere la condizione di ‘incolpevole ignoranza’ richiesta dalla legge per poter accedere alla rescissione.
L’analisi normativa e i presupposti della rescissione del giudicato
La Corte di Cassazione, nel valutare il ricorso, ha ripercorso l’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’art. 629-bis del codice di procedura penale, che disciplina appunto la rescissione del giudicato. I giudici hanno evidenziato come, sia nella vecchia che nella nuova formulazione (modificata dalla c.d. Riforma Cartabia), il presupposto fondamentale del rimedio sia l’assenza di una colpevole negligenza da parte dell’imputato nel seguire le sorti del processo.
Inizialmente, la giurisprudenza richiedeva che l’ignoranza della celebrazione del processo non fosse imputabile a una ‘voluta diserzione’ o a ‘colposa trascuratezza’. Con le modifiche introdotte nel 2022, il presupposto è stato ridefinito: oggi è necessario che non vi sia la prova che il condannato in assenza avesse avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima che la sentenza diventasse definitiva.
La decisione della Corte di Cassazione
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. Il punto cruciale è che l’imputato aveva ricevuto la notifica della citazione in giudizio. Questo semplice fatto dimostra che egli era a conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a suo carico. Di conseguenza, non poteva validamente sostenere di aver ignorato incolpevolmente il processo.
La tesi difensiva, incentrata su una presunta nullità di una notifica successiva, è stata considerata irrilevante. Una volta che l’imputato è a conoscenza del procedimento, grava su di lui un onere di diligenza nel seguirne gli sviluppi. La situazione processuale descritta nel ricorso si poneva, secondo la Suprema Corte, in palese contrasto con l’interpretazione consolidata della norma.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che lo strumento della rescissione del giudicato non è volto a sanare qualsiasi vizio di notifica, ma a tutelare chi, senza sua colpa, è rimasto completamente all’oscuro del processo. La conoscenza iniziale del procedimento, attestata dalla notifica della citazione a giudizio, fa venir meno il presupposto stesso dell’incolpevolezza. Qualsiasi successiva irregolarità procedurale non è sufficiente a integrare i requisiti per la rescissione se è provato che l’imputato sapeva di essere sotto processo.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cardine: la rescissione del giudicato è un rimedio eccezionale, non una scappatoia per rimettere in discussione sentenze definitive sulla base di vizi procedurali minori. La conoscenza effettiva del procedimento, anche se avvenuta in una fase iniziale, è sufficiente a escludere l’applicabilità dell’istituto. La decisione ha comportato la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della manifesta infondatezza delle sue pretese.
Cos’è la rescissione del giudicato?
È un mezzo di impugnazione straordinario previsto dall’art. 629-bis c.p.p. che permette di chiedere la riapertura di un processo penale concluso con una sentenza definitiva, a patto che il condannato dimostri di non aver avuto conoscenza del processo senza sua colpa.
Qual è il presupposto fondamentale per ottenere la rescissione del giudicato?
Il presupposto essenziale, soprattutto dopo le modifiche della Riforma Cartabia, è la mancata prova che il condannato avesse avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima che la sentenza diventasse definitiva. L’ignoranza deve essere incolpevole.
Aver ricevuto la notifica della citazione in giudizio impedisce di chiedere la rescissione?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la notifica del primo atto di citazione dimostra che l’imputato era a conoscenza del procedimento. Questa consapevolezza iniziale fa venir meno il requisito dell’incolpevole ignoranza e rende inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2940 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2940 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MOLA DI BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza della Corte di appello di Bari del 23 maggio 2024 che aveva rigettato l’istanza di rescissione del giudicato presentata nell’interesse del ricorrente;
rilevato che con l’unico motivo di ricorso la Difesa deduce la nullità della notifica del decreto di fissazione della nuova udienza del 7 febbraio 2020 sul presupposto che la precedente udienza fosse stata revocata inaudita altera parte;
rilevato che secondo quanto posto in luce dalla sentenza impugnato l’imputato era venuto a conoscenza della pendenza del procedimento a seguito della notifica del primo provvedimento di citazione in giudizio;
considerato che ai fini della rescissione del giudicato, l’art. 629-bis cod. proc. pen., nella formulazione vigente al momento della integrazione della supposta nullità, prevedeva, secondo l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità, la possibilità di proposizione di un mezzo straordinario di impugnazione in relazione a situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato in dipendenza dell’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo, che non doveva essere a lui imputabile, né come voluta diserzione delle udienze, né come colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, in motivazione);
rilevato che a seguito delle modifiche apportate all’art. 629-bis cod. proc. pen. dall’art. 37, comma 1, d.lgs., 10 ottobre 2022, n. 150, presupposto per l’esperibilità del rimedio da parte del condannato giudicato in assenza è la mancata prova dell’effettiva conoscenza della pendenza dello stesso prima della pronuncia della sentenza divenuta definitiva (Sez. 5, n. 37154 del 18/09/2024, B., Rv. 287018 – 01);
ritenuto, pertanto, che il motivo di ricorso sia manifestamente infondato, dal momento che esso prospetta una situazione processuale che si pone in palese contrasto con l’interpretazione del dato normativo offerta dalla giurisprudenza di legittimità;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende,
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
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