Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9276 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9276 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Tunisia il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Firenze del 30/05/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha accolto l’istanza proposta da NOME diretta ad ottenere la rescissione del giudicato con riferimento alla sentenza del Tribunale di Firenze del .15 ottobre 2020 parzialmente riformata, quanto al trattamento sanzionatorio, dalla Corte di appello della stessa città con sentenza pronunciata in data 10 giugno 2021 (divenuta irrevocabile il 20 ottobre 2021), con la quale egli era stato condannato alla pena di anni otto di reclusione per il delitto di tentato omicidio commesso in Firenze il 12 febbraio 2019.
1.1. Pertanto, la Corte territoriale ha revocato – limitatamente alla posizione di NOME – la sentenza del Tribunale di Firenze del 15 ottobre 2020 e quella (di parziale riforma) della Corte di appello di Firenze del 10 giugno 2021, ha dichiarato non eseguibile la pena di anni otto reclusione, ha ordinato la scarcerazione dell’istante in relazione a tale titolo ed ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze per quanto di competenza.
1.2. Con lo stesso provvedimento, infine, è stata disposta l’immediata esecuzione (previa notificazione all’imputato) dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze in data 21 febbraio 2019.
Avverso la predetta ordinanza AVV_NOTAIO NOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., la violazione degli artt.629-bis, 420 e 420-quater cod. proc. pen. per avere la Corte di appello disposto la trasmissione degli atti al giudice della fase o del grado in cui si era verificata la nullità anziché al Giudice per le indagini preliminari.
2.2. Con il secondo deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 28 e 31 1.69/2005 per avere disposto l’esecuzione della ordinanza di custodia cautelare in carcere nonostante il primo MAE emesso nei suoi riguardi (basato sull’ordinanza di custodia cautelare) non
fosse più valido e fosse stato revocato e sostituito dal secondo MAE fondato sulla condanna definitiva ai sensi degli artt. 28 e 31 1.98/2005.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c) , cod. proc. pen., la violazione degli artt.303 e 304 del codice di rito, 33 1.98/2005 e di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n.143/2008, poiché i termini di custodia cautelare per le indagini preliminari sono già decorsi, dovendosi tenere conto della carcerazione presofferta da NOME COGNOME dalla data della sua cattura in Germania sino ad oggi.
CONSIDERATO IN IDIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Rispetto al primo motivo deve rilevarsi che correttamente è stata disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze trattandosi del giudice del grado in cui si era verificata la nullità che ha determinato la rescissione del giudicato; invero, come evidenziato nel provvedimento impugnato, il decreto di latitanza emesso dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti dell’odierno ricorrente era stato legittimamente emesso sulla base della circostanza che egli (assieme agli altri indagati) si era improvvisamente allontanato, nei giorni successivi al tentato omicidio, dal luogo egli dimorava; successivamente, però, non risulta che NOME sia mai stato arrestato o identificato con la contestazione formale dell’accusa ed inoltre, durante l’intero procedimento, egli era stato assistito da un difensore di ufficio con il quale non aveva mai instaurato un effettivo rapporto professionale.
Con riferimento al secondo motivo si rileva che la Corte di appello ha legittimamente dichiarato ancora valida ed efficace l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dell’odierno ricorrente. Se è vero, infatti, che il titolo esecutivo posto a fondamento dell’ordine di carcerazione non è eseguibile nei suoi riguardi, tuttavia non vi è alcuna ragione per ritenere caducata, oltre all’ordine di carcerazione, anche la misura della custodia cautelare in carcere mai eseguita nei confronti dell’imputato, già latitante. La revoca dell’ordine di carcerazione in seguito alla restituzione nel termine, ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., ne fa venire meno tutti gli effetti tipici, ivi compresa la caducazione
dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione, ma non esclude l’efficacia -del tutto indipendente dalla non eseguibilità della sentenza – della ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere, costituente titolo autonomo, non affetto da alcuna nullità. Venuta meno la definitività della sentenza, conserva dunque piena efficacia la misura cautelare custodiale, come già statuito da questa Corte, la quale ha affermato che l’accoglimento della richiesta di restituzione nel termine per l’impugnazione della sentenza contumaciale comporta la scarcerazione del richiedente in riferimento alla pena posta in esecuzione sulla base della menzionata sentenza, ma resta salva l’esecuzione della misura cautelare a suo tempo emessa, che riprende vigore per effetto del riacquisto della qualità di imputato (Sez. 1, n. 12903 del 24/03/2009, NOME COGNOME, Rv. 243500; Sez. 1, n. 6266 del 28/01/2009, COGNOME, Rv. 241965; Sez. 1, n. 17336 del 12/04/2007, COGNOME, non massimata).
Quanto poi alla scadenza dei termini di custodia cautelare va osservato, che la previsione di cui all’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. si applica anche all’ipotesi di ripristino della misura cautelare a seguito della regressione del processo dalla fase esecutiva a quella di cognizione ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. con la conseguenza che i termini di fase della custodia decorrono nuovamente dalla data del provvedimento di restituzione nel termine per impugnare emesso dal giudice dell’esecuzione (Sez. 1 – , Sentenza n. 29821 del 25/06/2021, Rv. 281756 – 01). Ne consegue che, nel caso in esame, il termine di un anno (applicabile alla fattispecie) decorre dalla data della ordinanza impugnata e, quindi, non è ancora decorso.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (v. Corte costituzionale, sent. 13 giugno 2000, n. 186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023.