Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30315 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30315 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA in Perù
avverso l’ordinanza del 13/03/2024 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Milano rigettava l’istanza di rescissione del giudicato avanzata nell’interesse di NOME COGNOME in relazione alla condanna per i reati di cui agli artt. 337 e 635 cod. pen., rilevando che:
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il procedimento era nato a seguito dell’arresto in flagranza di reato dell’istante e che l’indagato (che parla e comprende la lingua italiana) aveva dichiarato domicilio presso la sua abitazione in Milano;
il Pubblico Ministero aveva provveduto alla liberazione immediata e fatto richiesta di convalida dell’arresto al Giudice per le indagini preliminari, che vi aveva provveduto, in assenza dell’imputato;
all’indagato era stato notificato a mani proprie l’avviso ex articolo 415-bis cod. proc. pen., in data 19/04/2021, e stavolta egli aveva dichiarato domicilio a Saronno;
l’imputato, successivamente, aveva nominato un nuovo difensore di fiducia (nell’AVV_NOTAIO), con atto separato e depositato in via telematica;
quindi, in sede di notifica del decreto di citazione a giudizio, in data 16/12/2021, era stato redatto dalla polizia locale di Saronno un verbale di vane ricerche dell’imputato, il quale risultava aver lasciato il domicilio qualche mese prima, come dichiarato dalla ex convivente;
la notifica del decreto di citazione era così effettuata presso il difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
La Corte di appello ha escluso potesse parlarsi di incolpevole ignoranza del processo da parte dell’imputato, ritenendo che questi si fosse volontariamente e consapevolmente sottratto alla conoscenza dello stesso, avendo formalmente ricevuto, più volte, comunicazione della pendenza del procedimento.
Ha ritenuto inoltre irrilevante che gli atti di cui l’imputato ebbe conoscenza si collocassero nella fase antecedente alla vicenda processuale, poiché il suo atteggiamento – posto in essere, peraltro, in stretta prossimità alla fase di giudizio – avrebbe richiesto, da parte della difesa, una particolare allegazione delle circostanze suscettibili di deporre per uno stato di incolpevole ignoranza del provvedimento stesso.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso l’AVV_NOTAIO, nell’interesse dell’imputato.
In particolare, con un unico motivo, si deduce errata applicazione degli artt. 629-bis cod. proc. pen. e 420-bis cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione.
All’imputato, in sede di arresto, era stato designato un avvocato d’ufficio, con elezione di domicilio presso l’abitazione di Milano; a tale udienza l’imputato non partecipò, stante l’immediata rimessione in libertà; egli, quindi, non ebbe alcun contatto effettivo con tale avvocato; nel verbale di identificazione del 19/04/2021, in occasione del quale fu notificato personalmente all’imputato l’avviso ex rt. 415bis cod. proc. pen., era indicato per errore un altro avvocato, sempre d’ufficio
(AVV_NOTAIO), con dichiarazione di domicilio dell’imputato presso un’abitazione a Saronno.
Tale avvocato (COGNOME), in data 26/04/2021 veniva nominata dall’imputato difensore di fiducia (con nomina depositata telematicamente).
In data 18/06/2021 era emesso decreto di citazione a giudizio, che era notificato all’AVV_NOTAIO la quale, il 01/02/2022, rinunciava però all’incarico senza allegare alla rinuncia, la comunicazione all’interessato di tale intenzione.
In data 24/02/2022 era designata d’ufficio l’AVV_NOTAIO che partecipava a tutte le udienze dibattimentali, e che aveva dichiarato all’AVV_NOTAIO di non aver mai avuto contatti con l’imputato. Più specificamente, in occasione della prima udienza dibattimentale (09/03/2022) era disposta nuova notifica all’imputato domiciliato in Saronno, non essendo mai stato notificato al COGNOME il decreto di citazione diretta a giudizio poiché lo stesso era stato dichiarato irreperibile presso tale recapito: notifica da effettuarsi ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. presso il suddetto difensore d’ufficio, tanto che all’udienza del 22/06/2022 si disponeva procedersi in assenza dell’imputato.
Tutto ciò premesso, in base a Sez. 2, n. 25528, del 03/06/2022, COGNOME, non mass., l’elezione di domicilio presso un familiare e la nomina di un difensore di fiducia, se rese nell’ambito del procedimento, senza alcuna contezza del successivo sviluppo processuale, non impediscono la rescissione del giudicato.
Nel caso di specie, la conoscenza dell’imputato, se è provata per la fase investigativa, non risulta invece provata in relazione alla fase del dibattimento che, quindi, avrebbe dovuto essere sospeso.
Comunque, l’ordinanza sarebbe affetta da un vizio di motivazione, non essendo stata adeguatamente motivata la ragione per cui la scelta dell’imputato fosse stata volontaria, consapevole e, soprattutto, informata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Prima dell’intervento della c.d. riforma Cartabia (d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150), una giurisprudenza escludeva la possibilità di ottenere la rescissione del giudicato (art. 625-ter cod. proc. peri.) nel caso di colpevole mancata conoscenza del processo, ove l’imputato non avesse adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza (tra le altre, Sez. 2,
n. 14787 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269554, in un caso in cui, a seguito della rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia domiciliatario, l’imputata, arrestata in flagranza, non aveva provveduto alla nomina di un diverso difensore, né al mutamento del luogo di elezione del domicilio). In genere, si riteneva precluso il ricorso all’art. 625-ter cod. proc. pen. quando risultasse che l’imputato aveva comunque ricevuto notizia del procedimento nella sola fase investigativa, sebbene non anche in quella processuale (Sez. 2, n. 25996 del 23/05/2018, Geusa, Rv. 272987).
Tale impostazione è stata però superata, già sotto il vigore della previgente disciplina, dalle Sezioni Unite di questa Corte in importanti arresti successivamente recepiti dal diritto positivo oggi vigente.
In particolare, Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716, hanno richiesto la conoscenza effettiva del processo e non soltanto delle indagini, e che l’imputato sia stato destinatario di un provvedimento formale di vocatio in iudicium, che contenga l’indicazione dell’accusa formulatagli nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio, quest’ultimo potendo ritenersi legittimamente celebrato in assenza dell’imputato soltanto quando questi, consapevolmente informato in quei dettagliati termini, abbia rinunciato a comparire oppure qualora si sia deliberatamente sottratto alla sua conoscenza, come quando, ai fini della dichiarazione od elezione di domicilio, abbia scientemente indicato un recapito inesistente, inveritiero o inadeguato, per l’impossibilità di reperirvi lui stesso o altre persone legittimate alla ricezione.
In modo ancor più netto, Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 279420, argomentando dalla giurisprudenza convenzionale europea e considerata altresì l’evoluzione legislativa che interessò il codice di procedura penale, hanno di lì a poco statuito il superamento di ogni presunzione legale di conoscenza della vocatio in ius, affermando il dovere del giudice di verificare, in ogni caso, anche in presenza di altri elementi, l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritener con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa. Ciò, sulla base del presupposto che la conoscenza della instaurazione del giudizio rappresenta una condizione essenziale per l’esercizio del diritto di difesa, sicché non può essere affidata a facili scorciatoi probatorie ma va dimostrata nel modo più completo possibile.
Di conseguenza, già prima dell’attuale formulazione dell’art. 420-bis cod. proc. pen., il giudice di merito poteva procedere in assenza soltanto ove constatasse che questa dipendeva da una scelta consapevole e volontaria dell’imputato.
Per contro, l’aver eletto domicilio, l’essere stato sottoposto a misura cautelare, l’aver nominato il difensore di fiducia, non sono presunzioni che consentano di ritenere sic et simpliciter conosciuto il processo, bensì meri elementi sintomatici, da valutare complessivamente e con altri, per desumerne che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificato: non essendo peraltro sufficiente che questi abbia saputo della instaurazione delle indagini preliminari ed occorrendo che sia specificamente portata alla sua conoscenza la vocatio in iudicium.
Passando al caso in oggetto, va premesso che, in tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali, che resta, invece, precluso dal riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nella lett. e), del citato articolo, quando risulti denunziata la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092).
Ciò detto, della effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato non c’è prova.
Il NOME COGNOME fu arrestato ma poi immediatamente scarcerato; nominò un avvocato di fiducia che tuttavia rinunciò all’incarico; non fu reperito presso il domicilio eletto; venne assistito da uni avvocatck d’ufficio la quale partecipò alle udienze dibattimentali ma che non risulta aver mai avuto contatti con l’imputato.
Anzi, dall’analisi del fascicolo emerge addirittura l’evidenza della mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato: il che impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza.
Sebbene, infatti, la Corte d’appello scriva che «la notifica del decreto di citazione a giudizio veniva effettuata al difensore di fiducia in data 20.12.2021, ai sensi del comma 4 dell’articolo 161 c.p.p», dal verbale della prima udienza (recante la data del 09/03/2022) risulta come il decreto sia stato notificato per la prima udienza ex art. 161, comma 4, cod. proc..pen. al difensore del coimputato del NOME COGNOME, in relazione al quale si dava atto – al contrario di quanto sostenuto dalla Corte d’appello – della mancata notifica perché irreperibile, disponendosi, quindi, la notifica ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. al difensore di ufficio. Il che impedisce di ritenere validamente instaurato il rapporto processuale.
Per le ragioni esposte, l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, accoglie la richiesta di rescissione e per l’effetto revoca la sentenza del Tribunale di Milano del 19 ottobre 2022. Dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano per l’ulteriore corso. Revoca l’esecuzione di tale sentenza disponendo l’immediata liberazione di COGNOME NOME se non detenuto per altra causa. Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso, il 05/06/2024