Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21544 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21544 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Roma, con ordinanza del 14 dicembre 2023, ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629 bis cod. proc. pen. presentata nell’interesse di NOME COGNOME in relazione alla sentenza penale di condanna del Tribunale di Roma del 15 maggio 2018, irrevocabile il 9 ottobre 2018, in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
1.1.11 ricorrente aveva chiesto la rescissione della condanna, deducendo la non conoscenza del procedimento a suo carico, scoperto solo attraverso i precedenti dattiloscopici acquisiti in altro procedimento, da cui era emersa l’esistenza del procedimento di cui alla sentenza definitiva nei confronti di uno pseudonimo/alias, NOME.
1.2.La Corte di Appello ha rigettato la richiesta rilevando che:
NOME era stato arrestato in flagranza in data 2 gennaio 2016 in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e in tale sede si er rifiutato di eleggere o dichiarare domicilio, asserendo di essere senza fissa dimora; il giorno seguente, 3 gennaio 2016, in sede di identificazione, aveva eletto domicilio presso lo studio del difensore di ufficio, ove COGNOME gli era stato notificato il decreto di citazione a giudizio;
-in tale procedimento aveva dichiarato di chiamarsi NOME, mentre, in precedenza, in altre occasioni aveva declinato differenti generalità: in particolare in data 14 novembre 2015 COGNOME era stato segnalato COGNOME dall’Ufficio Immigrazione – posto di segnalamento di Pozzallo- per avere effettuato l’ingresso irregolare nel territorio dell’Unione Europea con il nome di NOME;
dai rilievi dattiloscopici emergeva che era stato segnalato per reati in materia di stupefacenti: COGNOME in occasione della identificazione da parte dei Carabinieri, in data 26 febbraio 2019, aveva dichiarato di chiamarsi NOME COGNOME, mentre in occasioni di altre identificazioni da parte delle Forze dell’ordine aveva utilizzato NOME di NOME oppure di Sconoscesi.
Sulla base di tali dati, la Corte ha ritenuto dimostrata la condotta colpevole del ricorrente consistita nell’utilizzare numerose volte nomi e alias con l’intento di sviare le indagini a suo carico, specialmente durante i controlli e le segnalazioni effettuati nei suoi confronti da parte delle autorità procedenti. In questo modo aveva impedito qualsiasi possibilità anche per il difensore di ufficio di rintracciarlo e, proprio perché privo di certe generalità e di residenza anagrafica o comunque di recapito, si era sottratto alla possibilità di essere
localizzato e informato del processo penale.
Avverso l’ordinanza, ha presentato ricorso li condannato, a mezzo del proprio difensore, formulando due motivi.
2.1. COGNOME Con il primo motivo, ha dedotto formalmente la violazione di legge (e nella sostanza il vizio di motivazione) per avere ritenuto la Corte la sussistenza della colpa in capo all’istante in relazione alla mancata conoscenza del processo per il quale ha chiesto la rescissione del giudicato. NOME– osserva il difensore- non aveva, in realtà, fornito diverse generalità in occasione dei controlli: a causa della mancanza di un documento di identità, essendogli stato rilasciato il passaporto solo in data 15 ottobre 2020, aveva sempre declinato le sue generalità, che erano state trascritte in maniera diversa solo perché egli non conosceva la traslitterazione del suo nome arabo nei caratteri latini. In ogni caso, l’aver fornito generalità leggermente diverse da quelle sue proprie non era la ragione per la quale egli non aveva avuto conoscenza del processo a proprio carico.
2.2. COGNOME Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge per avere la Corte omesso di valutare e motivare in ordine alla richiesta subordinata di restituzione del termine ex art. 175 cod. proc. pen. per appellare la sentenza divenuta irrevocabile.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 13 febbraio 2024 COGNOME il difensore del ricorrente ha depositato conclusioni scritte COGNOME con cui COGNOME ha chiesto l’ annullamento COGNOME della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, quanto al primo motivo, il cui accoglimento rende superfluo l’esame del secondo motivo.
Va premesso che la disciplina della rescissione dettata dall’art. 629 bis cod. proc. pen. è stata modificata dall’art. 37, comma 1, del d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150 a decorrere dal 30 dicembre 2022. Come chiarito sentenza Sez. U n. 32848 del 17/07/2014, COGNOME, Rv. 259990-01, confermata anche da Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931-01, l’art. 629-bis cod. proc. pen. si pone in stretta correlazione con le previsioni dell’art. 420-bis cod. proc. pen., anch’esso modificato dal d.lgs 150/2022, sicché il nuovo testo
dell’art. 629 bis cod. proc. pen. deve ritenersi applicabile COGNOME in relazioni alle richieste di rescissione di giudicato relative a sentenze emesse in processi in cui l’assenza sia stata dichiarata sulla base dell’art. 420 bis cod. proc. pen., come novellato dal d.lgs n. 150/2022.
Nel caso di specie, dunque, trova applicazione la disposizione di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen. vigente fino al 29 dicembre 2022, secondo cui il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
2. A seguito delle modifiche operate dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 la disciplina del processo in assenza ex art. 420 bis cod. proc. pen. (nel testo in vigore fino alla riforma del d.lgs n. 150/2022) subordina la possibilità di procedere “in assenza” dell’imputato alla «effettiva conoscenza del procedimento», ossia all’effettiva informazione sul contenuto dell’accusa, sulla pendenza del procedimento e sui tempi e luoghi della sua celebrazione. Per tale motivo, la norma richiede che l’imputato «abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza» ovvero risulti «con certezza» che egli sappia del procedimento; a tale prova positiva della conoscenza si aggiungono le ipotesi di conoscenza tipizzata contemplate dal secondo comma 2 dell’art. 420bis, vale a dire la dichiarazione od elezione di domicilio; applicazione di misure precautelari che abbiano portato all’udienza di convalida o la sottoposizione a misura cautelare; la nomina di un difensore di fiducia. A tali ipotesi, infine, legislatore ha equiparato quella in cui l’imputato si sia «volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo».
A sua volta, l’art. 629-bis cod. proc. pen. prevede fra i presupposti per l’accoglimento della richiesta di rescissione del giudicato che il condannato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza «provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza del processo».
Con la sentenza Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420-01, si è posto l’accento sul rilievo che l’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., nella prospettiva di rendere più agevole il compito del giudice, ha tipizzato casi in cui, ai fini della certezza della conoscenza della vocatio in ius, può essere valorizzata una notifica che non sia stata effettuata a mani proprie dell’imputato: in questo senso, l’aver eletto domicilio, l’essere stato sottoposto ad arresto, fermo o a misura cautelare, l’aver nominato un difensore di fiducia, sono altrettante situazioni che consentono di desumere dalla notifica, regolare ma non a mani proprie, l’effettiva conoscenza del processo. Non si tratta, pertanto, della
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creazione di presunzioni di conoscenza del processo, ma di casi in cui è ragionevole ritenere che l’imputato abbia effettivamente conosciuto l’atto regolarmente notificato secondo le date modalità. La sentenza ha ribadito che l’unica ipotesi in cui il legislatore ha previsto che possa procedersi all celebrazione del processo pur se la parte ignori la vocatio in ius è quella di volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti dello stesso, precisando che di un tale comportamento vi deve essere traccia “positiva” all’esito di un necessario accertamento in fatto. A questo proposito, sempre secondo la sentenza COGNOME, ipotesi quali la «manifesta mancanza di diligenza informativa» ovvero la «indicazione di un domicilio falso» pur se apparentemente valido, se non possono far affermare automaticamente ed a priori, su un piano solo astratto, la ricorrenza della “volontaria sottrazione” nondimeno sono circostanze che possono e devono essere valutate nei singoli casi concreti.
La rescissione del giudicato è destinata ad offrire una forma di tutela all’imputato non presente fisicamente in udienza, attraverso la proposizione di un mezzo straordinario di impugnazione diretto al superamento del giudicato ed alla nuova instaurazione ab initio del processo in situazioni di mancata partecipazione del soggetto accusato, a causa dell’ignoranza incolpevole della celebrazione del processo, che non siano state intercettate e risolte in precedenza in sede di cognizione. In tal senso, si è sottolineato che la condizione di ignoranza del condannato in assenza «non deve essere a lui imputabile, né come voluta diserzione delle udienze, né come colposa trascuratezza e negligenza nel seguirne il procedere» (così Sez. U, n. 15498/2021, COGNOME, in motivazione). Come evidenziato anche da Sez. 5, n. 31201 del 15/09/2020, Rannadze, Rv. 280137-01 – espressamente richiamata dalla stessa sentenza COGNOME – il requisito della «incolpevole mancata conoscenza delle celebrazione del processo» ha il significato di «escludere all’assente pur sempre volontario l’accesso ad un nuovo giudizio, a colui cioè che si sia volontariamente posto nelle condizioni di non ricevere adeguata notizia del processo, dimostrando così implicitamente di non volervi partecipare». A tal fine, la sentenza Sez. U, n. 15498/2021, COGNOME ha posto l’accento sugli ampi poteri cognitivi del giudice della rescissione, cui sono demandati controlli non solo formali, ma anche sostanziali, sui dati fattuali dai quali desumere la conoscenza della celebrazione del processo.
In applicazione di tali principi si è affermato che “in tema di giudizio in assenza, la mancanza di diligenza dell’imputato nel tenersi informato della celebrazione del processo a proprio carico, dopo l’elezione di domicilio presso il
difensore COGNOME d’ufficio COGNOME effettuata COGNOME al COGNOME momento COGNOME dell’arresto, COGNOME non COGNOME integra automaticamente la “volontaria sottrazione alla conoscenza del processo” e non fonda alcuna – non consentita – presunzione di conoscenza della “vocatio in iudicium”, la quale deve essere accertata dal giudice in positivo al fine di procedere in assenza, quale conoscenza effettiva, senza inversione del relativo onere probatorio”(Sez. 6, n. 34523 del 11/05/2023, Safi Rv. 285177 – 01) e, ancora più specificamente, che “in tema di rescissione del giudicato, dall’elezione del domicilio effettuata dall’indagato – anteriormente all’introduzione del comma 4-bis dell’art. 162 cod. proc. pen. da parte dell’art. 1 della legge 23 giugno 2017, n. 103 – presso il difensore d’ufficio nella fase delle indagini preliminari non discende una presunzione di conoscenza del processo o di volontaria sottrazione allo stesso, automaticamente preclusiva della rescissione del giudicato, dovendo il giudice verificare, attraverso ulteriori indici l’effettiva instaurazione del rapporto professionale tra il legale domiciliatario l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del processo ovvero si sia volontariamente sottratto ad esso” (Sez. 3, n. 11813 del 24/11/2020, dep. 2021, Zagar Abderrazak Rv. 281483-01).
In relazione al tema delle false generalità, la Corte di Cassazione ha affermato che ” la colpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo non richiede che l’imputato si sia deliberatamente sottratto alla “vocatio in iudicium” con comportamenti a ciò finalizzati, essendo sufficiente che si sia posto consapevolmente e volontariamente nella condizione di sottrarsi alla conoscenza del processo, indipendentemente dai motivi di tale comportamento. (Fattispecie relativa ad un imputato straniero che, dopo l’espiazione di una pena detentiva e l’espulsione dal territorio nazionale, vi faceva ritorno con diverse generalità, legittimamente modificate, non ricevendo, a seguito di tale modifica, né la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, né quella del decreto che dispone il giudizio)”(Sez. 3, n. 35426 del 13/05/2021, Sejdini, Rv. 281851).
5.Nel caso in esame la Corte di Appello ha desunto la colpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, in ultima analisi, dall’avere il ricorrente declinato, in occasione dei controlli a cui era stato sottoposto, generalità differenti con l’intento di rendersi irrintracciabile anche in relazio alle informazioni relative al processo concluso con la sentenza il cui giudicato era oggetto della richiesta di rescissione.
La motivazione adottata e le ragioni di rigetto della richiesta di rescissione individuate dalla Corte di Appello non sfuggono alle censure dedotte.
Il primo luogo si osserva che la prova della colpevole mancata conoscenza del procedimento deve essere ancorata a circostanze riferite al processo il cui
giudicato COGNOME è oggetto della richiesta di rescissione, sicché COGNOME possono essere valorizzati elementi specifici riferiti alla condotta del condannato in relazione tale processo. Nel caso in esame i giudici hanno richiamato le differenti generalità asseritamente declinate dal ricorrente, nelle occasioni dei vari segnalamenti a cui era stato sottoposto, prima e dopo essere stato arrestato in flagranza del reato per cui è stato condannato, ed in tal modo hanno valorizzato comportamenti posti in essere in contesti differenti rispetto a quello del processo, a notevole distanza di tempo rispetto ad esso: le prime generalità false sarebbero state fornite nel 2015 e le ultime nel 2019, mentre il reato per cui si era proceduto era stato posto in essere il 2 gennaio 2016 e il processo era stato celebrato nel 2018. I giudici, in ogni caso, non hanno chiarito in che senso la declinazione delle differenti generalità avrebbe determinato la colpevole mancata conoscenza del processo, ovvero in che senso tale condotta avrebbe impedito la conoscenza da parte del ricorrente del processo.
In secondo luogo si osserva che l’affermazione della Corte di Appello per cui le generalità rilasciate dal ricorrente in occasione dei vari segnalamenti (e anche in occasione dell’arresto in ordine al reato per cui era stato condannato) sarebbero false non appare sorretta da adeguato apparato argomentativo. Invero, come osservato dal ricorrente, le generalità indicate in occasione dei controlli si differenziano rispetto a quelle riportate nel passaporto solo per qualche vocale, sicché non può escludersi che tali diversità siano da ricondurre ad errori di trascrizione dai caratteri arabi a quelli della nostra lingua.
In conclusione, il collegio ritiene che la motivazione adottata dalla Corte di Appello in merito alla colpa del ricorrente nella mancata conoscenza del processo non sia coerente: i giudici hanno individuato tale colpa in condotte che non sono in stretta correlazione con il processo della cui sentenza si chiede la rescissione e non hanno motivato in merito alla ricorrenza della ritenuta falsità (dolosa) delle generalità dichiarate dall’odierno ricorrente.
6.Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Roma.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Roma.
Deciso in Roma il 21 marzo 2024.