Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34933 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34933 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME NOME a Melicucco il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a Cinquefrondi l’DATA_NASCITA
NOME nato a Roma il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza resa il 28 Aprile 2025 dal Tribunale di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità de i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
L’ordinanza impugNOME è stata emessa dal Tribunale di Roma, sezione per le misure di prevenzione, quale giudice del rinvio, in esito alla pronunzia della Sesta sezione di questa Corte, che, con sentenza n. 39683 del 12 settembre 2024, ha annullato l’ordinanza resa il 4 marzo 2024, con cui era stato approvato il rendiconto di gestione presentato dall’amministratore giudiziario, nella procedura di prevenzione promossa ai danni di NOME COGNOME, definita nel merito con la revoca della confisca disposta in primo grado e con conseguente restituzione dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
1.1. In seguito alla restituzione dei RAGIONE_SOCIALE già oggetto di sequestro nella detta procedura di prevenzione, il Tribunale aveva approvato ex art. 43 d. lgs. 159/11 il rendiconto di gestione depositato dall’amministratore giudiziario e le sue successive integrazioni, all’esito delle osservazioni presentate nella qualità di terzi interessati da diversi soggetti, tra cui anche le odierne ricorrenti.
1.2. La sentenza rescindente della Sesta sezione penale di questa Corte Suprema ha evidenziato l’integrale difetto di motivazione della ordinanza impugNOME rispetto alle osservazioni proposte nell’interesse de lla COGNOME, la quale lamentava che non erano state rendicontate uscite per cica 25.850,38 euro, ritenute prive di correlazione alle necessità di gestione della RAGIONE_SOCIALE, e chiedeva la restituzione dei frutti civili derivanti dalla azienda che era stata locata.
1.3. Nell’interesse di NOME COGNOME , la Corte di legittimità ha evidenziato che il rendiconto di gestione era falsato dalla scelta di attribuire contabilmente i canoni percepiti nel corso della procedura, in forza del contratto di affitto di azienda stipulato dalla amministrazione giudiziaria, alla gestione dell’impresa di NOME COGNOME, ritenuto l’effettivo titolare dell’azienda della COGNOME, senza tuttavia provvedere alla cancellazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Di conseguenza, ha annullato l’ordinanza con rinvio al Tribunale al fine di consentire un nuovo esame del rendiconto, con conseguente rinnovato scrutinio previo chiarimento relativo all’eventuale persistenza del vincolo in capo all’impresa riferibile a NOME COGNOME e alla possibilità di estendere le valutazioni circa la fittizietà del rapporto di locazione stipulato prima del sequestro e la sostanziale riferibilità dell’azienda formalmente intestata alla COGNOME al RAGIONE_SOCIALE, alla luce della revoca della confisca.
1.4. Con l’ordinanza impugNOME il Tribunale, in parziale accoglimento delle osservazioni proposte da COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha invitato l’amministratore giudiziario a sanare le irregolarità evidenziate in motivazione e in particolare:
-ad inserire in favore della RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE due voci di credito relative ad uscite non strettamente correlate alla gestione dell’azienda, ordinando, nel contempo, all’RAGIONE_SOCIALE, attuale amministratore dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nella medesima procedura, la restituzione a COGNOME NOME della somma di 12.000 euro;
-ad inserire nel rendiconto di gestione relativo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE una voce di credito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE NOME, ordinando a quest’ultimo la restituzione a RAGIONE_SOCIALE della somma di 54.000 euro, pari ai canoni di locazione riscossi dall’amministratore e attribuiti contabilmente alla gestione RAGIONE_SOCIALE .
Avverso detta pronunzia hanno proposto ricorso congiunto COGNOME NOME e COGNOME NOME, deducendo:
2.1. Violazione dell’art. 43 d. lgs. n. 159 del 2011 poiché il Tribunale di prevenzione ha approvato in maniera automatica il rendiconto di gestione presentato da parte della amministrazione giudiziaria, sebbene il dott. COGNOME non avesse correttamente quantificato le somme incassate a titolo di canone di locazione, per quanto riguarda la COGNOME, e non avesse giustificato la destinazione delle somme per quanto riguarda la COGNOME.
A seguito di queste critiche il Tribunale avrebbe dovuto invitare l’amministrazione a sanare dette irregolarità, con ordinanza esecutiva notificata all’interessato.
2.2. Violazione ed erronea applicazione dell’art. 43 d. lgs. n. 159 del 2011 per la ridotta restituzione di somme poiché il Tribunale ha ritenuto che i bonifici in favore del RAGIONE_SOCIALE fossero relativi a spese necessarie alla gestione della azienda della RAGIONE_SOCIALE per la tenuta della contabilità mentre, come da autorizzazione del giudice delegato, questa RAGIONE_SOCIALE era stata autorizzata a gestire la contabilità anche di altre società sottoposte a sequestro e l’importo contabilizzato è sproporzionato rispetto all’impegno relativo alla gestione contabile di un’az ienda in affitto.
Inoltre il Tribunale ha ascritto alla COGNOME le spese di abbonamento del telepass e il compenso, di poco più di mille euro, del legale che si è costituito nel l’inter esse dell’azienda nel giudizio di sfratto per morosità intrapreso dalla locatrice dell’immobile , a seguito dell’inadempienza dell’ amministratore giudiziario, spese che non avrebbero dovuto essere poste a carico della COGNOME; lamenta poi che il Tribunale abbia ridotto la misura dei canoni dichiara ti dall’amministratore giudiziario stesso.
2.3. V iolazione dell’art. 43 d. lgs. n. 159 del 2011 in ragione della approvazione del rendiconto nonostante la mancata annotazione dei frutti civili e la rendicontazione delle spese della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
L’amministratore giudiziario avrebbe dovuto accantonare le 17 rate maturate da maggio 2016 a settembre 2017, quali canoni di locazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; inoltre ha stipulato da ottobre 2017 a ottobre 2020 altro contratto di locazione con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ha incassato la somma di 72.000 euro che ha inserito come posta attiva nella contabilità della gestione RAGIONE_SOCIALE, mentre avrebbe dovuto attribuirle alla COGNOME.
Rileva la ricorrente che i soldi effettivamente percepiti tramite l’azienda del RAGIONE_SOCIALE avrebbero dovuto essere restituiti non dal RAGIONE_SOCIALE, ma dall’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso il provvedimento del Tribunale propone ricorso anche NOME COGNOME in qualità di terzo interessato nel procedimento penale a carico di NOME NOME altri, nella veste di rappresentante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ di COGNOME NOME deducendo:
-violazione di legge e vizio di motivazione poiché la pronunzia del Tribunale di Roma ha ritenuto sussistente un incremento patrimoniale ingiustificato in capo a COGNOME, quantificato in 54.000,00 euro, asseritamente affluiti nella sua sfera patrimoniale. Questa valutazione si fonda su un errore poiché il tribunale ha desunto questo incremento da voci contabili emerse durante la gestione dell’amministrazione giudiziaria dell’impresa ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ma mai concretamente incassate. Rileva il ricorrente che l’impresa è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria per il periodo 2016/2020 ed è stata restituita nell’ottobre 2020, in condizioni di dissesto economico.
Il provvedimento fa riferimento a voci contabili che non rappresentano introiti reali o liquidità effettivamente percepite, ma piuttosto registrazioni astratte, soggette a interpretazione e mai verificate in termini di effettivo incasso. Per tali ragioni la motivazione risulta viziata da manifesta illogicità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i ricorsi sono inammissibili perché deducono motivi non consentiti o manifestamente infondati.
Prima di esaminare le censure proposte occorre premettere che questa Corte si è già pronunciata in merito alle questioni dedotte con un primo ricorso per cassazione e si rende pertanto necessario delimitare il thema decidendum devoluto all’esito del primo giudizio di legittimità, escludendo quelle censure che non possono essere oggetto di ulteriore deduzione in questa sede, in quanto già decise o non dedotte nel primo giudizio dinanzi a questa Corte.
1.1. Il primo motivo dell’impugnazione è manifestamente infondato.
Non è superfluo ribadire in questa sede che il giudizio sul rendiconto della gestione ex art. 43 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 non ha ad oggetto la responsabilità dell’amministratore giudiziario, bensì assolve a funzione di verifica, anche sulla base delle contestazioni delle parti, delle voci inserite nel conto, indicanti gli importi pagati e riscossi, la descrizione dei cespiti e il saldo; ne consegue che è illegittima l’ordinanza del tribunale che, ravvisando irregolarità o profili di incompletezza, non approvi il rendiconto, dovendo il giudice, in tale caso, invitare l’amministratore a provvedere alla loro sanatoria (Sez. 1, n. 19669 del 12/02/2021, Santangelo, Rv. 281364 – 01).
Secondo quanto affermato anche dalla sentenza Sez. 6 n. 29907 del 2019 di questa Corte, la mancata approvazione non costituisce esito contemplato dal legislatore, che pone l’alternativa tra approvazione e sollecitazione a sanare eventuali irregolarità.
Nel caso in esame la sentenza della Sesta sezione di questa Corte ha annullato l’ordinanza con cui era stato approvato il rendiconto e con il provvedimento impugnato il Tribunale nel rispetto delle indicazioni ricevute dalla sentenza rescindente ha incaricato
l’amministratore di provvedere alla correzione del rendiconto, accogliendo in ampia misura le censure difensive e questo provvedimento interlocutorio è stato impugnato.
1.2. Il secondo motivo del ricorso, proposto nell’interesse della COGNOME, è in parte non consentito e in parte generico e privo di interesse.
Le censure in merito all’importo dei canoni di locazione riscossi sono generiche e non si confrontano con la motivazione del Tribunale che nel provvedimento impugnato ne ha determinato l’ entità sulla base degli effettivi bonifici disposti dal locatario in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dei provvedimenti assunti dal Giudice delegato nel corso dell’amministr azione di autorizzazione a riscuotere importi minori, in ragione delle condizioni economiche connesse alla pandemia.
Le ulteriori censure formulate nell’interesse della COGNOME, connesse all’entità delle spese sostenute per le attività del RAGIONE_SOCIALE, e all’attribuibilità di quelle per l’abbonamento del Telepass e per il legale nominato dall’amministratore nel giudizio per morosità, non sono consentite nell’ambito del giudizio di legittimità, poiché deducono solo formalmente violazioni di legge, ma entrano nel merito delle decisioni del Tribunale, sollevando questioni che imporrebbero il confronto con elementi di fatto e con criteri connessi alla proporzione delle spese rispetto a ll’entità dei compiti conferiti e alla responsabilità e diligenza dell’amministratore , elementi che esulano dal sindacato di legittimità ed anche dalla finalità del rendiconto.
Il Tribunale ha ritenuto che le spese oggetto delle osservazioni difensive nell’interesse della COGNOME fossero connesse alla gestione dei RAGIONE_SOCIALE e dell’azienda sottoposta a sequestro, e tanto basta per giustificare il loro inserimento nel rendiconto di gestione.
1.3. Il terzo motivo , proposto nell’interesse della COGNOME, è in parte non consentito perché precluso dalla sentenza rescindente e in altra parte generico e privo di interesse.
Va premesso che la sentenza rescindente della Sesta sezione della Corte di cassazione ha osservato che la scelta del giudice delegato di proseguire o meno l’attività produttiva o commerciale dell’azienda in sequestro rientra nella competenza del Tribunale e viene adottata sulla base di una ricognizione preliminare, non suscettibile di rinnovata valutazione in sede di approvazione del conto di gestione. Nel caso in esame, dalla lettura di quella pronunzia emerge che l’amministrazione giudiziaria aveva deciso, su autorizzazione del giudice delegato, di non contabilizzare i canoni di locazione in esecuzione dell’originario contratto di affitto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in ragione della sostanziale sovrapponibilità delle due ditte in un unico centro di interesse imprenditoriale, in quanto la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE non era effettivamente operativa e si limitava ad essere titolare della licenza di Polizia, mentre l’azienda era nella disponibilità diretta del RAGIONE_SOCIALE. Di conseguenza nel rendiconto non sono stati indicati i canoni di locazione tra COGNOME e la COGNOME, poiché di fatto non venivano riscossi.
Questa Corte di cassazione non ha accolto le censure relative alla omessa contabilizzazione dei canoni relativi al contratto di affitto di azienda intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per la sostanziale sovrapponibilità dei due centri di interesse imprenditoriale e la conseguente fittizietà del contratto de quo. Su questo punto, pertanto, la ricorrente non può riproporre le medesime censure e questioni, poiché la vicenda deve ritenersi chiusa e coperta da preclusione.
Con la sentenza della Sesta sezione della Corte di cassazione è stata, però, operata una distinzione in relazione alla contabilizzazione dei canoni percepiti nel corso della procedura, in forza del contratto di affitto di azienda relativo al compendio formalmente intestato alla COGNOME e stipulato dalla amministrazione giudiziaria con la RAGIONE_SOCIALE, in quanto questi canoni sono stati riscossi; gli stessi sono stati contabilmente ascritti alla gestione del sequestro relativo all’impresa di NOME NOME, per le medesime ragioni sostanziali già evidenziate, ma il Collegio di legittimità, accogliendo le censure della RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto che dovessero invece essere inserite nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE di quest’ultima , poiché in esecuzione del programma di gestione autorizzato ex art. 41 cit., non si era proceduto alla cancellazione dell’impresa RAGIONE_SOCIALE riferibile alla RAGIONE_SOCIALE. Si dava, pertanto, incarico al giudice del rinvio di verificare se la fittizietà del rapporto stipulato prima del sequestro e quindi le valutazioni in ordine alla sostanziale ed esclusiva riferibilità dell’azienda affittata al RAGIONE_SOCIALE potessero estendersi anche in sede di rendiconto.
Il Giudice del rinvio, nel rispetto del mandato ricevuto, ha convenuto che non risultando che si sia provveduto alla cancellazione dell’impresa RAGIONE_SOCIALE riferibile alla ricorrente COGNOME, i canoni versati dalla RAGIONE_SOCIALE avrebbero dovuto essere contabilmente ascritti in favore della sua RAGIONE_SOCIALE e non di quella del RAGIONE_SOCIALE.
A pagina 9 dell’impugnato provvedimento si afferma che l’importo da considerare ai fini del rendiconto di gestione della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per il periodo di gestione giudiziaria dall’ottobre 2017 a settembre 2020 dovrà essere contabilizzato come entrata nella contabilità della COGNOME e come uscita nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, e di conseguenza quest’ultimo è stato obbligato alla restituzione di questa somma alla RAGIONE_SOCIALE.
Questa conclusione è formalmente corretta, anche se il contratto di affitto stipulato dagli organi della amministrazione faceva congiunto riferimento alle due imprese della RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, a riprova della sostanziale cointeressenza di quest’ultimo ; i canoni versati effettivamente da parte dalla RAGIONE_SOCIALE sono stati contabilizzati in favore del RAGIONE_SOCIALE e vanno pertanto esclusi dal rendiconto di gestione della sua impresa, sicchè questi risulta debitore della COGNOME per l’importo corrispondente.
Le censure relative all’entità degli importi da annotare in contabilità sono generiche a fronte della motivazione specifica offerta dal Tribunale a pag. 9, sulla base dei documenti contabili
Da ultimo, non va trascurato che il motivo di ricorso è in parte carente di interesse poiché a NOME COGNOME è stato riconosciuto un credito nei confronti del COGNOME, pari all’importo dei canoni riscossi per la locazione dell’azienda, e la ricorrente non espone il suo interesse ad impugnare e neppure le ragioni per cui tali somme dovrebbero, a suo giudizio, essere imputate all’RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso di COGNOME è generico poiché lamenta che, al termine dell’amministrazione giudiziaria, l’azienda restituitagli versi in condizioni di dissesto economico, ma si è già anticipato che non è questa la sede per formulare doglianze sulla bontà della gestione da parte dell’amministrazione giudiziaria; è certo che i canoni di locazione versati dalla RAGIONE_SOCIALE sono stati contabilmente ascritti alla gestione RAGIONE_SOCIALE, sicchè devono essere espunti dal bilancio come voci attive e il rendiconto va corretto di conseguenza, comportando come conseguenza un debito del COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE COGNOME.
E, tuttavia, la verifica demandata al Tribunale investe la completezza e la regolarità formale delle voci esposte nel conto, l’indicazione delle somme di denaro pagate e riscosse, la descrizione dei cespiti già vincolati ed il saldo finale, in termini tali da individuare un risultato contabile preciso e definito. E’, invece, escluso che il Tribunale possa non approvare il conto per l’eventuale responsabilità dell’amministratore, venuto meno ai propri doveri nella custodia ed amministrazione dei RAGIONE_SOCIALE sottoposti a misura di prevenzione: l’emersione di eventuali condotte negligenti o dolosamente preordinate a vantaggio dell’amministratore o di terzi può risultare soltanto in via incidentale dalla documentazione acquisita o dalle deduzioni delle parti interessate, ma non è oggetto di accertamento che assuma carattere di giudicato e non costituisce la finalità del giudizio sul conto, né, quindi, motivo per la mancata approvazione.
Le considerazioni formulate con il ricorso risultano pertanto eccentriche rispetto al tenore del provvedimento.
Per le ragioni sin qui esaminate i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con le conseguenti statuizioni come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Roma 9 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME