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Remissione in termini: quando non è concessa

La Cassazione ha negato la remissione in termini a un imputato che si opponeva tardivamente a un decreto penale. La notifica al figlio convivente è stata ritenuta valida e la ricezione dell’atto il giorno dopo non giustifica il ritardo, confermando l’inammissibilità dell’opposizione.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Remissione in Termini: Non Basta Ricevere l’Atto in Ritardo dal Familiare

Nel complesso mondo della procedura penale, il rispetto dei termini è fondamentale. Perdere una scadenza può significare precludersi la possibilità di difendersi. Tuttavia, la legge prevede uno strumento per ovviare a impedimenti incolpevoli: la remissione in termini. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti di questo istituto, specificando che il semplice ritardo nella consegna materiale di un atto da parte di un familiare non è sufficiente a giustificare il mancato rispetto di una scadenza processuale.

I Fatti del Caso: La Notifica al Figlio e l’Opposizione Tardiva

Il caso riguarda un imputato condannato tramite un decreto penale. La notifica del provvedimento era stata regolarmente effettuata il 15 marzo presso la sua residenza, con consegna di una copia dell’atto al figlio. L’imputato, tuttavia, sosteneva di aver ricevuto materialmente il documento dal figlio solo il giorno successivo, il 16 marzo. Egli affermava inoltre di essere separato dalla moglie e di vivere in un appartamento diverso all’interno dello stesso stabile, motivo per cui il figlio non sarebbe stato con lui convivente, come invece attestato dall’ufficiale postale.

Sulla base di queste circostanze, l’imputato presentava un’istanza di remissione in termini per poter proporre opposizione al decreto penale oltre la scadenza prevista. L’istanza veniva però respinta dal Giudice per le indagini preliminari, che dichiarava l’opposizione inammissibile per tardività. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione.

Il Principio della Conoscenza Effettiva e la validità della remissione in termini

La questione giuridica centrale ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 175 del codice di procedura penale. Questo articolo consente all’imputato condannato con decreto penale, che non abbia avuto tempestiva ed effettiva conoscenza del provvedimento, di essere rimesso nel termine per proporre opposizione.

Il ricorrente basava la sua difesa su due punti:
1. La presunta non convivenza con il figlio, che avrebbe invalidato la notifica.
2. L’aver ricevuto l’atto il giorno dopo la notifica ufficiale, riducendo di fatto il tempo a sua disposizione per difendersi.

Il nodo da sciogliere per la Corte era quindi stabilire se la consegna differita di un giorno da parte del familiare potesse integrare una valida ragione per concedere la remissione in termini.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, respingendolo con argomentazioni chiare e rigorose. In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che la notifica effettuata presso la residenza dell’imputato e a mani del figlio è formalmente corretta ai sensi della normativa sulle notifiche a mezzo posta. Per contestare l’attestazione dell’ufficiale postale riguardo alla convivenza, sarebbe stata necessaria la proposizione di una querela di falso, un’azione legale che il ricorrente non aveva intrapreso.

Il punto cruciale della decisione, però, risiede nella valutazione della conoscenza dell’atto. La Corte ha osservato che è lo stesso ricorrente ad ammettere di aver ricevuto il decreto penale il 16 marzo. Sebbene la giurisprudenza riconosca che la regolarità formale della notifica non sempre equivale a prova di effettiva conoscenza, in questo caso l’ammissione dell’imputato costituisce la prova positiva che egli è venuto a conoscenza del provvedimento.

Avendo ricevuto l’atto il 16 marzo, egli aveva a disposizione quasi l’intero termine di quindici giorni per presentare opposizione, dato che il termine decorre dal giorno successivo a quello della notifica (ovvero dal 16 marzo stesso). La circostanza di aver perso un solo giorno a causa della consegna interna in famiglia non è stata ritenuta un impedimento tale da giustificare la concessione della remissione in termini. L’imputato, secondo la Corte, aveva tutto il tempo necessario per esercitare il proprio diritto di difesa.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio importante: la remissione in termini non è uno strumento per sanare qualsiasi ritardo, ma solo quelli derivanti da un’oggettiva e incolpevole mancata conoscenza del provvedimento. Quando l’imputato ammette di aver ricevuto l’atto, seppure con un giorno di ritardo rispetto alla notifica ufficiale, e ha ancora un tempo congruo per agire, non può invocare questo istituto. La responsabilità di una tempestiva comunicazione all’interno del nucleo familiare ricade, in ultima analisi, sul destinatario dell’atto. La decisione rafforza la certezza dei termini processuali, ribadendo che la loro violazione può essere sanata solo in presenza di ostacoli effettivi e non di semplici disagi organizzativi.

La notifica di un decreto penale a un familiare è valida anche se si sostiene che non sia convivente?
Sì, la notifica è considerata valida. Secondo la Corte, l’attestazione dell’ufficiale postale riguardo alla convivenza fa fede fino a quando non venga contestata con una specifica azione legale chiamata querela di falso.

Se ricevo un atto notificato da un familiare il giorno dopo la consegna ufficiale, ho diritto alla remissione in termini?
No. La Corte ha stabilito che ricevere l’atto con un solo giorno di ritardo dal familiare non è una causa sufficiente per ottenere la remissione in termini, poiché l’imputato ha comunque avuto a disposizione un tempo adeguato (in questo caso, quasi tutti i quindici giorni previsti) per proporre opposizione.

Cosa deve dimostrare l’imputato per ottenere la remissione in termini per opporsi a un decreto penale?
L’imputato deve dimostrare di non aver avuto tempestiva ed ‘effettiva conoscenza’ del provvedimento. Tuttavia, se ammette di aver ricevuto l’atto, come nel caso di specie, questa ammissione diventa prova della sua conoscenza, rendendo difficile ottenere la restituzione nel termine se il tempo residuo per agire era sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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