Registrazione come prova documentale: la Cassazione chiarisce i limiti
In un’era dominata dalla tecnologia, l’uso di registrazioni audio come prova nei processi penali è sempre più frequente. Tuttavia, sorge spesso un dubbio cruciale: quando una registrazione è legittima e quando, invece, sconfina nell’illecito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento, confermando la piena validità di una registrazione come prova documentale se effettuata da uno dei partecipanti alla conversazione. Questa decisione distingue nettamente tale pratica dalle intercettazioni, soggette a procedure molto più rigorose.
Il caso in esame: un file audio al centro del processo
La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il punto centrale della controversia era l’acquisizione agli atti di un file audio, contenuto in una pennetta USB e prodotto in giudizio dalla persona offesa. Secondo la tesi difensiva, tale file audio sarebbe stato acquisito illegittimamente, in quanto assimilabile a un’intercettazione di conversazioni effettuata senza le garanzie previste dalla legge processuale.
La questione giuridica: registrazione come prova documentale o intercettazione?
Il nodo da sciogliere era se la registrazione prodotta dalla parte civile dovesse essere considerata un’intercettazione illegale o, al contrario, una legittima registrazione come prova documentale. La differenza è sostanziale: le intercettazioni richiedono un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria e seguono un iter procedurale stringente per proteggere la riservatezza delle comunicazioni. Al contrario, la prova documentale, disciplinata dall’art. 234 del codice di procedura penale, ha requisiti di ammissibilità meno rigidi.
La difesa dell’imputato sosteneva la prima tesi, nel tentativo di far dichiarare inutilizzabile la prova audio, che evidentemente era un elemento a suo carico. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva già respinto questa argomentazione.
Le motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti nel grado di appello. Gli Ermellini hanno pienamente condiviso il ragionamento del giudice precedente, ribadendo un principio consolidato in giurisprudenza. La registrazione fonografica di una conversazione, eseguita da un soggetto che vi partecipa attivamente, non costituisce un’intercettazione. Essa è, a tutti gli effetti, una forma di memorizzazione di un fatto storico a cui il soggetto stesso ha assistito. 
Pertanto, il file audio rientra a pieno titolo nella categoria della prova documentale, come definita dall’art. 234 c.p.p. La sua acquisizione e utilizzabilità nel processo non richiedono l’attivazione delle complesse garanzie procedurali previste per le intercettazioni, in quanto non vi è alcuna intrusione occulta nella sfera di comunicazione di terzi ignari.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
In conclusione, la Suprema Corte ha confermato la decisione di inammissibilità e ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Inoltre, è stato condannato a rifondere le spese legali sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, liquidate in duemila euro. 
La pronuncia rafforza un importante principio: chiunque partecipi a una conversazione è legittimato a registrarla per tutelare un proprio diritto. Tale registrazione come prova documentale potrà essere validamente utilizzata in un processo penale, rappresentando uno strumento di prova pienamente legittimo.
 
Una registrazione audio fatta da una delle persone presenti può essere usata come prova in un processo penale?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che un file audio prodotto da uno dei partecipanti alla conversazione è pienamente utilizzabile come prova documentale ai sensi dell’art. 234 del codice di procedura penale.
Che differenza c’è tra una registrazione privata e un’intercettazione?
Una registrazione privata è effettuata da una persona che partecipa alla conversazione. Un’intercettazione, invece, è la captazione di una conversazione tra altre persone, effettuata segretamente da un terzo, e richiede procedure e garanzie legali specifiche che non si applicano al primo caso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una semplice e pedissequa reiterazione di quelli già presentati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi ed efficaci elementi di critica alla sentenza impugnata.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33588 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 33588  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME NOME CASAGIOVE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME, nel processo in cui è costituita parte civile NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta l’acquisizione agli atti di un file audio su pennetta USB prodotto dalla persona offesa, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito;
che sul punto il giudice d’appello ha pienamente assolto l’onere argomentativo, avendo, a pagina 4 della sentenza impugnata, illustrato come il suddetto file audio sia pienamente utilizzabile come prova documentale ex art. 234 cod. proc. pen. senza necessità di attingere alle garanzie previste dalla legge processuale in materia di intercettazione di conversazioni;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
ritenuto inoltre che, in considerazione del contenuto delle conclusioni scritte e della nota spese trasmesse in data 11 settembre 2025, l’imputato debba essere inoltre condanNOME alla rifusione, in favore della parte civile costituita, NOME, delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado dalla stessa, come da dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre l’imputate alla rifusione delle spese di assistenza e difesa sostenute nell’odierno grado in favore della parte civile NOME, che liquida in euro duemila oltre accessori di legge.
Così deciso, il 12 settembre 2025.