Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3991 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 3991  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2023
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a San Giorgio Ionico (Ta) il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nata a Monteiasi (Ta) il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce- Sezione distaccata di Taranto -1’01/02/2023
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore Generale, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore delle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, che ha chiesto il rigetto del .-icorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese per il grado in favore delle stesse parti civili;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Taranto ha condannato ai soli fini civili NOME COGNOME NOME COGNOME, assolti in primo grado ai fini penali, per i reati di cui a artt. 346 bis- 482- 494- 640 cod. pen. per avere, in concorso tra loro e con COGNOME NOME, condannato quest’ultimo penalmente, con artifizi e raggiri, consistiti ne
prospettare a NOME COGNOME e NOME COGNOME la possibilità di ingenti guadagni per l’installazione di un impianto di telecomunicazione Wind e facendo sottoscrivere allo stesso COGNOME due contratti di locazione falsi, indotto COGNOME a permettere l’esecuzione di lavori sul proprio terreno commissionandoli alla RAGIONE_SOCIALE di NOME RAGIONE_SOCIALE, e COGNOME a pagare complessivamente la somma di 75 mila euro, in tal modo procurando un ingiusto danno, essendo tutta la operazione inesistente e fraudolenta.
Hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME e COGNOME NOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’art. 603 cod. proc. pen.; il giudizio di responsabilità formulato dalla Co deriverebbe solo da una diversa valutazione delle prove dichiarative assunte in primo grado senza tuttavia procedere alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale; si fa riferimento, in particolare, all’avvenuto riascolto della persona offesa, COGNOME NOME, e all’omesso esame degli imputati (in tal senso si richiama anche la sentenza della Corte E.d.U. 8 luglio 2021 nel procedimento RAGIONE_SOCIALE c. Italia).
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità civile formulato valorizzando il precedente penale per fatti analoghi da cui è attinto COGNOME NOME, commessi in concorso proprio con RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono nel complesso infondati.
Il primo motivo è infondato.
Ove pure si voglia ritenere che l’art. 603, comma 3 bis, cod. proc. pen., introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103, continui ad imporre l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva in casi di riforma di una sentenza assolul:oria impugnata dalle parti civili e che si tratti di una norma che si pone in obiettiva continuità con quanto Sezioni unite della Corte di cassazione hanno in passato avuto modo di chiarire, ciò che deve essere verificato è se nel caso di specie siano stati violati i limiti e la por dell’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva nel caso di riforma i appello di una sentenza di assoluzione.
La questione, in particolare, attiene all’ambito applicativo dei principi affermati dal Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza “Dasgupta” (Sez. U., n. 27620 del 28/4/2016, Dasgupta, Rv. 267486- 267492).
È noto come le Sezioni Unite, dirimendo i dubbi di compatibilità tra l’art. 6 CEDU così come interpretato nella sua portata dalla giurisprudenza delle Corti europee – e le
regole di formazione e valutazione della prova dichiarativa in appello, nel caso di riforma di una precedente sentenza di assoluzione, abbiano ricostruito il tema sulla base dei rapporti tra la normativa interna e quella convenzionale, facendo applicazione dei principi affermati dalle cd. sentenze gemelle della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007, nonché dall’affermazione secondo cui i principi contenuti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali costituiscono un vincolo per il giudice nazionale, se riferiti ad un orientament convenzionale “consolidato” ovvero ad una decisione “pilota” (sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2015).
La Corte di cassazione ha chiarito come la previsione contenuta nell’art. 6, par. 3, lett. d), CEDU implichi che il giudice di appello, in caso di ribaltarnento della sentenz assolutoria di primo grado (anche se emessa all’esito del giudizio abbreviato), a seguito dell’impugnazione del pubblico ministero cha adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare in chiave di condanna la sentenza impugnata, senza avere proceduto, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., a rinnovare l’istruzione dibattimentale ed a risentire quindi i soggetti che abbiano res dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutori primo grado.
Costituisce, infatti, secondo le stesse Sezioni Unite, orientamento consolidato della giurisprudenza europea quello secondo cui, nel giudizio d’appello, è consentita l’affermazione di responsabilità dell’imputato prosciolto in primo grado sulla base di prove dichiarative solo se vengano nuovamente, direttamente, assunti i testimoni, in caso contrario incorrendosi nella violazione dell’art. 6 CEDU e, in particolare del par. 3, lett. d), che assicura il diritto dell’imputato di «esaminare o fare esaminare i testimo a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico» (Corte EDU Dan c. Moldavia del 05/11/2011; COGNOME c. Romania del 05/03/2013 e COGNOME c. Romania del 09/04/2013; COGNOME c. Italia del 29/06/2017).
Il presupposto per l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa è costituito dall diversa valutazione di una prova dichiarativa decisiva.
Si tratta di un aspetto centrale del tema: quanto più è ampio il concetto di prova decisiva, tanto più si conforma l’obbligo di rinnovazione della prova nel giudizio d appello.
Quello di prova decisiva è un concetto che le Sezioni unite hanno dovuto definire, consapevoli che, diversamente da quanto accade in tema di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello, nella specie il concetto di decisività non poteva riguardare una prova non assunta in primo grado e che, se assunta, avrebbe avuto la portata di disarticolare il ragionamento probatorio posto alla base del convincimento del giudice, quanto, piuttosto, di una prova già assunta e che aveva avuto un determinato ruolo
nella formazione del convincimento del giudice e nell’affermazione del giudizio di responsabilità.
Secondo le Sezioni unite costituiscono prove decisive quelle che hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, l’assoluzione di primo grado e che, pur in presenza di altre fonti di prova di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull’esito del giudizio, nonché quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti – da sole o insieme ad altri elementi di prova fini dell’esito della condanna.
Se questa è la definizione “positiva” di prova decisiva, la Suprema Corte ha fornito anche indicazioni in negativo: non si ritiene decisivo quell’apporto dichiarativo il c valore probatorio, in sé non idoneo a formare oggetto di diversificate valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con fonti di prova di diversa natura non adeguatamente valorizzate o erroneamente considerate o addirittura pretermesse dal primo giudice, ricevendo soltanto da queste, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai fini dell’affermazione della responsabilità.
I principi affermati dalla sentenza Dasgupta, come è noto, sono stati confermati dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte “Patalano” (Sez. U, n. 18620 del 19/1/2107, Patalano, Rv, 269785-269787).
In tale contesto si è anche chiarito che il giudice d’appello che intenda procedere alla “reformatio in peius” di una sentenza assolutoria, non ha l’obbligo di rinnovare l’assunzione della prova dichiarativa, qualora il diverso esito decisionale consegua alla valorizzazione delle intercettazioni telefoniche, quasi ignorate dal giudice di primo grado, rispetto alle quali le prove dichiarative sono state ritenute di marginale rilevanza (Sez 6, n. 49067 del 21/09/2017, Bertolini, Rv. 271503)
In particolare, si è condivisibilmente ritenuto che non costituiscono prove decisive, che il giudice d’appello ha l’obbligo di rinnovare in caso di “refornnatio in pejus”, apporti dichiarativi il cui valore probatorio, in sé inidoneo a formare oggetto di oppost valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con elementi di diversa natura, non adeguatamente valorizzati o addirittura pretermessi dal primo giudice, ricevendo da questi ultimi, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai dell’affermazione di responsabilità (Sez. 6, n. 34541 del 12/03/2019, Berlingieri, Rv. 276691).
La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi indicati.
Dalla sentenza impugnata emerge come il giudizio di responsabilità sia stato formulato non attraverso una diversa valutazione delle dichiarazioni rese in precedenza e che avevano avuto rilievo decisivo nella formulazione del giudizio assolutorio, quanto, piuttosto, dalla valorizzazione di elementi di prova fatti derivanti dalla conversazion
registrata ed intercorsa tra COGNOME NOME e la sorella COGNOME NOME, ritenuta fondamentale per provare il concorso degli odierni ricorrenti con COGNOME (pagg. 7-8-9 -10 sentenza impugnata).
Dunque, non una diversa valutazione di prove dichiarative decisive, ma una valutazione di una prova diversa alla luce della quale si è itenuta smentita la ricostruzione alternativa lecita dei ricorrenti.
Né assume decisivo il richiamo contenuto nel ricorso alla decisione della Corte Edu nel procedimento RAGIONE_SOCIALE c. Italia del 8 luglio 2021, che ha affermato il principio dell necessità di assumere l’esame dell’imputato in caso di ribaltamento nel giudizio di appello della pronuncia assolutoria, atteso che nel caso oggetto della sentenza in questione l’esigenza di esaminare gli imputati era stata affermata in forza della necessità di una nuova valutazione delle dichiarazioni rese dagli stessi in primo grado che erano state ritenute decisive ai fini dell’assoluzione.
La questione decisa dalla Corte Europea riguardava, dunque, un caso in cui la rivalutazione dell’esame dell’imputato reso nel corso del giudizio di primo grado era stata ritenuta decisivo per il ribaltamento dell’assoluzione in condanna da parte del Giudice dell’appello; una fattispecie, quindi, diversa da quella in esame, in cui, invece le dichiarazioni dell’imputato non sono state “diversamente” valutate nel giudizio di appello essendo la Corte pervenuta al ribaltamento del giudizio assolutorio, come detto, sulla base di prove diverse, preesistenti e non adeguatamente valutate dal Giudice di primo grado.
E’ invece inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, avendo la Corte fatto discendere il giudizio di responsabilità da un ragionamento probatorio la cui valenza sostanzialmente prescinde dai precedenti penali di COGNOME, il cui richiamo improprio costituisce solo un rivolo accessorio e non decisivo della motivazione
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si liquida in complessivi quattro mila euro, oltre accessori di legge.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si liquida in complessivi quattro mila euro, oltre accessori di legge..
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2023.