LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reddito di cittadinanza reato: la Cassazione decide

Una persona è stata condannata per aver omesso di dichiarare la propria attività lavorativa al fine di percepire il reddito di cittadinanza. In Cassazione, la difesa ha sostenuto l’avvenuta abolizione del reato a seguito della soppressione del sussidio. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che un intervento normativo ha garantito la continuità dell’applicazione della legge penale per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, evitando così un vuoto normativo. La condanna per il reddito di cittadinanza reato è stata quindi confermata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reddito di Cittadinanza Reato: la Cassazione Conferma la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5151 del 2024, ha affrontato una questione di cruciale importanza relativa alla successione di leggi penali nel tempo. Il caso riguardava la punibilità delle false dichiarazioni per ottenere il sussidio, un tema noto come reddito di cittadinanza reato. La Suprema Corte ha stabilito che l’abolizione del beneficio non ha comportato la cancellazione automatica dei reati commessi in precedenza, grazie a un intervento legislativo che ha assicurato la continuità della norma incriminatrice.

I Fatti del Caso: Una Dichiarazione Incompleta

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di una persona per il reato previsto dall’art. 7 del decreto-legge n. 4/2019. L’imputata, al fine di percepire il reddito di cittadinanza, aveva omesso di indicare nella domanda le attività lavorative svolte negli anni 2018-2019 presso un’attività commerciale. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte di Appello avevano confermato la sua colpevolezza, concedendo in secondo grado solo il beneficio della non menzione della condanna.

L’Appello e il Ricorso in Cassazione: la Tesi dell’Abolitio Criminis

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico, ma fondamentale, motivo: l’intervenuta abolitio criminis. Secondo la tesi difensiva, la legge di bilancio 2023 (legge n. 197/2022), pur avendo fissato la data di abolizione del reddito di cittadinanza al 1° gennaio 2024, avrebbe di fatto determinato la soppressione del reato contestato. Di conseguenza, il successivo “decreto lavoro” (d.l. n. 48/2023), che ha esteso l’applicabilità delle sanzioni fino al 31 dicembre 2023, costituirebbe una nuova incriminazione, non applicabile retroattivamente ai fatti precedenti.

Continuità Normativa e il Reddito di Cittadinanza Reato

La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione. I giudici hanno sottolineato che non si è mai verificato un vuoto normativo. L’abolizione prevista dalla legge di bilancio era, infatti, differita nel tempo. Prima che tale abolizione potesse produrre i suoi effetti, il legislatore è intervenuto con il “decreto lavoro”, sancendo espressamente che le disposizioni penali dell’art. 7 continuavano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. Questo intervento ha saldato la vigenza della vecchia norma, impedendo che si creasse un periodo in cui il fatto non fosse più considerato reato. Pertanto, la rilevanza penale della condotta non ha conosciuto “soluzioni di continuità”.

Le Motivazioni della Corte

Nelle motivazioni, la Suprema Corte chiarisce che l’effetto abrogativo della norma incriminatrice non si è mai concretizzato. Al momento della sentenza d’appello (aprile 2023), l’abrogazione non era ancora avvenuta, essendo stata posticipata al 1° gennaio 2024. Il “decreto lavoro”, intervenendo a maggio 2023, ha di fatto “neutralizzato” l’effetto abrogativo imminente, garantendo la persistente applicabilità della fattispecie penale. Per rafforzare il proprio ragionamento, la Corte richiama un precedente analogo in materia di sicurezza alimentare, dove un decreto-legge aveva “ripristinato” delle norme penali poco prima che un decreto legislativo le abrogasse. Anche in quel caso, si era concluso che, se la norma “ripristinatoria” entra in vigore prima di quella abrogatrice, non vi è alcuna abolizione del reato. Di conseguenza, la tesi difensiva è stata ritenuta infondata.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione stabilisce un principio fondamentale in materia di successione di leggi penali. L’abolizione di un sussidio o di un beneficio non comporta automaticamente la cancellazione dei reati connessi se il legislatore interviene tempestivamente per garantire la continuità della norma penale. Nel caso del reddito di cittadinanza, chi ha commesso illeciti per ottenerlo resta punibile per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. La decisione ribadisce che non può esservi abolitio criminis quando la volontà del legislatore è quella di assicurare una transizione ordinata senza creare vuoti normativi che potrebbero favorire l’impunità.

L’abolizione del reddito di cittadinanza ha cancellato i reati commessi per ottenerlo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i reati commessi per ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza fino al 31 dicembre 2023 restano pienamente punibili, poiché un intervento legislativo ha garantito la continuità dell’applicazione della norma penale senza interruzioni.

Perché la difesa sosteneva che il reato non fosse più previsto dalla legge?
La difesa argomentava che la legge di bilancio 2023 avesse già sancito l’abolizione del reato, sebbene con efficacia differita al 1° gennaio 2024. Di conseguenza, il successivo “decreto lavoro” che ne ha esteso la validità sarebbe stata una nuova incriminazione non applicabile retroattivamente.

Qual è il principio chiave affermato dalla Corte di Cassazione in questa sentenza?
Il principio chiave è quello della continuità normativa. Se un provvedimento legislativo, che estende l’efficacia di una norma penale destinata all’abrogazione, entra in vigore prima della data fissata per l’abrogazione stessa, non si verifica alcuna abolizione del reato (abolitio criminis). La rilevanza penale della condotta, pertanto, non viene mai meno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati