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Reddito di cittadinanza: la condanna per false dichiarazioni

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza a carico di un soggetto che aveva falsamente attestato il possesso del requisito della residenza. La difesa sosteneva che la successiva dichiarazione di incostituzionalità del requisito dei 10 anni di residenza (ridotto a 5) dovesse portare all’assoluzione. La Corte ha rigettato il ricorso, specificando che, nel caso concreto, il richiedente non possedeva neppure il requisito ridotto dei 5 anni al momento della domanda, rendendo la sua dichiarazione comunque falsa e penalmente rilevante.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reddito di Cittadinanza: Condanna Confermata per False Dichiarazioni Nonostante la Riforma dei Requisiti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso cruciale riguardante le false dichiarazioni per ottenere il reddito di cittadinanza. La Corte ha confermato la condanna di un individuo, anche alla luce delle recenti modifiche normative e giurisprudenziali che hanno ridotto il requisito di residenza da dieci a cinque anni. Questa decisione chiarisce un punto fondamentale: la falsità di una dichiarazione si valuta al momento in cui viene resa, e una successiva modifica favorevole non salva chi, in origine, non possedeva comunque i requisiti, neanche quelli meno stringenti.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato per aver falsamente attestato, al fine di ottenere il reddito di cittadinanza, di possedere i requisiti previsti dalla legge. Nello specifico, la contestazione riguardava la mancanza del requisito di residenza in Italia per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Dai fatti era emerso che il richiedente era stato iscritto all’anagrafe della popolazione residente solo da una data successiva a quella di presentazione della domanda.

Il difensore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi principalmente su due argomenti:
1. L’applicazione della legge più favorevole (lex mitior): A seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 31/2025), il requisito di residenza decennale era stato dichiarato illegittimo e di fatto ridotto a cinque anni. Secondo la difesa, questa modifica avrebbe dovuto applicarsi retroattivamente, rendendo il fatto non più punibile.
2. Il contrasto con il diritto dell’Unione Europea: Si richiamava una sentenza della Corte di Giustizia UE che aveva giudicato discriminatori i requisiti di lunga residenza per l’accesso a prestazioni sociali, chiedendo un rinvio pregiudiziale.

La Riforma del Requisito di Residenza e il suo Impatto

Il cuore della questione legale risiede nell’intervento della Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 31 del 2025, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera a), numero 2), del D.L. n. 4/2019, nella parte in cui prevedeva una residenza di “almeno 10 anni” anziché di “almeno 5 anni”.
Questa decisione è nata dalla considerazione che un periodo decennale fosse sproporzionato e irragionevolmente gravoso, trasformandosi in una barriera all’accesso alla prestazione, in violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza. Il nuovo termine di cinque anni è stato ritenuto un compromesso più equilibrato, idoneo a dimostrare un sufficiente radicamento territoriale senza creare discriminazioni.

La Decisione della Cassazione sul reddito di cittadinanza

Nonostante questo importante cambiamento normativo, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. La decisione si fonda su un’analisi logica e fattuale ineccepibile. I giudici hanno osservato che, al momento della presentazione della domanda (16 aprile 2020), l’imputato non solo non possedeva il requisito dei dieci anni, ma non avrebbe soddisfatto neanche quello, più favorevole, dei cinque anni. Egli, infatti, aveva ottenuto la residenza solo nel giugno 2020.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che il reato contestato consiste nell’aver reso una dichiarazione falsa per ottenere un beneficio. La falsità deve essere valutata con riferimento alla situazione esistente al momento della dichiarazione. Nel caso di specie, l’imputato ha dichiarato di possedere un requisito (la residenza di lungo periodo) che in realtà non aveva, a prescindere dalla sua durata (10 o 5 anni).

L’applicazione del principio della lex mitior (legge più favorevole) presuppone che, alla luce della nuova norma, il fatto originariamente commesso non costituisca più reato. Tuttavia, in questa vicenda, la condotta dell’imputato rimaneva illecita anche applicando il nuovo requisito dei cinque anni. Poiché egli non era residente da almeno cinque anni al momento della domanda, la sua dichiarazione era e rimaneva falsa.

Di conseguenza, non vi erano i presupposti per annullare la condanna. La Corte ha altresì escluso la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, poiché la questione era già stata risolta a livello nazionale dall’intervento della Corte Costituzionale, le cui conclusioni erano sufficienti a definire il caso.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di diritto fondamentale: la responsabilità penale per false dichiarazioni finalizzate a ottenere benefici pubblici è ancorata alla veridicità dei fatti attestati al momento della domanda. Una successiva modifica normativa, sebbene più favorevole, non può sanare una dichiarazione che era intrinsecamente falsa e che tale sarebbe rimasta anche con i nuovi parametri. Per i richiedenti il reddito di cittadinanza o altre misure di sostegno, questa decisione serve come monito sull’importanza di fornire informazioni accurate e veritiere, poiché le conseguenze penali non dipendono dalle future evoluzioni normative, ma dalla correttezza dei dati forniti hic et nunc.

Una dichiarazione falsa per ottenere il Reddito di Cittadinanza resta reato anche se il requisito dichiarato è poi ritenuto incostituzionale?
Sì, resta reato se la dichiarazione risulta falsa anche applicando il nuovo requisito meno stringente. Il reato consiste nell’attestare il falso, e se il dichiarante non possedeva neanche il requisito ridotto al momento della domanda, la sua dichiarazione rimane penalmente rilevante.

La riduzione del requisito di residenza per il Reddito di Cittadinanza da 10 a 5 anni ha un effetto retroattivo sui processi in corso?
Sì, in base al principio della legge più favorevole (lex mitior), la nuova norma si applica anche ai fatti commessi in precedenza. Tuttavia, l’imputato deve dimostrare che la sua condotta sarebbe stata lecita secondo la nuova regola. Se non soddisfa neanche il requisito ridotto, la condanna è confermata.

Perché la Cassazione ha ritenuto che il ricorrente non avesse diritto all’applicazione della legge più favorevole?
Perché, basandosi sui fatti accertati, il ricorrente non possedeva il requisito della residenza né nella misura originaria di 10 anni, né in quella ridotta a 5 anni al momento della presentazione della domanda. La sua dichiarazione era quindi oggettivamente falsa in ogni caso, rendendo inapplicabile il principio della legge più favorevole in quanto la sua condotta rimaneva illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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