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Reddito di cittadinanza: false dichiarazioni e dolo

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per false dichiarazioni relative al reddito di cittadinanza a carico di un cittadino straniero. L’imputato aveva falsamente attestato di possedere il requisito della residenza decennale. La Corte ha rigettato la difesa basata sulla difficoltà della lingua italiana e sull’aiuto di terzi nella compilazione della domanda, affermando che la sottoscrizione di un’autocertificazione comporta piena responsabilità personale, escludendo la mancanza di dolo.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reddito di Cittadinanza: La Cassazione sulle False Dichiarazioni

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sul tema delle false dichiarazioni per il reddito di cittadinanza, confermando una linea di rigore. Il caso in esame riguarda la condanna di un cittadino straniero per aver falsamente attestato il requisito della residenza prolungata in Italia. La difesa, basata sulla scarsa conoscenza della lingua italiana e sull’affidamento a terzi, non ha convinto i giudici, i quali hanno ribadito un principio fondamentale: chi firma un’autocertificazione ne è pienamente responsabile.

I Fatti del Caso: La Domanda per il Reddito di Cittadinanza

Un cittadino di origine nigeriana veniva condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dalla legge sul reddito di cittadinanza. Nelle dichiarazioni sostitutive presentate all’INPS nel 2020 e 2021, egli aveva attestato di risiedere in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, requisito essenziale per accedere al beneficio.

Tuttavia, dalle verifiche era emerso che la sua residenza in Italia decorreva solo dal gennaio 2018, un periodo di tempo ben inferiore a quello richiesto dalla legge. Di conseguenza, le sue dichiarazioni erano state ritenute false e finalizzate all’indebita percezione del sussidio.

Il Ricorso in Cassazione e le False Dichiarazioni sul Reddito di Cittadinanza

L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la mancanza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo. Ha sostenuto di aver agito in assoluta buona fede e di non aver avuto alcuna intenzione di ingannare la pubblica amministrazione.

Nello specifico, ha affermato di:

* Avere scarse competenze della lingua italiana.
* Essersi rivolto a un impiegato dell’ufficio postale per la compilazione della domanda.
* Aver fornito all’impiegato i propri documenti (carta d’identità e permesso di soggiorno) da cui si evinceva chiaramente la sua data di arrivo in Italia.
* Essersi limitato a firmare un modulo compilato da altri, confidando nella correttezza dell’operato dell’impiegato.

Secondo la sua tesi, queste circostanze dimostrerebbero l’assenza di una volontà cosciente di dichiarare il falso.

La Decisione della Corte: Responsabilità Personale e Irrilevanza delle Difficoltà Linguistiche

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la condanna. I giudici hanno chiarito diversi punti cruciali in materia di false dichiarazioni per il reddito di cittadinanza.

La Piena Responsabilità del Dichiarante

Il punto centrale della decisione è che la sottoscrizione di una dichiarazione sostitutiva comporta l’assunzione di piena responsabilità per il suo contenuto. Eventuali difficoltà linguistiche, secondo la Corte, non costituiscono una scusante. Anzi, proprio la consapevolezza di non comprendere appieno la lingua avrebbe dovuto spingere l’interessato a cercare un supporto qualificato per accertarsi della correttezza dei requisiti e dei dati inseriti, prima di apporre la propria firma.

La Persistente Rilevanza Penale della Condotta

La Corte ha inoltre affrontato la questione delle recenti sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Corte Costituzionale, che hanno inciso sul requisito della residenza decennale. Anche se queste decisioni hanno portato a una riconsiderazione del requisito, limitandolo in alcuni casi, ciò non rende lecita la condotta dell’imputato. Nel caso specifico, infatti, egli risultava residente da meno di cinque anni al momento della domanda, non soddisfacendo quindi neanche i requisiti minimi di residenza, rendendo la sua dichiarazione comunque falsa e la sua condotta penalmente rilevante.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso sottolineando che le argomentazioni della difesa si concentravano su una rilettura dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Il giudice di merito aveva già accertato che l’imputato aveva compilato e sottoscritto personalmente il modulo. La Cassazione ha ribadito che la responsabilità per una dichiarazione mendace non può essere esclusa adducendo difficoltà linguistiche. Al contrario, queste avrebbero dovuto indurre a una maggiore cautela e alla ricerca di un aiuto adeguato per comprendere gli obblighi di legge. Infine, la condotta è stata ritenuta penalmente rilevante poiché, anche alla luce delle nuove interpretazioni normative che hanno ridotto il requisito di residenza, l’imputato non avrebbe comunque avuto diritto al beneficio, avendo dichiarato falsamente un periodo di residenza che non possedeva in ogni caso.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sulla responsabilità individuale nella presentazione di autocertificazioni alla pubblica amministrazione. La firma non è una mera formalità, ma un atto che certifica la veridicità di quanto dichiarato. Difficoltà personali, come quelle linguistiche, non possono essere invocate come giustificazione per dichiarazioni non veritiere. Chi richiede un beneficio pubblico ha l’onere di informarsi correttamente sui requisiti e di assicurarsi che ogni informazione fornita sia esatta, pena l’incorrere in conseguenze penali.

Avere difficoltà con la lingua italiana può giustificare una falsa dichiarazione per ottenere il reddito di cittadinanza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le difficoltà linguistiche non escludono la responsabilità penale. Anzi, dovrebbero spingere la persona a chiedere un supporto qualificato per comprendere appieno i requisiti e il contenuto della dichiarazione prima di firmarla.

Se un’altra persona compila il modulo per me, sono comunque responsabile di ciò che viene dichiarato?
Sì. La sentenza chiarisce che chi sottoscrive personalmente un modulo di autocertificazione ne assume la piena responsabilità, anche se materialmente compilato da un terzo. La firma attesta la veridicità di quanto dichiarato.

Le recenti sentenze europee e costituzionali che hanno modificato i requisiti di residenza per il reddito di cittadinanza annullano il reato di falsa dichiarazione commesso in passato?
No. La Corte ha stabilito che la condotta resta penalmente rilevante. Anche se il requisito di residenza è stato ridotto, l’imputato nel caso specifico non lo soddisfaceva comunque al momento della dichiarazione, quindi la falsità dell’attestazione e il relativo reato persistono.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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