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Reddito di cittadinanza: Cassazione, residenza 5 anni

Un cittadino straniero era stato processato per aver falsamente dichiarato di risiedere in Italia da dieci anni al fine di ottenere il reddito di cittadinanza. La Corte di Cassazione ha annullato la precedente condanna, recependo una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il requisito della residenza decennale, riducendolo a cinque anni. Di conseguenza, la sanzione penale per la falsa dichiarazione sul requisito decennale non è più applicabile se il richiedente possedeva comunque il requisito quinquennale. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione dei fatti alla luce del nuovo quadro normativo.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reddito di cittadinanza: Requisito di residenza ridotto a 5 anni, la Cassazione annulla condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di reddito di cittadinanza, annullando una condanna per falsa dichiarazione sul requisito della residenza decennale. La decisione segue un intervento della Corte Costituzionale che ha ridotto a cinque anni il periodo di residenza necessario per accedere al beneficio, con importanti conseguenze sulla rilevanza penale delle dichiarazioni passate.

I Fatti del Caso: La Dichiarazione sulla Residenza

Il caso riguardava un cittadino straniero accusato del reato previsto dall’art. 7, comma 2, del d.l. n. 4/2019 per aver dichiarato, nella domanda per il reddito di cittadinanza, di risiedere in Italia da almeno dieci anni, requisito all’epoca previsto dalla legge. In primo grado, il Tribunale lo aveva riconosciuto responsabile ma lo aveva assolto per la particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva successivamente confermato tale pronuncia.

L’imputato, tuttavia, ha proposto ricorso in Cassazione chiedendo un’assoluzione con formula piena, sostenendo l’illegittimità del requisito della residenza decennale alla luce del diritto europeo e delle recenti pronunce giurisprudenziali.

Il Contesto Giuridico: Il Dialogo tra Corti sul reddito di cittadinanza

La vicenda si inserisce in un complesso dialogo tra le corti nazionali e sovranazionali. Due sentenze sono state dirimenti:

1. Corte di Giustizia dell’Unione Europea (29 luglio 2024): Ha stabilito che il requisito della residenza decennale è incompatibile con il diritto europeo e il principio di non discriminazione, considerando il reddito di cittadinanza una prestazione di assistenza sociale.
2. Corte Costituzionale (sentenza n. 31/2025): Ha dichiarato incostituzionale il requisito della residenza decennale, riducendolo a cinque anni. Tuttavia, ha qualificato il reddito di cittadinanza non come mera assistenza, ma come una misura complessa di inclusione attiva e lavorativa, giustificando così un requisito di radicamento sul territorio, seppur proporzionato (quinquennale).

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel decidere il caso, ha scelto di aderire all’impostazione della Corte Costituzionale italiana. Ha sottolineato che, sebbene la Corte di Giustizia UE avesse censurato il requisito decennale, lo aveva fatto partendo dal presupposto (fornito dal giudice del rinvio) che il beneficio fosse di natura puramente assistenziale, senza verificare in autonomia tale qualificazione. La Corte Costituzionale, invece, ha rivendicato la propria competenza nell’interpretare la natura della misura secondo l’ordinamento nazionale, definendola come uno strumento di politica attiva del lavoro.

In virtù della sentenza della Consulta, il requisito della residenza decennale è stato espulso dall’ordinamento con efficacia retroattiva (erga omnes) e sostituito con quello quinquennale. Di conseguenza, la condotta di chi ha dichiarato falsamente di possedere il requisito decennale perde di rilevanza penale se, al momento della domanda, possedeva comunque il requisito della residenza quinquennale.

Nel caso specifico, era emerso che l’imputato, al momento della presentazione dell’istanza, risiedeva in Italia da oltre cinque anni. Pertanto, la sua dichiarazione, pur non veritiera rispetto al parametro dei dieci anni, non era idonea a fargli ottenere un beneficio che non gli sarebbe comunque spettato secondo la nuova normativa costituzionalmente legittima.

Le Conclusioni: L’impatto della Sentenza

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello. Il nuovo giudizio dovrà accertare se, al momento della domanda, l’imputato avesse maturato il requisito di cinque anni di residenza. In caso affermativo, dovrà essere assolto con formula piena perché il fatto non sussiste.

Questa pronuncia chiarisce che il reato di falsa dichiarazione per ottenere il reddito di cittadinanza sussiste solo se le informazioni omesse o false riguardano requisiti effettivamente e legittimamente richiesti dalla legge. A seguito della dichiarazione di incostituzionalità, il requisito decennale non è più un presupposto legittimo, e la sua falsa attestazione non può più, da sola, fondare una responsabilità penale se il richiedente aveva comunque diritto al beneficio sulla base del requisito quinquennale.

Il requisito di dieci anni di residenza per il reddito di cittadinanza è ancora valido?
No, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 31/2025 lo ha dichiarato illegittimo per violazione del principio di ragionevolezza e lo ha ridotto a cinque anni.

Chi ha dichiarato falsamente di avere dieci anni di residenza commette reato?
Non necessariamente. Secondo la Cassazione, se al momento della domanda il richiedente possedeva il requisito (ora legittimo) di cinque anni di residenza, la falsa dichiarazione sul requisito decennale non ha rilevanza penale, e l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste.

Perché la Cassazione ha seguito la Corte Costituzionale e non la Corte di Giustizia UE?
La Cassazione ha ritenuto che la qualificazione della natura del reddito di cittadinanza (se sia mera assistenza sociale o una misura di inclusione attiva) spetti al sistema giurisdizionale nazionale. Ha quindi aderito all’interpretazione della Corte Costituzionale, che ha definito il beneficio come una misura complessa, giustificando un requisito di radicamento territoriale, sebbene ridotto a cinque anni per renderlo proporzionato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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