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Reddito di cittadinanza: assolti per falso requisito

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per falsa attestazione relativa al reddito di cittadinanza. La decisione si basa su recenti sentenze della Corte di Giustizia Europea e della Corte Costituzionale che hanno dichiarato illegittimo il requisito della residenza decennale per i cittadini di paesi terzi. Di conseguenza, la falsa dichiarazione su tale requisito non costituisce più reato, portando all’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reddito di Cittadinanza: Assoluzione per Falsa Attestazione sul Requisito di Residenza

Una recente e fondamentale sentenza della Corte di Cassazione ha annullato la condanna di un cittadino straniero accusato di aver falsamente attestato i requisiti per ottenere il reddito di cittadinanza. La decisione, basata su un’interpretazione conforme al diritto europeo, stabilisce che la falsa dichiarazione sul requisito dei dieci anni di residenza non costituisce più reato, a seguito degli interventi della Corte di Giustizia Europea e della Corte Costituzionale. Approfondiamo i dettagli di questo caso e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso: La Contestazione di Falsa Dichiarazione

Il caso riguardava un cittadino di un paese terzo, residente in Italia dal 2015, che aveva richiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza. L’accusa mossa nei suoi confronti era quella di truffa aggravata e falsa attestazione, per aver dichiarato di possedere il requisito della residenza continuativa in Italia da almeno dieci anni, requisito che in realtà non aveva. I giudici di merito avevano confermato la sua responsabilità penale.

La difesa dell’imputato si basava su diversi punti, tra cui la mancanza di consapevolezza di commettere un reato, data la sua scarsa conoscenza della lingua italiana e l’affidamento a un centro di assistenza fiscale (CAF). Tuttavia, l’argomento decisivo si è rivelato quello relativo alla legittimità stessa del requisito di residenza richiesto dalla legge.

L’Intervento delle Corti Superiori e il Reddito di Cittadinanza

La svolta nel giudizio è arrivata grazie a due sentenze cruciali, una a livello europeo e una a livello nazionale, che hanno minato le fondamenta dell’accusa.

La Decisione della Corte di Giustizia Europea

Con una sentenza del 29 luglio 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il requisito dei dieci anni di residenza per l’accesso al reddito di cittadinanza è incompatibile con il diritto dell’Unione. Nello specifico, viola il principio di parità di trattamento previsto dalla direttiva 2003/109/CE per i cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo. La Corte europea ha ritenuto tale requisito una forma di discriminazione indiretta, sancendo inoltre il divieto di applicare sanzioni penali per false dichiarazioni relative a un requisito illegittimo.

La Sentenza della Corte Costituzionale

Recependo i principi espressi dalla Corte di Giustizia, la Corte Costituzionale italiana, con una sentenza del 12 febbraio 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale della norma sul reddito di cittadinanza. Ha stabilito che il requisito di residenza dovesse essere di “almeno 5 anni” e non di “almeno 10 anni”, per violazione del principio di uguaglianza.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione, applicando questi principi sopravvenuti, ha concluso che la condotta dell’imputato non poteva più essere considerata penalmente rilevante. Poiché la norma che imponeva i dieci anni di residenza è stata dichiarata illegittima con efficacia retroattiva, è venuto meno l’elemento costitutivo del reato. La falsa dichiarazione verteva su un requisito che la legge non poteva legittimamente richiedere. Di conseguenza, il fatto per cui l’imputato era stato condannato non sussiste più come illecito penale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto fermo nell’interpretazione delle norme sull’accesso alle prestazioni sociali per i cittadini stranieri. La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio, con la formula “perché il fatto non sussiste”. Questa decisione non solo scagiona l’imputato, ma chiarisce che nessuna sanzione penale può derivare dalla falsa attestazione di un requisito che si pone in contrasto con i principi fondamentali del diritto europeo e costituzionale. Si tratta di un’affermazione importante del principio di legalità e della necessità di conformare la legislazione nazionale ai dettami sovranazionali in materia di parità di trattamento.

È reato dichiarare falsamente il requisito dei 10 anni di residenza per il reddito di cittadinanza?
No. Secondo questa sentenza, a seguito delle decisioni della Corte di Giustizia Europea e della Corte Costituzionale, il requisito dei 10 anni è stato dichiarato illegittimo. Pertanto, una falsa dichiarazione su un requisito non più valido non può configurare un illecito penale.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La Corte ha annullato la condanna con la formula “perché il fatto non sussiste”. La norma che prevedeva il requisito di residenza di 10 anni è stata dichiarata parzialmente incostituzionale con efficacia retroattiva. Di conseguenza, la condotta dell’imputato, che risiedeva in Italia da meno di 10 anni, non è più considerata penalmente rilevante.

La restituzione delle somme percepite ha avuto un ruolo nella decisione di assoluzione?
No, la restituzione delle somme, sebbene avviata dall’imputato, non è stata l’elemento decisivo. La decisione di assoluzione si fonda esclusivamente su una questione di diritto: l’illegittimità del requisito di residenza, che ha fatto venir meno la base stessa del reato contestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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