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Reclamo tribunale sorveglianza: annullato il decreto

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto con cui il Presidente del Tribunale di sorveglianza aveva dichiarato inammissibile il reclamo di un detenuto. La Suprema Corte ha stabilito che la decisione sull’ammissibilità di un reclamo al tribunale di sorveglianza spetta esclusivamente all’organo collegiale e non al solo Presidente, configurando altrimenti una nullità assoluta per vizio di costituzione del giudice.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reclamo Tribunale Sorveglianza: Perché il Presidente Non Può Decidere da Solo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nella procedura penale, in particolare per quanto riguarda il reclamo al tribunale di sorveglianza. La decisione chiarisce in modo inequivocabile che il Presidente del Tribunale non ha il potere di dichiarare, in autonomia e de plano, l’inammissibilità di un reclamo. Tale competenza spetta unicamente all’organo nella sua composizione collegiale. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: Il Reclamo del Detenuto

Un detenuto aveva presentato un reclamo avverso una decisione del Magistrato di sorveglianza, lamentando un grave pregiudizio all’esercizio dei suoi diritti. La questione era stata sollevata ai sensi dell’art. 35-bis della legge sull’ordinamento penitenziario, una norma posta a tutela dei diritti dei carcerati.

La Decisione Impugnata

Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Torino, investito della questione, emetteva un decreto con cui dichiarava il reclamo inammissibile. La motivazione addotta era la presunta carenza di interesse da parte del detenuto, il quale, nel frattempo, era stato trasferito da tempo in un’altra struttura penitenziaria. Tale decisione veniva presa de plano, ovvero senza indire un’udienza e senza sentire le parti.

Contro questo decreto, il difensore del detenuto proponeva ricorso per Cassazione, lamentando la violazione delle norme procedurali e, in particolare, l’usurpazione di un potere che non spettava al Presidente, bensì al collegio.

Il Principio di Diritto sul Reclamo Tribunale Sorveglianza

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, individuando un vizio dirimente e insanabile nel provvedimento impugnato. Il punto centrale della decisione ruota attorno alla natura giuridica del reclamo al tribunale di sorveglianza. Questo strumento non è una mera istanza, ma una vera e propria impugnazione contro un provvedimento del Magistrato di sorveglianza.

In quanto impugnazione, la sua disciplina deve seguire le regole generali previste dal codice di procedura penale. In particolare, la valutazione sull’ammissibilità di un’impugnazione, secondo l’art. 591 c.p.p., spetta al giudice dell’impugnazione stessa. Nel caso specifico, il giudice competente a decidere il reclamo è il Tribunale di sorveglianza in composizione collegiale, e non il suo Presidente in via monocratica.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che il potere del giudice di dichiarare de plano l’inammissibilità di un’istanza, previsto dall’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale, si applica alle richieste iniziali e non ai mezzi di impugnazione. Confondere i due piani procedurali costituisce un errore grave.

La decisione del Presidente di arrogarsi una competenza spettante al collegio integra una violazione delle norme sulla costituzione del giudice, vizio che determina una nullità assoluta ai sensi dell’art. 178, lett. a), c.p.p. Questa nullità è talmente grave da poter essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

Di conseguenza, la Corte ha annullato il decreto impugnato e ha rinviato gli atti al Tribunale di sorveglianza di Torino, che dovrà procedere a un nuovo giudizio, questa volta nella sua corretta composizione collegiale e garantendo il pieno contraddittorio tra le parti, come previsto dagli artt. 666 e 678 c.p.p.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza il principio di collegialità come garanzia fondamentale del giusto processo. La decisione sull’ammissibilità di un reclamo al tribunale di sorveglianza non può essere delegata al solo Presidente, ma richiede la valutazione ponderata dell’intero collegio giudicante. Questa pronuncia tutela i diritti di difesa e assicura che ogni impugnazione riceva il corretto esame procedurale previsto dalla legge, evitando scorciatoie che, sebbene apparentemente efficienti, minano le fondamenta dello stato di diritto.

Il Presidente del Tribunale di sorveglianza può dichiarare da solo l’inammissibilità di un reclamo?
No, la decisione sull’ammissibilità di un reclamo avverso un provvedimento del Magistrato di sorveglianza spetta esclusivamente al Tribunale di sorveglianza nella sua composizione collegiale, non al singolo Presidente.

Qual è la conseguenza se il Presidente decide un reclamo in autonomia?
Il provvedimento emesso dal solo Presidente è affetto da nullità assoluta per violazione delle norme sulla costituzione del giudice (art. 178, lett. a, cod. proc. pen.) e, pertanto, deve essere annullato.

Perché un reclamo al Tribunale di sorveglianza è considerato un’impugnazione?
È considerato un’impugnazione perché è il mezzo processuale previsto per contestare una decisione di un giudice (il Magistrato di sorveglianza). In quanto tale, la sua procedura, inclusa la dichiarazione di inammissibilità, deve seguire le regole proprie delle impugnazioni, che attribuiscono la competenza al giudice del gravame, in questo caso l’organo collegiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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