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Reclamo generico detenuto: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro un’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza. La Corte ha stabilito che il reclamo generico del detenuto era stato correttamente qualificato come tale, poiché riguardava le modalità di esercizio dei diritti e non i diritti stessi. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reclamo generico detenuto: la Cassazione chiarisce i limiti e le conseguenze

L’ordinamento penitenziario offre ai detenuti strumenti per tutelare i propri diritti, ma è fondamentale utilizzarli correttamente per evitare conseguenze negative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito la netta distinzione tra la lesione di un diritto soggettivo e le semplici modalità di esercizio dello stesso, chiarendo quando un reclamo generico detenuto è destinato all’inammissibilità. Questa decisione non solo conferma un orientamento consolidato, ma serve anche da monito sulle conseguenze economiche di un ricorso infondato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza emessa dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, contro la quale un detenuto ha proposto ricorso in Cassazione. Il provvedimento iniziale aveva qualificato l’istanza del detenuto come un reclamo generico ai sensi dell’art. 35 dell’Ordinamento Penitenziario. Il ricorrente, non condividendo tale qualificazione e la decisione nel merito, si è rivolto alla Suprema Corte per ottenere l’annullamento dell’ordinanza.

L’Analisi della Cassazione sul reclamo generico detenuto

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, confermando in toto la valutazione del Magistrato di Sorveglianza. Il punto cruciale della decisione risiede nella corretta interpretazione della natura del reclamo avanzato dal detenuto. Secondo i giudici, il provvedimento impugnato non incideva su un diritto soggettivo del detenuto, ma si limitava a regolare le modalità con cui tale diritto poteva essere esercitato.

Questa distinzione è fondamentale: i diritti soggettivi (come il diritto alla salute, alla difesa, etc.) godono di una tutela giurisdizionale piena. Le modalità di esercizio di tali diritti, invece, rientrano nella discrezionalità dell’Amministrazione Penitenziaria, che deve bilanciare le esigenze del singolo con quelle di ordine e disciplina interna all’istituto. Pertanto, un reclamo che contesta queste modalità, senza lamentare una vera e propria violazione del diritto, si configura come un reclamo generico detenuto, non suscettibile di un sindacato giurisdizionale pieno.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un precedente specifico (Sez. 1, n. 37298 del 24/06/2021), che consolida questo principio. I giudici hanno sottolineato che, essendo il motivo di ricorso manifestamente infondato, l’inammissibilità è ‘originaria’. Questo significa che non si è mai validamente instaurato un rapporto processuale davanti alla Corte di Cassazione. Di conseguenza, eventuali altri motivi di doglianza proposti dal ricorrente non possono nemmeno essere presi in esame.

L’inammissibilità del ricorso comporta due conseguenze dirette per il ricorrente:
1. Condanna al pagamento delle spese processuali: una conseguenza automatica prevista dalla legge.
2. Condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende: in questo caso, la Corte ha ritenuto congrua la somma di tremila euro. Tale sanzione viene irrogata quando non emergono elementi che possano scusare l’errore del ricorrente nel proporre un’impugnazione palesemente destinata al fallimento, attribuendo quindi la causa dell’inammissibilità a sua colpa.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine della procedura penale e dell’ordinamento penitenziario: non ogni lamentela del detenuto può essere oggetto di un sindacato giurisdizionale. È essenziale distinguere tra la violazione di un diritto e la contestazione delle modalità organizzative con cui l’amministrazione ne permette l’esercizio. Proporre un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma espone il ricorrente a significative sanzioni economiche. La decisione serve quindi a scoraggiare impugnazioni pretestuose, garantendo che le risorse della giustizia siano concentrate sui casi che presentano reali violazioni dei diritti fondamentali.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che il reclamo originario non riguardava la lesione di un diritto soggettivo, ma solo le modalità del suo esercizio, che rientrano nella discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria.

Cosa significa che l’inammissibilità del ricorso è ‘originaria’?
Significa che il ricorso era privo dei requisiti fondamentali fin dall’inizio, al punto da non far sorgere un valido rapporto processuale. Di conseguenza, la Corte non ha potuto esaminare nel merito nessuna delle censure sollevate dal ricorrente.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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