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Reclamo ex art. 410-bis: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7988/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un’ordinanza che rigettava un reclamo ex art. 410-bis c.p.p. La Corte ha ribadito che tali ordinanze non sono impugnabili, salvo il caso di abnormità, qui escluso. Inoltre, ha specificato che la qualifica di ‘avente diritto economico’ di una società non conferisce lo status di parte offesa e il relativo diritto a ricevere notifiche processuali.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reclamo ex art. 410-bis: La Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, la n. 7988 del 2025, offre importanti chiarimenti sui confini procedurali del reclamo ex art. 410-bis del codice di procedura penale. Questo strumento, pensato per tutelare la persona offesa contro un’archiviazione ritenuta ingiusta, ha dei limiti ben precisi, soprattutto per quanto riguarda la sua successiva impugnabilità. La decisione analizza il caso di un ricorso giudicato inammissibile, stabilendo principi chiave sulla non appellabilità dell’ordinanza che decide sul reclamo e sull’irrilevanza della figura dell’ ‘avente diritto economico’.

Il Contesto del Caso: Dall’Archiviazione al Ricorso

La vicenda trae origine da un procedimento penale per truffa aggravata che era stato archiviato dal Giudice per le Indagini Preliminari. La persona offesa, ritenendosi lesa nei suoi diritti, aveva presentato un reclamo ai sensi dell’art. 410-bis c.p.p., lamentando vizi procedurali. Il Tribunale competente, tuttavia, aveva dichiarato inammissibile tale reclamo. Non arrendendosi, la parte offesa ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che l’ordinanza del Tribunale fosse un ‘atto abnorme’, in quanto le avrebbe impedito di far valere i propri diritti derivanti dalla sua qualità di ‘avente diritto economico’ di una società coinvolta, causando così una stasi irrimediabile del procedimento.

L’Inammissibilità del ricorso e il reclamo ex art. 410-bis

La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali della procedura penale: la tassatività dei mezzi di impugnazione e la corretta definizione di atto abnorme.

La non impugnabilità dell’ordinanza

Il primo punto, dirimente, è che l’ordinanza con cui il Tribunale decide sul reclamo ex art. 410-bis è, per espressa previsione legislativa (comma 3 dello stesso articolo), non impugnabile. Questo principio di non appellabilità è volto a garantire la celerità e la definitività delle decisioni in materia di archiviazione. Ammettere un ricorso ordinario significherebbe eludere una chiara volontà del legislatore.

L’assenza di abnormità del provvedimento

Il ricorrente ha tentato di superare questo sbarramento invocando la categoria dell’ ‘abnormità’ dell’atto. Tuttavia, la Cassazione ha ricordato che un atto abnorme non è un qualsiasi atto illegittimo o sgradito, ma un provvedimento talmente anomalo da porsi al di fuori del sistema legale e da generare una paralisi processuale insanabile. Nel caso di specie, l’ordinanza del Tribunale, pur potendo essere oggetto di dissenso nel merito, rientrava pienamente negli schemi legali previsti per la decisione sul reclamo, escludendo quindi ogni profilo di abnormità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Andando oltre la semplice questione procedurale, la Corte ha colto l’occasione per chiarire un aspetto sostanziale sollevato dal ricorrente. La motivazione della sentenza si è concentrata sull’irrilevanza della qualifica di ‘avente diritto economico’ e sulla corretta individuazione della persona offesa dal reato.

La figura dell’ ‘avente diritto economico’: un concetto irrilevante

La Corte ha specificato che la nozione di ‘avente diritto economico’ è estranea all’ordinamento processuale penale italiano. Di conseguenza, tale qualifica non conferisce alcun diritto a essere notiziati degli atti del procedimento, come la richiesta di archiviazione. Lo status giuridicamente rilevante è quello di ‘persona offesa’, ovvero il titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, non chi vanta un interesse meramente economico o indiretto.

La corretta individuazione della parte offesa

Per completezza, la sentenza ha aggiunto che, anche se si fosse trattato di un reato come la bancarotta fraudolenta, il ricorrente non avrebbe comunque avuto titolo a ricevere alcuna notifica. In tali fattispecie, infatti, la parte offesa è identificata nella generalità dei creditori, rappresentata legalmente dal curatore fallimentare. È quest’ultimo, e non il singolo creditore o socio, il soggetto legittimato a interloquire nel procedimento.

Le conclusioni: Implicazioni pratiche

La decisione in commento rafforza il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e chiarisce i confini applicativi del reclamo ex art. 410-bis. Le conclusioni pratiche sono nette: l’ordinanza che decide su tale reclamo è definitiva e non può essere contestata in Cassazione, a meno che non presenti vizi di abnormità strutturale o funzionale, un’ipotesi estremamente rara. Inoltre, viene ribadito che le qualifiche economiche, come quella di ‘avente diritto economico’, non hanno rilevanza processuale ai fini dell’individuazione della persona offesa, la quale deve essere identificata secondo i rigorosi criteri del diritto penale sostanziale.

È possibile impugnare in Cassazione un’ordinanza che decide su un reclamo ex art. 410-bis c.p.p.?
No, la legge (art. 410-bis, comma 3, c.p.p.) stabilisce espressamente che tale ordinanza non è impugnabile. L’impugnazione è ammessa solo nell’ipotesi eccezionale in cui il provvedimento sia qualificabile come ‘abnorme’.

Cos’è un ‘atto abnorme’ che giustifica un ricorso in Cassazione?
Secondo la sentenza, è un atto che, essendo frutto di uno sviamento di potere, si pone completamente al di fuori degli schemi legali e causa una stasi del procedimento che non può essere risolta in altro modo. Un atto semplicemente illegittimo o non condiviso non è considerato abnorme.

La qualifica di ‘avente diritto economico’ di una società dà diritto a ricevere notifiche in un procedimento penale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la figura dell’ ‘avente diritto economico’ è estranea all’ordinamento nazionale e non conferisce alcun titolo per essere considerati parte offesa o per pretendere di ricevere notifiche processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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