Reclamo decreto archiviazione: perché scegliere il rimedio giusto è fondamentale
Quando un procedimento penale viene archiviato, la persona offesa dal reato può sentirsi privata di giustizia. Tuttavia, l’ordinamento prevede strumenti specifici per contestare tale decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda l’importanza di utilizzare il rimedio corretto, ovvero il reclamo contro il decreto di archiviazione, per evitare una declaratoria di inammissibilità e la condanna alle spese. Approfondiamo questo caso per capire le ragioni procedurali dietro questa importante distinzione.
I fatti del caso
Una società a responsabilità limitata, ritenendosi persona offesa in un procedimento per il reato di truffa a carico di un individuo, presentava opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale competente, tuttavia, rigettava l’opposizione e disponeva l’archiviazione del procedimento.
Contro questa decisione, la società proponeva direttamente ricorso per cassazione, ritenendo di poter contestare in quella sede la legittimità del provvedimento di archiviazione.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso presentato dalla società inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione (ovvero se l’archiviazione fosse giusta o meno), ma si è fermata a un controllo preliminare di natura puramente procedurale. La Corte ha stabilito che la società aveva utilizzato uno strumento di impugnazione non previsto dalla legge per quel tipo di provvedimento.
Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni: il corretto rimedio del reclamo decreto archiviazione
La motivazione della Corte è netta e si fonda su una precisa disposizione del codice di procedura penale. L’articolo 410-bis, comma 3, del codice di rito, stabilisce infatti che avverso il decreto di archiviazione emesso a seguito dell’opposizione della persona offesa, l’unico rimedio esperibile è il reclamo da presentare al Tribunale in composizione monocratica.
Il ricorso per cassazione, quindi, non è un mezzo di impugnazione consentito in questa specifica fase procedurale. La scelta del legislatore è quella di prevedere un controllo di merito da parte di un altro giudice dello stesso Tribunale (il cosiddetto reclamo), prima di poter eventualmente accedere a gradi di giudizio superiori. Scegliere una via processuale diversa da quella espressamente prevista dalla legge porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, che impedisce al giudice di esaminare le ragioni della parte ricorrente.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: la tassatività dei mezzi di impugnazione. Non si può scegliere liberamente come e a chi appellarsi, ma bisogna seguire scrupolosamente le vie indicate dalla legge. Per la persona offesa che vede archiviata la propria denuncia, ciò significa che:
1. Non è possibile ricorrere direttamente in Cassazione: Contro un decreto di archiviazione emesso dopo la procedura di opposizione, questa strada è preclusa.
2. L’unica via è il reclamo: È necessario presentare un reclamo al Tribunale in composizione monocratica, rispettando i termini e le forme previste.
3. L’errore procedurale ha un costo: La scelta di un mezzo di impugnazione errato non solo impedisce la revisione del caso, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È quindi cruciale affidarsi a un legale esperto che conosca le corrette procedure per tutelare efficacemente i propri diritti ed evitare errori che possono compromettere l’esito di una vicenda giudiziaria.
Qual è il rimedio corretto contro un decreto di archiviazione emesso dopo l’opposizione della persona offesa?
L’unico rimedio previsto dalla legge è il reclamo davanti al Tribunale in composizione monocratica, come stabilito dall’art. 410-bis, comma 3, del codice di procedura penale.
È possibile proporre ricorso per cassazione contro il decreto di archiviazione?
No, il ricorso per cassazione non è un mezzo di impugnazione consentito dall’ordinamento contro questo tipo di provvedimento. L’utilizzo di tale strumento lo rende inammissibile.
Cosa comporta la presentazione di un ricorso inammissibile?
La presentazione di un ricorso inammissibile, come in questo caso, comporta la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, senza che il giudice esamini il merito della questione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20212 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 20212 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE persona giuridica offesa nel procedimento c/ CEA NOME nato a MONCALIERI il 21/07/1981 avverso l’ordinanza 20/01/2025 del GIP TRIBUNALE di FERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo, rigettando l’opposizione proposta dalla ricorrente, ha disposto l’archiviazione del procedimento avviato a carico di NOME COGNOME per il reato di truffa.
Avverso tale provvedimento, la società in intestazione, quale persona offesa, ha proposto ricorso per cassazione, mezzo non esperibile in quanto non consentito dall’ordinamento, essendo previsto che avverso il decreto di archiviazione si può proporre reclamo davanti al Tribunale in composizione monocratica (art. 410-bis, comma 3, cod. proc. pen.).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso, il 24/04/2025.