Reclamo Archiviazione: La Cassazione Chiarisce il Rimedio Corretto contro il Decreto del GIP
Quando un procedimento penale viene archiviato, la persona offesa può sentirsi privata di giustizia. Tuttavia, è fondamentale scegliere la strada processuale corretta per contestare tale decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: contro un decreto di archiviazione emesso a seguito di opposizione, lo strumento giusto è il reclamo archiviazione e non il ricorso diretto in Cassazione. Analizziamo questa importante pronuncia.
Il Contesto del Caso: un’Archiviazione Contestata
I fatti traggono origine da un procedimento penale per il reato di truffa a carico di una società e del suo amministratore. Il Pubblico Ministero aveva richiesto l’archiviazione del caso, ma la persona offesa si era opposta a tale richiesta. Nonostante l’opposizione, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Firenze aveva comunque disposto l’archiviazione.
Ritenendo errata la decisione del GIP, la persona offesa ha deciso di impugnare il provvedimento, proponendo direttamente ricorso presso la Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte e il reclamo archiviazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini non sono entrati nel merito della questione (ovvero se l’archiviazione fosse giusta o sbagliata), ma si sono fermati a una valutazione preliminare di carattere puramente procedurale. La scelta di adire la Cassazione si è rivelata un errore, poiché la legge prevede un percorso diverso e specifico per questo tipo di contestazioni.
Le Motivazioni: l’Applicazione dell’Art. 410-bis c.p.p.
La motivazione della Corte è netta e si fonda su una norma specifica del codice di procedura penale: l’articolo 410-bis. Questo articolo stabilisce che, contro il decreto di archiviazione emesso dal GIP dopo che la persona offesa ha presentato opposizione, l’unico rimedio esperibile è il reclamo archiviazione.
Questo reclamo non va proposto alla Corte di Cassazione, ma al Tribunale in composizione monocratica, che ha il compito di riesaminare la decisione del GIP. Il ricorso per cassazione, invece, è un mezzo di impugnazione straordinario, ammesso solo in casi specifici e, soprattutto, quando sono state esaurite le altre vie previste dall’ordinamento.
Poiché il ricorrente ha saltato il passaggio obbligato del reclamo, il suo ricorso è stato giudicato inammissibile per non essere consentito dalla legge. A questa declaratoria è seguita, come conseguenza inevitabile, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver attivato inutilmente la macchina della giustizia di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Persona Offesa
Questa ordinanza offre un insegnamento pratico di grande importanza. La persona offesa che vede archiviata la propria denuncia, nonostante la sua opposizione, non deve arrendersi, ma deve utilizzare gli strumenti corretti. Sbagliare il mezzo di impugnazione non solo non porta al risultato sperato, ma può anche comportare conseguenze economiche negative.
La via maestra è quella del reclamo archiviazione ai sensi dell’art. 410-bis c.p.p. Questo strumento permette di ottenere una rivalutazione del caso da parte di un altro giudice (il Tribunale) prima di poter, eventualmente e solo a determinate condizioni, arrivare in Cassazione. La scelta del giusto percorso processuale è, quindi, non un dettaglio formale, ma il presupposto indispensabile per poter tutelare efficacemente i propri diritti.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro un decreto di archiviazione emesso dal GIP dopo l’opposizione della persona offesa?
No, secondo la Corte, il ricorso diretto per cassazione non è il rimedio consentito. L’ordinanza chiarisce che tale ricorso è inammissibile perché la legge prevede un altro strumento.
Qual è il rimedio corretto per contestare un decreto di archiviazione in questi casi?
Il rimedio corretto previsto dall’art. 410-bis del codice di procedura penale è il reclamo da proporre innanzi al Tribunale in composizione monocratica, che è un organo diverso e superiore al GIP che ha emesso il provvedimento.
Cosa comporta la presentazione di un ricorso inammissibile alla Corte di Cassazione?
Come stabilito in questa ordinanza, la presentazione di un ricorso inammissibile comporta non solo la chiusura del procedimento, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33825 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 33825 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FIRENZE il DATA_NASCITA parte offesa nel procedimento c/
RAGIONE_SOCIALE
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA avverso il decreto del 23/05/2025 del GIP TRIBUNALE di FIRENZE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con il provvedimento in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Firenze ha disposto l’archiviazione nel procedimento penale a carico di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME in ordine al reato di truffa.
Avverso tale decreto la persona offesa COGNOME NOME – che aveva proposto opposizione contro la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico ministero – ha proposto ricorso per cassazione.
3.11 ricorso è inammissibile perché non consentito ai sensi dell’art. 410-bis cod. proc. pen. il quale prevede, a determinate condizioni, solo la possibilità di proporre reclamo innanzi
al Tribunale in composizione monocratica.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE delle
Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende. Così deciso, il 22/07/2025.