Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21950 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21950 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso presentato da COGNOME NOME, nata a Messina il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di COGNOME COGNOME, nato a Messina il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/11/2023 del Tribunale di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Messina, adito ai sensi dell’art. 410-bis cod. proc. pen., dichiarava la inammissibilità del reclamo presentato
dalla persona offesa NOME COGNOME contro il decreto con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina aveva dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione proposta dalla predetta persona offesa e, in accoglimento della richiesta del Pubblico Ministero, aveva disposto l’archiviazione del procedimento a carico di NOME COGNOME, sottoposto ad indagini in relazione al reato di cui all’art. 368 cod. pen.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso la RAGIONE_SOCIALE, con atto sottoscritto dal suo difensore, la quale ha denunciato l’abnormità di quel provvedimento, per avere il Tribunale in composizione monocratica dichiarato de plano la inammissibilità del reclamo proposto a norma dell’art. 410-bis cod. proc. pen., senza la previa fissazione di una camera di consiglio, dunque in violazione del principio del contraddittorio; nonché per avere il Tribunale erroneamente sostenuto che il precedente atto di opposizione alla richiesta di integrazione non contenesse alcuna indicazione delle investigazioni suppletive, benché fosse stato segnalato che il Pubblico Ministero non aveva svolto alcun atto di indagine e neppure compiuto il sollecitato esame della documentazione allegata alla denuncia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene il Collegio che il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME sia inammissibile.
2. Il motivo dedotto è manifestamente infondato.
L’art. 410-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 103 del 2017 (che ha pure abrogato il previgente comma 6 dell’art. 409 del codice), nel ridefinire gli esiti decisori del procedimento di archiviazione, consente la presentazione di un reclamo avverso al provvedimento di archiviazione adottato dal Giudice per le indagini preliminari, ma esclude che contro la decisione su tale reclamo sia proponibile il ricorso per cassazione: mezzo di impugnazione, questo, che, dunque, è proponibile solo per lamentare l’abnormità dell’atto gravato e non anche – come nel caso di specie è stato sostanzialmente fatto, con la formulazione di doglianze in termini di violazione del principio del contraddittorio ovvero in termini di vizio di motivazione per apparenza – per dedurne la illegittimità per uno dei vizi elencati nell’art. 606 cod. proc. pen. (così, tra le altre, Sez. 6, n. 12244 del 07/03/2019, Fascetto, Rv. 275723; Sez. 5, n. 40127 del 09/07/2018, Ferrari, Rv. 273875).
Né è configurabile nella fattispecie un caso di abnormità del provvedimento impugnato, che pure è stato formalmente prospettato dalla ricorrente.
Costituisce espressione di un consolidato orientamento di questa Corte il principio secondo il quale è affetto da abnormità il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, nonché quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previst al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale, dunque, può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (in questo senso, in generale, Sez. U, n. 26/00 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 215094; Sez. U, n. 17/98 del 10/12/1997, COGNOME, Rv. 209603; conf., in seguito, Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, COGNOME, Rv. 243599).
Alla luce di tale regula iuris, dalla quale questo Collegio non ha ragione di discostarsi, deve escludersi che l’ordinanza oggetto del ricorso oggi in esame sia inquadrabile in alcuna delle indicate categorie processuali.
Di certo essa non è qualificabile come provvedimento che, per la sua singolarità e stranezza, sia avulso dall’intero ordinamento processuale o sia ad esso estraneo sotto il profilo strutturale: in quanto il menzionato art. 410-bis del codice di rito, nel prevedere che il Tribunale monocratico possa dichiarare la inammissibilità del reclamo in una camera di consiglio non partecipata, la cui fissazione va comunicata alle parti interessate, non esclude, e quindi implicitamente consente, che lo stesso esito decisorio possa caratterizzare l’esame preliminare del ricorso cui quel giudice è tenuto, laddove – al pari di quanto accade per il procedimento camerale partecipato, giusta la previsione dell’art. 127, comma 9, cod. proc. pen. – sia ravvisata l’esistenza di una causa di inammissibilità introduttiva del reclamo.
Né la considerata ordinanza può essere qualificata come abnorme sotto il profilo funzionale, perché essa non determinò una stasi del procedimento e l’impossibilità di proseguirlo.
Nella ordinanza oggetto del ricorso, dunque, non vi è alcun profilo di anomalia strutturale o funzionale che possa giustificarne l’ablazione.
Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a quella di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali e a quella della somma di euro temila in favore della cas delle ammende.
Così deciso il 30/04/2024