Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 52140 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 4 Num. 52140 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/10/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 11/04/1979
avverso la sentenza del 22/03/2018 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 6 dicembre 2013 il Tribunale di Roma, all’esito del rito abbreviato, dichiarava COGNOME NOME responsabile del reato di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309/1990, così derubricato rispetto all’originaria imputazione di cui ai commi 1 e 1 la predetta disposizione, e bis del lo condannava alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 2.000 di multa.
1.1. Al predetto imputato era ascritto di detenere illecitamente, al fine di spaccio, occultata all’interno del vano scala del civico INDIRIZZO di INDIRIZZO in Roma, gr. 3 di sostanza stupefacente del tipo eroina, di cui gr. 0,3 venivano ceduti a Lachtar Tahar che la acquistava al prezzo di euro 20.
Con la recidiva reiterata infraquinquennale.
In Roma il 25 novembre 2013.
2. Con sentenza emessa in data 22 marzo 2018 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, considerato il mutato assetto normativo conseguente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014, ha ridotto la pena ad anni uno di reclusione ed euro 1.000 di multa.
3. COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza elevando i seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 73 d.P.R. n. 309/1990 e 192, 530 e 533 cod. proc. pen. e il vizio motivazionale rappresentando che la Corte distrettuale, nel confermare il giudizio di condanna a suo carico, si è limitata a reiterare le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, integrandole peraltro con argomentazioni altrettanto irrazionali ed illogiche.
Sostiene che la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, fondata sull’assunto che lo COGNOME svolgeva l’attività di spaccio della sostanza stupefacente dinanzi al portone di un palazzo condominiale, è inverosimile considerato il rischio cui si sarebbe esposto di fronte ai terzi.
3.2. Con il secondo motivo denuncia il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 99, 133 cod. pen., 192, 530, 533 cod. proc. pen. e il vizi motivazionale rappresentando che la recidiva è stata ritenuta sul mero rilievo che l’attività di spaccio era svolta in strada e tale circostanza era valutata di p sé sintomatica della sua pericolosità sociale quando peraltro le concrete modalità del fatto deponevano in senso contrario.
3.3. Con il terzo motivo denuncia la inosservanza e/o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 2 cod. pen. e 597 cod. proc. pen. rappresentando che la Corte distrettuale ha operato un’illegittima reformatio in peius in punto di trattamento sanzionatorio rispetto alla pronuncia di primo grado nella quale era stata valutata la prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 73 comma 5, d.P.R. n. 309/1990 rispetto alla contestata recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti che vengono qui di seguito esposti.
2. Il primo motivo è inammissibile sia per genericità in quanto è stato riproposto in questa sede in assenza di una censura argomentata alle ragioni contenute nella decisione impugnata che per manifesta infondatezza atteso che si poggia su considerazioni di merito, non scrutinabili in sede di legittimità, fronte della completezza e della tenuta logica – giuridica dell’apparato argomentativo posto a fondamento del giudizio di condanna.
Ed invero i giudici di merito hanno fondato il giudizio di colpevolezza a carico di COGNOME NOME sulla base della seguente ricostruzione dei fatti, in aderenza alle emergenze processuali.
La mattina del 25 novembre 2013 COGNOME NOME veniva notato dagli operanti di polizia giudiziaria in prossimità del civico INDIRIZZO di INDIRIZZO in Roma nell’atto di ricevere una banconota da un giovane, poi identificato in Lachtar Tahar, che gli si era avvicinato ed aveva scambiato con lui poche frasi. Subito dopo gli operanti osservavano che l’imputato si alzava dal posto ove era seduto, entrava nel portone del civico INDIRIZZO per poi consegnare a quest’ultimo un piccolo involucro.
Gli agenti provvedevano nella immediatezza a bloccare NOME COGNOME il quale, alla vista della polizia giudiziaria, tentava di disfarsi di una busti contenente gr. 0,3 di sostanza stupefacente del tipo eroina con una percentuale di purezza del 51% pari a quattro dosi singole medie che veniva posta sotto sequestro.
Nel contempo altri operanti si recavano all’interno del portone sito al civico INDIRIZZO di INDIRIZZO ove rinvenivano nel vano dei contatori elettrici un involucro trasparente all’interno del quale trovavano sei bustine di cellophane contenenti gr. 3 di sostanza stupefacente del tipo eroina pari a 52 dosi singole medie ed avente la medesima percentuale di principio attivo.
La Corte distrettuale, nel rigettare le censure difensive, ha ritenuto comprovato, con argomentazioni logiche, che lo COGNOME il quale non abitava nel
palazzo in questione, aveva in quel luogo trovato un nascondiglio cui poteva accedere agevolmente per soddisfare le richieste degli acquirenti.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
3.1.Si GLYPH che secondo la giurisprudenza di egittimità premette GLYPH l (cfr. Sez. 6, n. 52577 del 30/11/2016, Rv. 268808) non viola il divieto di “reformatio in peius” la sentenza di appello che, in caso di impugnazione proposta dal solo imputato, nell’applicare la normativa più favorevole sopravvenuta alla sentenza di primo grado, in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, operi, nella rideternninazione della pena, l’aumento per la recidiva, ritenuta dal primo giudice soccombente rispetto alla circostanza attenuante del fatto di lieve entità divenuta ipotesi autonoma di reato.
Ed ancora, non viola il divieto di “reformatio in peius” previsto dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., il giudice di appello o di rinvio che, i applicazione della disciplina più favorevole in tema di “droghe leggere”, determinatasi a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, riduca la pena inflitta in termini assoluti, pur non attestandosi allo stesso punto della forbice edittale da cui era partita la sentenza di primo grado, fatto salvo i limite costituito dal divieto di sovvertire il giudizio di disvalore espresso precedente giudice, ove abbia applicato il minimo della pena in ragione della ridotta offensività del fatto e sempre che tale valutazione non sia stata incentrata sulla tipologia della sostanza stupefacente (cfr. Sez. 3, n. 39448 del 10/01/2017, Rv. 272500).
3.2. Ciò premesso, osserva il Collegio che nel caso di specie non è in ogni caso ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. posto che la Corte distrettuale, in sede di rideterminazione del trattamento sanzionatorio, è partita dalla pena base di anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 1.500 di multa, già considerata la recidiva, che risulta inferiore alla pena base, di anni due di reclusione ed euro 3.000 di multa stabilita dal giudice di primo grado all’esito del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata recidiva.
4. Coglie invece nel segno il secondo motivo.
Si evidenzia al riguardo che in tema di recidiva, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 20808 del 25/10/2018 – dep. 2019 -) hanno rimarcato l’obbligo del giudice di merito di svolgere una verifica in concreto sulla reiterazione dell’illecito, quale indice sintomatico di pericolosità, tenendo conto non solo dell’esistenza del presupposto formale rappresentato dai precedenti penali ma
anche del riscontro, sul piano sostanziale, della più accentuata colpevolezza per la dimostrata insensibilità all’ammonimento derivante dalle anteriori condanne.
4.1.0rbene, nel caso in esame difetta uno specifico accertamento della relazione qualificata tra lo status dell’imputato e il fatto che deve risultare sintomatico – in relazione alla tipologia dei reati pregressi e all’epoca della lor consumazione – degli imprescindibili requisiti sopra indicati che sono alla base dell’aggravamento di pena disposto dal legislatore con la previsione della circostanza di cui all’art. 99 cod. pen.
5. Alla stregua di quanto sopra esposto la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla ritenuta recidiva con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Roma, altra sezione.
Il ricorso va rigettato nel resto.
Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara irrevocabile la affermazione di responsabilità dell’imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta recidiva con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Roma, altra sezione.
Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara irrevocabile la affermazione di responsabilità dell’imputato.
Così deciso il 16/10/2019