Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34831 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34831 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Siracusa il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Messina 14/03/2025,
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha concluso pe l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’articolo 131-bis cod. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14/03/2025, la Corte d’appello di Messina confermava la sentenza del Tribunale di Messina del 5/03/2024, che aveva condannato NOME COGNOME, in relazione al delitto di cui all’art. 452-terdecies cod. pen., alla pena di anni uno di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, proponendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla valutazione delle pr dibattimentali.
Evidenzia, in primo luogo, come l’imputato abbia tentato in ogni modo di «sbrogliare la matassa», chiedendo all’ente pubblico come doveva comportarsi, senza ottenere alcuna risposta, circostanza che evidenzia chiaramente l’assenza del dolo.
Inoltre, il materiale rimasto depositato nel luogo concesso e non rimosso non può certamente definirsi «rifiuto».
Lamenta inoltre mancanza di motivazione sull’omesso riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod. pen. e l’eccessività del trattamento sanzionatorio.
RITENUTO IN DIRITTO
La sentenza impugnata va annullata senza rinvio.
Il Collegio ritiene, pur in assenza di specifica censura sul punto, che il fatto ogg dell’odierno scrutinio non integri l’ipotesi di reato contestata.
L’art. 452-terdecies, la cui violazione è qui contestata, prevede che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o’ al recupero dello dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000».
La norma, come visto, menziona espressamente tre tipi di attività: «bonifica», «ripristino» e «recupero» dello stato dei luoghi, nonché tre possibili fonti distinte dell’obbligo di fare: giudice, autorità amministrativa.
Quanto al primo aspetto, che qui interessa, si deve convenire con la dottrina secondo cui in casi quale quello in esame il ricorso alle categorie e alle definizioni del decreto legislativ del 2006 è essenziale per riempire di contenuto sotto il profilo oggettivo la gran parte de fattispecie di reato introdotte con il nuovo Titolo.
Così ragionando, per comprendere la portata delle nozioni di «bonifica» e «ripristino ambientale» occorre prendere necessariamente le mosse dal suddetto decreto, secondo il quale, per «bonifica» si intenda l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia rischio (art. 240, lett. p, d.lgs. 152/06), mentre il «ripristino» e il «ripristino amb comprendono «gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di
recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso confor strumenti urbanistici» (art. 240, lett. q, d.lgs. 152/06).
Più complessa è invece l’individuazione della nozione di «recupero ambientale», che non è definito nel Titolo V della Parte IV del decreto 152 del 2006, al quale, tuttavia, pur in assenz specifica disciplina all’interno del decreto legislativo citato, non può che attribuirsi il s attività tese al reintegro dell’ambiente tramite la rimozione degli elementi alteranti di or antropica (in tal senso Sez. 5, n. 12722 del 11/01/2024, COGNOME, n.m., in motivazione).
Nel caso in esame, in data 21/05/2019, contestualmente all’emissione del decreto n. 351, con cui era stata dichiarata decaduta la concessione demaniale marittima n. 72, l’Amministrazione aveva emesso un’ingiunzione di sgombero e di messa in pristino dello stabilimento balneare, comprensiva della rimozione delle opere abusive installate sulla zona demaniale già concessa, da eseguirsi entro il termine di trenta giorni.
Pur in presenza di una attività ingiunta da una autorità amministrativa, il Collegio ritiene difetti, in tutta evidenza, il requisito del «contenuto recuperatorio» del «bene ambiente» c costituisce il nucleo fondante della norma penale, concernendo – l’ordinanza de quo la mera rimozione di ombrelloni e quant’altro afferente all’esercizio della concessione balneare.
Difetta, in altre parole, quella «attività di recupero e di ripristino e, nel solo caso del anche di bonifica, a fronte di precedenti comportamenti lesivi – o potenzialmente lesivi – del ben tutelato, quale l’integrità dell’ambiente» (così Sez. 3, n. 32117 del 29/05/2024, Della Corte, R 286865 – 01).
Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in quanto il fatto non sussiste.
L’annullamento senza rinvio della sentenza per il motivo ora esposto esime il Collegio dalla trattazione degli altri motivi di ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma il 2 luglio 2025.