Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19871 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19871 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
GLYPH Oggi,
Sui ricorsi presentati da:
NOMECOGNOME nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 10/05/1986,
NOME COGNOME nato a Castroreale il 20/06/1965;
GLYPH
11.:117,f0NA
28 M116. 2025
IARIO
NOME
NOME NOMECOGNOME nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 14/03/1971;
GLYPH
NOME NOMECOGNOME nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 01/04/1977,
avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 13/03/2024.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dr. NOME COGNOME cui il mede P.G. si è riportato in udienza, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi. udita, per gli imputati NOME COGNOME NOME e NOME Renato, l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Barcellona Pozzo di Gotto, che si è riportata ai ricorsi chiedendone l’accoglimento. udito, per l’imputato NOME COGNOME, l’Avv. NOME COGNOME del Foro di Torino, che si è riportato ricorso chiedendone l’accoglimento.
PREMESSO IN FATTO
Con ordinanza del 13 marzo 2024, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto condannava NOME COGNOME, NOME NOME e NOME NOME (proprietari dell’immobile e committenti), nonché NOME Rocco (direttore dei lavori) in ordine ai delitti di cui agli artt. 93-95 (capo b) e 67-7 c) d.P.R. 380/2001, alla pena di 8.500,00 euro di ammenda.
In particolare, ai tre proprietari e committenti e all’COGNOME quale direttore dei lavori contestato di avere realizzato opere edilizie in totale difformità rispetto al progetto present fini dei lavori in cemento armato e autorizzato dall’Ufficio del Genio Civile di Messina, nonch sostanziale assenza del tecnico abilitato quale direttore dei lavori.
Avverso tale sentenza gli imputati propongono, tramite i rispettivi difensori, ricorso cassazione.
Il ricorso di NOME COGNOME.
3.1. Con il primo motivo lamenta difetto assoluto di motivazione della sentenza impugnata, che non ha tenuto conto della circostanza che l’COGNOME era stato indicato quale futuro dirett dei lavori, ma egli era un mero calcolista per le opere in cemento armato da realizzarsi e a indicazione, negli atti depositati al Genio civile, dello stesso quale D.L. non ha mai fatto se una lettera di incarico, né una comunicazione di inizio lavori con indicazione dello stesso qua direttore lavori.
3.2. Con il secondo motivo lamenta violazione dell’articolo 157 cod. pen. essendo i reat comunque estinti per prescrizione alla data della sentenza di primo grado.
I ricorsi di NOME COGNOME, NOME NOME e NOME NOME.
4.1. Con il primo motivo lamentano vizio di motivazione in riferimento all’articolo 157 c pen. e all’art. 129 cod. proc. pen. essendo i reati di cui agli artt. 93-95 d.P.R. 380/2001 per prescrizione alla data della sentenza di primo grado.
4.2. Con il secondo motivo lamentano vizio di motivazione in riferimento all’articolo 157 co pen. e all’art. 129 cod. proc. pen. essendo i reati di cui agli artt. 67-71 d.P.R. 380/2001 per prescrizione alla data della sentenza di primo grado.
4.3. Con il terzo motivo lamenta violazione di legge, vizio di motivazione e violazione norme processuali quanto ai reati di cui agli artt. 67-71 d.P.R. 380/2001 in relazione alla omes declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, essendo emerso chiaramente che i lavori erano finiti nel 2018 (v. testi Sant’Angelo e Munafò).
4.4. Con il quarto motivo lamenta violazione di legge, vizio di motivazione e violazione norme processuali quanto ai reati di cui agli artt. 93-95 d.P.R. 380/2001 in relazione alla omes
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declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, essendo emerso chiaramente che i lavori erano finiti nel 2018 (v. testi Sant’Angelo e Munafò).
4.5. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano travisamento della prova e manifest illogicità, posto che la direzione lavori da parte di tecnico abilitato emerge incontestabil dal verbale di sopralluogo del 18 maggio 2021.
RITENUTO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
I ricorsi di NOME, NOME NOME e NOME NOME sono inammissibili.
2.1. I primi quattro motivi, che ruotano attorno al tema della prescrizione dei reati di capi b) e c), sono manifestamente infondati, per le ragioni che meglio si illustreranno paragrafi 4 e seguenti.
2.2. Il quinto motivo è manifestamente infondato, in quanto agli imputati è contestata altr la realizzazione di opere in cemento armato in totale difformità rispetto al progetto presentat autorizzato, circostanza su cui omettono di dedurre (appuntando la doglianza solo sull’assenza di un direttore dei lavori) e, anzi, a pagina 5 si dà atto del fatto che, per i lavori es piano cantinato, che da progetto doveva essere interrato ed era stato realizzato invec totalmente fuori terra, nessuna autorizzazione era stata richiesta.
Si richiama in proposito quella giurisprudenza secondo cui l’emersione di una «criticità» s una delle molteplici valutazioni concorrenti può non comportare l’annullamento della decisione per vizio di motivazione lì dove le restanti valutazioni offrano ampia e rassicurante tenuta ragionamento ricostruttivo (Sez. 1, n. 20030 del 18/01/2024, COGNOME, Rv. 286492; Sez. 1, n 12358 del 07/02/2024, Volzone, n.m.; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 271227; Sez. 1, n.6922 del 11/05/1992, Rv. 190572; Sez. 4, n. 10116 del 28/09/1993, Rv. 195709; Sez. 1, n. 1495 del 02/12/1998, Rv. 212274), sulla base della c.d. «prova di resistenza» (ex multis, Sez. 4, n. 50817 del 14/12/2023, Stretti, Rv. 285533 – 01).
Si evidenzia peraltro che, simmetricamente a quanto previsto per i reati c.d. «edilizi» (a 44 lett. b, d.P.R. 380/2001), si deve ritenere che l’esecuzione di opere in zona sismica e/o c violazione delle norme sul cemento armato in «totale difformità» rispetto al progetto presenta e approvato equivalga all’esecuzione di lavori in assenza di titolo.
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo, la sentenza, a pagina 4, precisa che i lavori erano dire dall’Ing. NOME COGNOME che figurava anche quale «calcolista» e collaudatore statico.
Per la realizzazione dell’intervento edilizio, erano stati ottenuti sia il permesso di cos che l’autorizzazione sismica. Tuttavia, in concreto, il manufatto realizzato presentava t
difformità rispetto al progetto depositato, essendo stato trasformato il piano interrato volume fuori terra.
L’articolo 29 d.P.R. 380/2001 stabilisce che (il corsivo è del Collegio) «il titolare del per di costruire, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti de contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, al previsioni di piano nonché, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzion pecuniarie e solidalmente alle spese per l’esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell’abuso».
Ai sensi del comma 2, «il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestat agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, con esclusione varianti in corso d’opera, fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunal contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa. Nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, il direttore dei lavori deve i rinunziare all’incarico contestualmente alla comunicazione resa al dirigente».
Questa Corte ritiene che l’obbligo di vigilanza sulla conformità delle opere al permesso costruire, gravante sul direttore dei lavori ai sensi dell’art. 29, comma 1, d.P.R. 6 giugno n. 380, cui consegue la responsabilità penale del predetto nel caso di reati commessi da alt senza che intervenga la sua dissociazione ai sensi del comma 2 della medesima disposizione, permane sino alla comunicazione della formale conclusione dell’intervento o alla rinunzia all’incarico e non viene meno in caso di adozione dell’ordinanza di sospensione dei lavori, salv che – e fintanto – che il cantiere sia sottoposto a sequestro. (Sez. 3, n. 38479 del 13/06/2 Candido, Rv. 276762 – 01; Sez. 3, n. 34602 del 17/06/2010, Rv. 248328 – 01).
E’ stato anche affermato (Sez. 3, n. 7406 del 15/01/2015, COGNOME, Rv. 262423 – 01), che «l’assenza dal cantiere non esclude la penale responsabilità per gli abusi commessi dal direttor dei lavori, sul quale ricade l’onere di vigilare sulla regolare esecuzione delle opere edilizi dovere di contestare le irregolarità riscontrate, se del caso rinunziando all’incarico».
La responsabilità penale sussiste salva l’ipotesi d’esonero prevista dall’art. 29 del d.P. giugno 2001, n. 380, in quanto il direttore dei lavori deve sovrintendere con continuità alle op della cui esecuzione ha assunto la responsabilità tecnica. (Sez. 3, n. 14504 del 20/01/2009 Sansebastiano, Rv. 243474 – 01)
Nel caso di specie, la circostanza, peraltro labialmente dedotta, che non si sia dato cor alla formalizzazione di una lettera di incarico è circostanza assolutamente ininfluente, in qua ciò che conta è che, per l’amministrazione preposta al controllo, fosse presente una figu professionale in grado di accertare, nella fase di esecuzione, la conformità delle opere realizz al progetto approvato e questa figura professionale era proprio il direttore lavori, comunicato all’amministrazione.
L’COGNOME, pertanto, ove avesse ritenuto di non dare corso alla sua prestazione d’opera professionale, avrebbe dovuto attivare la procedura di cui all’articolo 29, comma 2, d.P.R 380/2001, il che non risulta dagli atti.
Correttamente evidenzia il Procuratore generale che l’imputato viene menzionato quale direttore dei lavori non solo nel verbale di sopralluogo, ma anche e soprattutto ne comunicazione fatta al genio civile; pertanto, l’onere della prova del venir meno dell’incar professionale non spettava alla pubblica accusa, poiché risultava documentalmente il contrario.
In tal caso, la deduzione e allegazione di prova contraria non poteva che gravare sulla part che vi ha interesse, in applicazione del principio di «vicinanza della prova», secondo c l’imputato può acquisire o quanto meno fornire, tramite allegazione, tutti gli elementi per prov il fondamento della tesi difensiva (Sez. 2, n. 3883 del 19/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv 278679 – 03; Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373 – 01).
3.2. Quanto al secondo motivo, esso è manifestamente infondato per le ragioni che si indicheranno al paragrafo che segue.
Tutte le doglianze relative alla intervenuta prescrizione del reato sono manifestamente infondate alla luce della natura permanente delle violazioni contestate, come meglio si chiarir nei paragrafi che seguono, in cui il Collegio analizzerà partitamente la natura delle violaz della normativa antisismica e di quella relativa agli interventi edilizi in cemento armato.
Preliminarmente, va disattesa la doglianza difensiva a mente della quale le opere sarebbero state concluse nel 2018; ed infatti, a pagina 3 della sentenza impugnata, si precisa come ne verbale di sopralluogo del 18 maggio 2021 si dia atto della presenza di un «fabbricato rustico cemento armato in corso di realizzazione, ritratto anche nel compendio fotografico realizzato i detta circostanza e acquisito agli atti» (a pagina 4 si specifica poi che il piano cantinato, real completamente fuori terra, presentava le «bucature» per porte e finestre, mentre l’altro pian risultava ancora privo di pareti, ossia le c.d. «tamponature»).
Trattasi di accertamento di fatto che non può essere ridiscusso in sede di legittimità c conseguente inammissibilità della doglianza.
Ciò premesso, quanto alle violazioni relative alla normativa antisismica, il Collegio rit preliminarmente necessario evidenziare – per le ricadute pratiche che da ciò conseguono – come, per pacifica giurisprudenza (v. in proposito Sez. 3, n. 38717 del 10/05/2018, COGNOME, Rv. 27383 – 01,1 GLYPH ..), gli obblighi previsti dagli artt. 93 e 94 T.U.E. sono finalizzati a consen «controllo preventivo» della pubblica amministrazione, per cui non rileva, ai fini della sussiste del reato, l’effettiva pericolosità o meno della costruzione realizzata, in violazione adempimenti e in assenza delle prescritte autorizzazioni, perché le contravvenzioni previste dall normativa antisismica, rientrando nel novero dei reati di pericolo presunto, puniscon inosservanze formali, con la conseguenza che neppure la verifica postuma dell’assenza del
pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo incidono sulla illiceità della condotta, in gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell’attività (così Sez. 3, n. 13/05/1997, COGNOME, Rv. 208299).
La normativa antisismica è infatti ispirata (v. Sez. 3, n. 50624 del 17/09/2014, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 5738 del 13/05/1997, COGNOME, Rv. 208299; Sez. 3, n. 3267 del 21/01/1981, COGNOME, Rv. 148362 – 01) alla necessità di preservare la pubblica incolumità in zon particolarmente soggette al verificarsi di movimenti tellurici: a tal fine, da un lato pr necessari obblighi burocratici (cui sono connesse violazioni «formali») e particolari prescriz tecniche costruttive (cui sono connesse violazioni «sostanziali»); dall’altro, costit un’anticipazione della tutela dell’interesse cui la norma incriminatrice appresta protezi (pubblica incolumità).
In definitiva, la ratio della normativa antisismica fonda sulla necessità, rivolta a tutela dell’incolumità pubblica, di dettare i criteri che devono essere obbligatoriamente seguiti pe costruzione di qualsiasi struttura realizzata nelle parti del territorio nazionale individuat normativa di settore come zone a rischio sismico, in modo da ridurre la tendenza della costruzione a subire un danno cui, a seguito di un evento sismico, la costruzione stessa, secondo un giudizio prognostico ex ante, rischierebbe comunque di essere sottoposta (Sez. 3, n. 38717 del 10/05/2018, Rizzuti, Rv. 273835 – 01, citata).
A ciò consegue che detto rischio, nel caso di mancata conformazione delle costruzioni alle norme di settore, è destinato ad ampliarsi perché, a causa delle ricadute che dalla violazion della normativa antisismica scaturiscono, aumenta il pericolo di danno sulla incolumità dell persone che usano il bene o che con esso si trovino in contatto (Sez. 4, n. 10652 del 06/02/2024, B., Rv. 286012 – 02).
L’effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza l’autorizzazione del genio civi senza le prescritte comunicazioni è, pertanto, del tutto irrilevante ai fini della sussisten reato, come pure lo è la verifica postuma dell’assenza del pericolo (Sez. 3, n. 35615 de 16/06/2016, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 27876 del 16/6/2015, Pro, Rv. 264201, Sez. 3, n. 48005 del 17/9/2014, COGNOME e altro, Rv. 261155, Sez. 3, n. 7893 del 11/1/2012, P.G. in proc. COGNOME e altri, Rv. 252750, Sez. 3, n. 41617 del 02/10/2007, COGNOME Rv. 238007).
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice «manutenzione ordinaria», qualsiasi intervento edilizio in zona sismica (la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo d precisare che, nelle zone sismiche, l’obbligo di informativa e di produzione degli atti proget non è limitato in relazione alle dimensioni e alle caratteristiche dell’opera, ma riguarda tut opere indicate dalla disposizione normativa, nessuna esclusa e dunque anche le opere c.d. «minori», perché diversamente verrebbe frustrato il fine di rendere possibile il contro preventivo e documentale dell’attività edilizia nelle zone sismiche; v., ex plurimis, Sez. 3, n. 8140 del 06/07/1992, Di Scala, Rv. 191390), comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato: a) deve essere previamente denunciato al competente ufficio
al fine di consentire i preventivi controlli; b) necessita del rilascio del preventivo titolo a e) il relativo progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla den di esecuzione dei lavori; d) questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professioni abilitato conseguendone, in difetto, la violazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 95, (S 3, n. 19185 del 14/01/2015, COGNOME, Rv. 263376; Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, COGNOME, Rv. 261155; Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, COGNOME, Rv. 248330); ciascuna violazione, risolvendosi nell’inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di r (v. Sez. 3, n. 50624 del 17/09/2014, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 30394 del 28/04/2016, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 51683 del 07/06/2016, COGNOME, n.m.).
Così ragionando, il preavviso allo sportello unico (presso cui va depositato il proget adempie ad una fondamentale funzione informativa, in relazione all’attività da intraprendere, modo da assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche e garantire la cooperazione fr le amministrazioni, coinvolte nel procedimento, e gli interessati (Sez. 3, n. 50624 17/09/2014, COGNOME, citata), così da consentire all’ente di controllo il rilascio autorizzativo.
In questo senso, le varie disposizioni si integrano tra loro: per un verso, infatti, la impone l’obbligo di rispettare la normativa tecnica (art. 83); per altro verso, impone l’obbli depositare presso lo sportello unico tutta la documentazione atta a verificarne il rispetto da p degli enti preposti al controllo (art. 93) e il rilascio del titolo (art. 94).
Tanto premesso, e venendo ora al «core» dei motivi di ricorso, in ordine alla natura dei reati antisismici e al tempo necessario a prescrivere, si registrano nella giurisprudenza de Corte due distinti orientamenti.
6.1. Un primo orientamento ritiene che, in tema di legislazione antisismica, i reati di omes denuncia dei lavori e presentazione dei progetti (artt. 93-95 T.U.E.) e di inizio dei lavori preventiva autorizzazione (artt. 94-95 T.U.E.), che è l’ipotesi contestata nel presente process abbiano natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a che il responsabil rispettivamente, non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto, non termi l’intervento oppure non ottiene la relativa autorizzazione (ex multis, Sez. 3, n. 11484 del 22/09/1995, COGNOME, Rv. 203019 – 01; Sez. 3, n. 444 del 21/11/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209549 – 01; Sez. 3, n. 7873 del 19/03/1999, COGNOME, Rv. 214501 – 01).
6.2. Tale orientamento, inizialmente prevalente, dalla fine del secolo scorso è sta contrastato a seguito di una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 18 d 17/07/1999, COGNOME, Rv. 213932 – 01), che ha sposato l’opposto indirizzo.
La Corte, in tale occasione, precisò in primo luogo che il reato di cui agli artt. 3 64/1974 (omesso rispetto delle norme tecniche da osservarsi per i lavori edilizi in zona sismic aveva natura permanente e che tale permanenza ha termine con la cessazione dei lavori di costruzione del manufatto.
La Corte nella sua massima composizione ritenne invece che occorresse convenire con quella giurisprudenza delle Sezioni semplici che attribuivano ai reati di cui agli artt. 17, 18 (denuncia dei lavori, presentazione di progetto e autorizzazione) natura di reato istantaneo (p tutte: Sez. 3, n. 3505 del 10/11/1999, COGNOME, Rv. 216382; Sez. 3, n. 12156 del 08/10/1998, COGNOME, Rv. 212176 – 01; Sez. 3, n. 6318 del 22/04/1998, COGNOME, Rv. 210968 – 01), o, tutt’a più, di reato istantaneo ad effetti permanenti (Sez. 3, n. 203 del 24/01/1994, COGNOME, Rv. 198008 – 01), carattere questo, però, che non influisce sulla sua consumazione istantanea.
Contestava l’opposta tesi ritenendo che, se la permanenza dei reati in esame, di natura omissiva, venisse a cessare soltanto con un facere del responsabile (cioè con la rimozione dell’opera contra legem, oppure con l’adempimento dell’obbligo, prima eluso), si richiederebbe all’autore del reato un «controagire», ovvero rimuovere la situazione antigiuridica provocata d suo agire: affermazione questa che evoca la concezione c.d. «bifasica» del reato permanente, che imposta la condotta del reato permanente su due tempi: il primo di aggressione dell’interesse tutelato e il secondo di rimozione di tale illiceità. Ma tale concezione «bifasica», al pari di «pluralista», era stata da tempo abbandonata in dottrina ed in giurisprudenza, essendo stata privilegiata la nozione unitaria del reato permanente (Sez. U, n. 11021 del 13/07/1998, COGNOME, Rv. 211385 – 01; Sez. U, n. 10 del 28/04/1999, Palma, Rv. 213303 – 01), in base alla quale la durata dell’offesa è espressa da una contestuale duratura condotta colpevole dell’agente (v. anche Corte costituzionale, sentenza n. 520 del 1987).
Per quanto concerne i reati omissivi, per riconoscere ad essi la natura permanente (e conseguentemente fissare il termine di cessazione) sarebbe necessario considerare attentamente la norma incriminatrice: da questa deve infatti risultare se, compiuta l’offesa momento della scadenza del termine, desumibile od indicato nella norma stessa, ne sia possibile configurare nel tempo la prosecuzione, essendo anche oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante penalmente la protrazione dell’omissione. In altri termini, deve persist malgrado la scadenza del termine, il dovere per il destinatario del precetto di assolvere l’obbli laddove tutte le norme in esame riferiscono il termine di presentazione della denuncia dell’avviso a «prima dell’inizio dei lavori».
Ed ancora, si deve fare attenzione a non confondere la permanenza con gli effetti permanenti del reato e del pari con l’interesse del soggetto passivo (pubblico o privato) ad ottenere anc ciò che avrebbe dovuto costituire oggetto dell’adempimento.
L’indirizzo esegetico testé evidenziato fu poi seguito da Sez. 3, n. 23656 del 26/05/2011 Armatori, Rv. 250487; Sez. 3, n. 41854 dell’8/10/2008, Patanè Tropea, Rv. 241383; Sez. 3, n. 41858 dell’8/10/2008, COGNOME, Rv. 241424; Sez. 3, n. 3351/04 del 13/11/2003, Catanese, Rv. 227396, nonché, più di recente, Sez. 3, n. 20728 del 29/03/2018, Staiano, Rv. 273225; Sez. 3, n. 7889 del 27/01/2022, Lanteri, n.m..
6.3. Dopo l’entrata in vigore del d.P.R. 380/2001, tuttavia, le prevalenti pronunce della Co hanno sposato il diverso e pregresso orientamento.
6.3.1. Sez. 3, n. 3069 del 05/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238629 – 01, ad esempio, ha ritenuto che le norme della L. n. 64 del 1974, artt. 17, 18 e 20, sono state trasfuse nel te unico approvato con d.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95, le quali prevedono che:
nelle zone sismiche, chiunque intenda procedere a interventi edilizi è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico (che provvede a trasmetterne copia al competente uffici tecnico della regione), presentando apposita domanda e allegando il progetto dei lavori con relazione tecnica (art. 93);
b) nelle stesse zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità specificamente determinate, i lavori edilizi non possono essere iniziati senza preventiva autorizzazione scri del competente ufficio tecnico della regione (art. 94).
Ciò che, secondo la pronuncia in esame, non appariva condivisibile nella sentenza COGNOME, era la logica che sottendeva tutto il ragionamento e che è applicabile sia ai sistemi fond sull’autorizzazione preventiva sia a quelli basati sul controllo successivo all’inizio dei lavor
Questa logica finisce, infatti, per confondere il criterio della persistenza dell’offesa del giuridico tutelato, connessa alla persistenza della condotta, che governa la distinzione tra re permanenti e reati istantanei, col diverso criterio desunto dalla apertura formale di procedimento amministrativo e comunque dalla possibilità di un controllo postumo, attivate dall’adempimento tardivo del contravventore.
Secondo la sentenza COGNOME, la perduranza della condotta antigiuridica e la connessa protrazione della lesione all’interesse pubblico di vigilare sulla regolarità tecnica d costruzione in zona sismica sussistono anche se (anzi proprio perché) l’amministrazione competente non ha aperto un procedimento formale o non ha attivato alcun controllo. Più specificamente, il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 95, permane sino a quand chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la denuncia del lavoro con l’allegat progetto, ovvero non termina il lavoro medesimo.
Sino a questo momento, infatti, persisterebbe la lesione o l’offesa al bene giuridico protet perché il competente ufficio tecnico regionale – non essendo informato dei lavori – non è messo in grado di controllarne la conformità alle norme tecniche stabilite al riguardo.
Per la stessa ragione, sino a questo momento persiste il carattere antigiuridico della condott mista (commissiva/omissiva) del contravventore, il quale potrà farla cessare solo interrompendo i lavori o presentando la denuncia anche dopo l’inizio dei medesimi. In altri termini, il dover agire imposto dall’art. 93 perdura nel tempo anche dopo l’inizio dei lavori, benché cominci essere vincolante prima di tale inizio.
Il reato di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, artt. 94 e 95, dunque, permane sino a quando c intraprende un lavoro edile in zona sismica (che non sia di bassa sismicità) termina il lavo ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Sino a questo momento, infatti, persiste il carat antigiuridico della condotta commissiva del contravventore, che prosegue lavori non autorizzati così come perdura la lesione dell’interesse pubblico ad esercitare un preventivo controllo, perch
il competente ufficio tecnico regionale non è messo in grado di verificare la conformità dei lav alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità.
In conclusione, secondo l’arresto in esame, atteso che sono istantanei solo quei reati in cu la condotta tipica esaurisce la lesione del bene tutelato e sono permanenti quelli in cui la condo volontaria del soggetto protrae nel tempo la lesione del bene, i reati di cui al D.P.R. n. 380 2001, artt. 93, 94 e 95 devono ritenersi permanenti nel senso anzidetto.
6.3.2. Dopo una prima pronuncia adesiva (Sez. 3, 19/09/2008, n. 35912, Cancro, Rv. 241093 – 01), il tema è stato ampiamente ripreso da questa Sezione con la sentenza n. 17217 del 17/02/2011, COGNOME n.m., che ha confermato la natura permanente del reato già previsto dagli artt. 3 e 20 della legge n. 64/1974 (ed attualmente dagli artt. 83 e 95 del T.U 380/2001), con la specificazione che, ai fini della prescrizione, tale permanenza ha termine co la ultimazione o la definitiva cessazione dei lavori di costruzione del manufatto.
La pronuncia parte dalla constatazione secondo cui la Corte costituzionale, con la sentenza n. 520 del 1987, nel dichiarare inammissibile la questione di costituzionalità degli artt. 3 della I. n. 64 del 1974, in relazione agli artt. 2 e 32 Cost. (per la mancata previsione, da del legislatore, della natura permanente di quel reato), ha evidenziato che la definizione carattere permanente o istantaneo del reato non può dipendere da una espressa qualificazione del legislatore, ma deve dipendere dall’interpretazione del giudice il quale, solo se accerta c la lesione dell’interesse protetto è collegata ad una condotta perdurante nel tempo nella su tipicità, può attribuire natura permanente al reato.
La sentenza evidenzia che l’autorizzazione non svolge unicamente il ruolo di rimozione di un ostacolo all’esercizio della facoltà di edificazione, ma è soprattutto rivolta a controll realizzabilità dell’edificazione medesima nel rispetto della normativa vigente; consegue a ciò ch l’esigenza di controllo non cessa con la scadenza del termine fissato per la richies dell’autorizzazione, ma prosegue anche successivamente a tale momento, e aggiunge che, se il dies a quo è fissato per la regolare e tempestiva ottemperanza di una prescrizione che può essere adempiuta in modo utile anche se tardivo, non viene meno l’obbligo di agire dopo la scadenza del termine.
Nelle fattispecie in esame apparirebbero così integrati entrambi i requisiti della permanenza in quanto:
la lesione dell’interesse pubblico tutelato ha carattere continuativo poiché, malgrado scadenza del termine di legge, permangono pur sempre gli obblighi di informazione dell’autorità comunale, di presentazione dei progetti e di ottenimento dell’autorizzazione regionale, essendo anche oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante penalmente la protrazio dell’omissione;
b) il protrarsi della lesione al bene giuridico protetto è imputabile ad una persistente condo volontaria del soggetto, il quale continua a «produrre l’effetto» del reato sottraendosi al cont dell’autorità competente.
Tale soluzione, precisa la Corte, non costituisce riproposizione della c.d. concezio «bifasica» del reato permanente, poiché non si afferma l’obbligo per l’agente di «controagire ma si evidenzia che la durata dell’offesa è espressa da una contestuale duratura condotta colpevole dell’agente medesimo, rilevandosi che, compiuta l’offesa nel momento della scadenza del termine indicato nella norma, ne è possibile configurare nel tempo la prosecuzion persistendo, malgrado la scadenza del termine, il dovere per il destinatario del precetto assolvere l’obbligo.
La sentenza COGNOME precisa anche, approfondendo quanto si è visto al par. 5, che dop l’entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001 non può essere altresì trascurata la valutazione rapporti di interazione tra la procedura di rilascio del permesso di costruire e quella riv conseguimento dell’autorizzazione per l’edificazione nelle località sismiche.
L’art. 93 del d.P.R., infatti, apportando delle modificazioni semplificative alle procedu richieste dalla L. n. 64 del 1974, artt. 17 e 19, ha configurato lo sportello unico l’interlocutore necessario fra le amministrazioni coinvolte nel procedimento di rilascio del abilitativo edilizio e chiunque intenda procedere alla realizzazione di costruzioni, ripara sopraelevazioni nelle zone sismiche. È lo sportello unico, infatti, che, ricevuto il preavviso di cui all’art. 93, cura gli incombenti necessari ai fini dell’acquisizione, anche me conferenza di servizi, delle autorizzazioni e certificazioni del competente ufficio tecnico Regione per le costruzioni in zone sismiche e tali atti devono essere comunicati al Comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di propria competenza. Il preavviso adempie ad u funzione di controllo della progettazione e configura il primo atto di quel procedimento attraverso le successive fasi della presentazione dei progetti e del loro esame tecnico da pa degli uffici competenti, confluisce nel finale giudizio di eseguibilità dell’opera.
In mancanza dell’acquisizione dell’autorizzazione regionale, il permesso di costruire non pu essere rilasciato, sicché appare contraddittorio «il riconoscimento della natura permanente (fi all’ultimazione dei lavori) del reato di costruzione in carenza del titolo abilitativo edi disconoscimento, invece, della medesima natura al reato di costruzione in assenza di quella autorizzazione che si pone quale presupposto indefettibile del permesso di costruire (nello stes senso, sez. 3, 25 giugno 2008, n. 35912, Rv. 241093, e sez. 3, 5 dicembre 2007, n. 3069/2008, Rv. 238629; con riferimento alla normativa previgente, sez. 3, 19 marzo 1999, n. 7873, Rv 214501)».
Tale sentenza concludeva nel senso che:
il reato di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (omesse denunzia dei lav presentazione dei progetti) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la prescritta denuncia con l’allegato progetto ovvero non porta a ultimazione il lavoro medesimo; fino al verificarsi delle condizioni anzidette, infatti, pe lesione del bene giuridico protetto, perché I ‘ufficio tecnico regionale non è messo in gra controllare la conformità delle opere alle norme tecniche stabilite al riguardo: il contravve
inoltre, potrà fare cessare la condotta antigiuridica presentando la denuncia anche dopo l’ini dei lavori (oltre che interrompendo i medesimi). Ne consegue, attesa la ratio della norma, che il dovere di agire imposto dall’art. 93 perdura nel tempo anche dopo l’inizio dei lavori, benc cominci ad essere vincolante prima di tale inizio;
il reato di cui agli artt. 94, comma 1 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (inizio dei lavori preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relat autorizzazione. Nelle more il contravventore esegue e prosegue lavori non autorizzati in relazion ai quali l’ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme tecniche di sic stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità;
il reato di cui agli artt. 94, comma 4 e 95, del D.P.R. n. 380/2001 (secondo cui «i la devono essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell’albo limiti delle rispettive competenze»), ha del pari natura permanente, posto che la ratio legís della norma è rivolta ad evitare che – in considerazione della particolare delicatezza dell’edificaz in territori soggetti al fenomeno sismico e, quindi, a sollecitazioni telluriche che potr compromettere la statica degli edifici – la realizzazione di interventi edilizi venga af soggetti sprovvisti delle necessarie competenze tecnico-scientifiche, sicché il reato perdura o l’inizio della costruzione e per tutto lo svolgimento dell’attività costruttiva.
6.3.3. Sez. 3, n. 12235 del 11/02/2014, Petrolo, Rv. 258738 – 01, infine, nel ripercorrer contrasto giurisprudenziale anzidetto, recupera la motivazione di Sez. 3, 19 marzo 1999, n. 7873, Guerra, Rv. 214501, secondo cui, nell’applicazione della legislazione antisismica costituiscono reato permanente non solo le omissioni penalmente sanzionate concernenti le c.d. «prescrizioni tecniche», nelle quali la permanenza non cessa con l’esaurimento dell’attivi edilizia, ma anche quelle riguardanti adempimenti relativi al controllo dell’attività costrut
La sentenza, che completa il quadro delineato dalle precedenti pronunce esaminate, sostiene che la condotta omissiva si protrae, determinando la permanenza del reato, «finché l’obblig non si estingue perché l’adempimento di esso è divenuto definitivamente impossibile per ragioni di diritto, come la prescrizione, o di fatto, ad esempio perché diventato inutile essendos esaurita la finalità».
La formulazione del testo normativo, che parla di preavviso scritto ed esige, quindi, anche deposito preventivo, in allegato, del progetto dell’edificio che si intende costruire, individuare il momento consumativo del reato, (ma) non già la cessazione dell’obbligo d consentire il controllo dell’attività costruttiva anche dopo il suo inizio, controllo che ri indiscutibili esigenze di pubblico interesse, sicché deve ritenersi che alla consumazione del re segua la permanenza dell’omissione criminosa finché l’adempimento dell’obbligo non si esaurisca, cioè almeno fino al completamento dell’attività costruttiva.
Importante tassello è stato infine aggiunto da Sez. 3, n. 3137 del 03/12/2013, dep. 2014 COGNOME, n.m., che, nel confermare la natura permanente dei reati in parola, ha precisato ch
«grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a qua già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo posses quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell’o incriminata (v., tra le tante: Sez. 3, n. 10562 del 17/04/2000 – dep. 11/10/2000, COGNOME S., 217575)».
6.3.4. La giurisprudenza successiva, assolutamente prevalente, ha aderito a tale secondo orientamento (Sez. 3, n. 29737 del 04/06/2013, Vella, Rv. 255823; Sez. 3, n. 1145 del 08/10/2015 – dep. 14/01/2016, Stabile, Rv. 266015; Sez. 3, n. 35183 del 14/04/2016, Bollettin, n.m.; Sez. 4, n. 7800 del 11/02/2016, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 13731 del 22/11/2018, dep. 2019, Picano, Rv. 275189 – 01; Sez. 3, n. 49797 del 26/09/2019, Sepe, n.m.; Sez. 3, n. 17696 dell’11/01/2019, Villanova, n.m.; Sez. 3, n. 26836 del 08/09/2020, Ofria, Rv. 279882 – 01; Sez 3, n. 2210 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282410 – 01; Sez. 3, n. 51290 del 21/11/2023, COGNOME, n.m.).
Il Collegio ritiene di dare continuità all’orientamento largamente maggioritario.
7.1. In riferimento alla qualificazione dei reati in parola in termini di reati «di dur osservato come autorevole dottrina abbia rilevato che il termine «consumazione» viene adoperato dal legislatore con un duplice significato.
In una prima accezione, infatti, il termine «reato consumato» servirebbe a distinguere reato tentato dal reato consumato in senso stretto.
In una seconda accezione, invece, l’espressione sarebbe utilizzata dal legislatore ad altri f quali la fissazione della competenza territoriale, i fini prescrizionali e l’applica provvedimenti di clemenza (indulto, amnistia).
In questi secondi casi, onde evitare confusione, occorrerebbe distinguere la nozione di «perfezione» dell’illecito penale (termine con cui dovrebbe indicarsi il momento in cui fattispecie concreta è pienamente conforme al modello legale contemplato dalla norma incriminatrice) da quella della sua «consumazione» (che indicherebbe il momento nel quale l’offesa si è esaurita e da cui incominciano a decorrere, ad esempio, i termini per la prescrizi o per l’applicazione di un provvedimento di clemenza).
I due momenti, che nei reati c.d. «unisussistenti» (o istantanei) coincidono, sono inve separati nei reati «non unisussistenti» (quali i reati abituali, i reati permanenti, i reati dall’evento, ecc.).
Ai fini che qui interessano, la data di consumazione – in tale secondo caso – coinciderebb con il momento in cui si verifica o – se prolungato nel tempo – si esaurisce l’evento, il qua senso giuridico, deve intendersi quale «offesa arrecata al bene giuridico protetto».
Dalla teoria della dissociazione tra momento perfezionativo e momento consumativo del reato, che la Corte aveva già sostanzialmente sposato (pur senza menzionarla) nella citata
sentenza COGNOME la dottrina e la giurisprudenza hanno isolato il concetto di «re consumazione prolungata», i quali costituiscono una categoria di genere, all’interno della qual è possibile ricondurre diverse species, come il reato (necessariamente o eventualmente) permanente, il reato abituale, il «reato progressivo» (il quale si configura quando, a livel fattispecie legali astratte, un reato contiene come elemento costitutivo o eventuale un rea minore e la modificazione del titolo del reato non consista nella intensificazione della medesim attività, ma trapassi ad un’attività diversa, per quanto connessa; v. Sez. 5, n. 18667 03/0212021, F., Rv. 281250 conf. Sez. 1, n. 16209 del 1978, Rv. 140675) e il delitto aggravato dall’evento, mentre da essi va tenuta invece dogmaticamente distinta l’ipotesi della c. «progressione criminosa», che si verifica nel caso in cui la progressiva e più grave offesa medesimo bene giuridico protetto determina un mutamento della qualificazione giuridica del fatto, ma tale passaggio viene determinato da risoluzioni successive (v., sul punto, Sez. U, 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246583 – 01; Sez. 3, n. 33287 del 10/07/2024, COGNOME, Rv. 286844 – 01, in tema di distinzione tra il reato di abbandono incontrollato di rifiuti e di discarica abusiva).
Come evidenziato in dottrina, la caratteristica comune di tale categoria di reati consiste fatto che si assiste ad un protrarsi, ad un reiterarsi o, talvolta, anche alla realizzaz condotte alternative rispetto a quelle che sono necessarie e sufficienti per il perfezionamen della fattispecie delittuosa, in conseguenza delle quali si verifica, contestualmente, un prot dell’offesa. Le diverse fattispecie che vi rientrano sarebbero quindi accomunate proprio dal anzidetta scissione tra il momento perfezionativo (quello in cui viene integrato ciò ch necessario e sufficiente affinché sia configurabile una fattispecie penalmente rilevante) momento consumativo del reato (quando cessa la condotta ovvero essa finisce di alimentare il protrarsi dell’offesa) il quale, come rilevato da accorta dottrina, segna il punto conclusivo d fase dotata di specifico rilievo giuridico. Dopo tale momento, è ben possibile che l’off permanga quale conseguenza del reato, ma non è più alimentata da una condotta (o un evento) che si protrae nel tempo.
Ed infatti, dalla consumazione (o «esaurimento») del reato vanno tenuti distinti gli «effe del reato stesso: ai fini della determinazione del momento consumativo non potrà pertanto tenersi conto, ad esempio, della cessazione dell’effetto antigiuridico del reato (come nel ca della restituzione delle cose rubate nel furto) ovvero della realizzazione dello scopo ch colpevole voleva con il reato raggiungere , anche se talvolta i due momenti possono coincidere (nel caso che qui occupa: l’ultimazione dei lavori).
Conclusivamente, nei reati a consumazione prolungata, il dies a quo del termine prescrizionale coincide (non con la perfezione ma) con la consumazione del reato.
7.2. La prima pronuncia in cui la Corte ha fatto uso di questa categoria dogmatica (Sez. 2 n. 4856 del 27/02/1984, Messina, Rv. 164375 – 01) ha ritenuto che quello «a consumazione prolungata» è un reato «che sin dall’inizio si prospetta nella volontà di chi intende commette
come un’azione che sfocia in un evento che continua a prodursi nel tempo, aumentando logicamente a mano a mano la propria entità. Quando l’azione esecutiva è idonea, ai sensi del secondo comma dell’art. 49 cod. pen., ed ha conseguito l’effetto causale che ne discende, colu che l’ha attuata con coscienza e volontà ne continua a rispondere, ove non ne interrompa egl stesso l’effetto, anche se questo, e cioè l’evento che continua a protrarsi nel tempo, pot essere interrotto dalla stessa parte offesa. L’entità del danno subito va valutata unitariamen
Ossequiando tale principio, la successiva Sez. 4, n. 9343 del 21/10/2010, dep. 2011, COGNOME, Rv. 249809 – 01, ha distinto la fase della perfezione da quella della consumazio sottolineando tuttavia che il reato permanente non va confuso con il reato istantaneo con effe permanenti (es. l’omicidio), laddove la permanenza degli effetti non è ricollegabile perdurante volontà colpevole dell’agente, precisando che, in tema di danneggiamento (ambientale), laddove la «distruzione» od il «deterioramento» siano il frutto non di un un atto, ma dalla ripetizione di condotte lesive, il reato vada inquadrato in quella categoria di caratterizzati dal fatto che l’evento continua a prodursi nel tempo, sebbene con soluzione continuità, e denominati «a consumazione prolungata» o a «condotta frazionata», ciò non in ragione della fattispecie tipica, ma delle «specifiche modalità con cui la condotta crimino posta in essere».
Sez. 4, n. 53456 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274501 – 01, ha poi stabilito che esiste u categoria di delitti caratterizzati dal fatto che «l’evento continua a prodursi nel tempo, se con soluzione di continuità, e denominati a “consumazione prolungata” o a “condotta frazionata” ciò non in ragione della fattispecie tipica, ma delle specifiche modalità con cui la con criminosa è posta in essere».
Sez. 5, n. 18667 del 03/02/2021, F., Rv. 281250 – 01, ha infine ritenuto che «rea progressivo è il reato a consumazione prolungata, quindi una categoria che comprende tutte le ipotesi in cui, dopo il momento perfezionativo, la condotta continua a protrarsi (in man permanente, reiterata, abituale) alimentando e aggravando l’offesa al bene protetto e, quin l’evento di danno», ed in cui il momento consumativo coincide con il compimento dell’ultimo at che alimenta l’offesa.
7.2.1. Analizzando la casistica giurisprudenziale, tuttavia, è dato comprendere che con locuzione «reati a consumazione prolungata» si intendeva descrivere fenomeni assai diversi tra loro.
Va in primo luogo enucleato all’interno del genus in parola il reato «a condotta frazionata», in cui si assiste alla reiterazione di condotte distinte ancorché ascrivibili ad una determina unitaria, da quello «a consumazione prolungata» in senso stretto. Rientrano nella prim categoria molti dei casi di cui la Corte si è occupata in tema di reati contro il patrimonio:
– Sez. 5, n. 18667 del 03/02/2021, F., Rv. 281250 – 01, laddove parlava di truffa consumazione prolungata», consistente nell’omesso pagamento periodico della tassa di circolazione riconducibile ad un unico originario comportamento omissivo generatore di effet
dannosi persistenti (nella specie, la simulata vendita della vettura, cui era conseguita, da dei competenti uffici, la falsa attestazione sui documenti di circolazione della proprietà d terza persona, rivelatasi inesistente), con la conseguenza che il termine di prescrizione deco dal momento in cui cessa la situazione di illiceità (così anche Sez. 2, n. 36278 del 16/09/20 Mercurio, Rv. 283884 – 01);
Sez. 3, n. 9196 del 09/01/2024, COGNOME, Rv. 286019 – 01, laddove ha ritenuto che il del di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 483, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, 638, modificato dall’art. 3, comma 6, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha introdotto la sogl punibilità di euro diecimila annui, si configura come fattispecie connotata da progressi criminosa, nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto pe versamento dell’ultima mensilità, ossia con la data del 16 gennaio dell’anno successivo;
Sez. 6, n. 12073 del 06/02/2020, COGNOME, Rv. 278752 – 01, secondo cui il delitto frode nelle pubbliche forniture, laddove riguardi contratti di somministrazione di beni o se si realizza attraverso una pluralità di atti, senza tuttavia perdere la sua struttura unitaria ogni singolo inadempimento rappresenta soltanto l’aggravamento di un’offesa già inferta ed i essere, e perciò l’approfondimento di un disvalore della condotta già emerso e non, invece, u ulteriore autonomo momento di disvalore. Ad un tempo, però, ciascuna omissione, proprio perché contribuisce ad accentuare la lesione arrecata al bene giuridico protetto dalla norma, no può consistere in un mero post factum penalmente irrilevante. In siffatte ipotesi, dunque delitto di cui all’art. 356, cod. pen., assume la struttura di un reato «a consumaz prolungata», che si realizza attraverso condotte reiterate, e comunque plurime.
7.2.2. Altre pronunce, invece, utilizzano la locuzione di reati «a consumazione prolungat per indicare ipotesi in cui l’offesa al bene giuridico viene approfondita non dalla reiterazione condotta dell’agente, ma dal perdurare di una condotta esterna all’agente, che la approfondisce
Sez. 2, n. 37693 del 04/06/2014, COGNOME, Rv. 260782 – 01, ad esempio, in tema di usura, ha stabilito (pur parlando in modo indistinto di reato a condotta frazionata consumazione prolungata) che i pagamenti effettuati dalla persona offesa in esecuzione del patto usurario compongono il fatto lesivo penalmente rilevante, di cui segnano il momento consumativo sostanziale, e non sono qualificabili come post factum non punibile dell’illecita pattuizione» (conf.: Sez. 2, n. 40380 del 11/06/2015, COGNOME, Rv. 264887 – 01; in tema di usura: Sez. 5, n. 42849 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 262308 – 01);
Sez. 2, n. 53667 del 02/12/2016, COGNOME, Rv. 269381 – 01; Sez. 2, n. 57287 de 30/11/2017, COGNOME, Rv. 272250 – 01, ha stabilito che, in tema di frode in danno di previdenziali per ricezione indebita di emolumenti periodici, è configurabile il reato di tru «a consumazione prolungata» quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano
riconducibili ad un originario ed unico comportamento fraudolento, mentre si configurano pluri ed autonomi fatti di reato quando, per il conseguimento delle erogazioni successive alla prim sia necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente; ne consegue che, ai fini prescrizione, nella prima ipotesi il relativo termine decorre dalla percezione dell’ultima finanziamento, mentre nella seconda dalla consumazione dei singoli fatti illeciti.
– Sez. 2, n. 43745 del 03/10/2024, Diana, Rv. 287193 – 02, secondo cui integra il delitt concorso in estorsione, e non quello di favoreggiamento reale, la condotta di colui che garanti la regolare percezione del contributo mensile corrisposto dalla vittima di un’estorsione, p che la rateizzazione del contributo dà luogo a un reato a consumazione prolungata o progressiva e che, in costanza di reato, qualsiasi ausilio fornito all’autore materiale risulta punibile a concorso, essendo finalizzato a tradursi in un sostegno per la protrazione della condo criminosa.
Nei casi dianzi visti, la condotta tipica si esaurisce con la prima azione dell’agente di segnando così il perfezionamento del reato (poiché è in quel momento che si ravvisano tutti g elementi costitutivi richiesti dalla fattispecie), ma quando dalla condotta iniziale di l’erogazione dilazionata di altre indebite elargizioni da parte della persona offesa, il mo consumativo del reato si sposta in avanti fino a comprendere l’ultima erogazione causalmente riconducibile all’originario comportamento antigiuridico.
La ratio della norma risiede nel fatto che, con i versamenti successivi al primo, si avreb un approfondimento dell’offesa tale da giustificare la posticipazione del momento consumativo del reato.
La particolarità dei delitti a consumazione prolungata «in senso stretto» risiede, in tali nel fatto che l’autore del reato pone in essere un unico comportamento illecito dal quale deriv più effetti dilazionati nel tempo senza che questi siano la conseguenza di nuove e ulter condotte criminose.
7.3. In entrambi i casi dianzi esaminati si assiste alla aggressione perdurante ai beni giu tutelati dall’ordinamento dovute, nell’un caso, a condotte poste in essere dal reo, ment nell’altro, a condotte poste in essere da altri soggetti; altre volte ancora (e tale è i esame), alla assenza di condotte commissive, ma tutti i casi esaminati hanno in comune l’elemento costituito dall’essersi l’offesa al bene giuridico protetto «esaurita», sotto sostanziale, in un momento cronologicamente successivo a quello in cui, per la prima volta, fatto si è fatto sussumere in una norma incriminatrice, fuori dai casi «classici» di durata del nel tempo (tanto da indurre accorta dottrina a parlare di «durata post-consumativa» del reat e dai casi in cui l’approfondimento dell’offesa determina il travaso in una fattispecie legale d (come nel reato progressivo e nei delitti aggravati dall’evento).
In ogni caso, tale durata post-consumativa (e in disparte l’ipotesi del reato abituale verificarsi: a) in ragione dell’espresso tenore letterale della norma; b) in ragione delle co modalità della condotta, la quale determina un protrarsi dell’evento in senso giuridico, o
inteso quale offesa all’interesse protetto dalla norma (e tale sarebbe, in ipotesi, il cas occupa il Collegio), come già evidenziato dalla citata pronuncia della Corte costituzionale n. del 1987.
In tale secondo caso, tuttavia, occorre distinguere se tale prolungarsi dell’evento pos dipendere esclusivamente da condotte commissive dell’agente di reato (come nei casi dianzi esaminati al par. 7.2.2), ovvero se possa consistere anche in condotte omissive, ciò che conduce al nucleo dell’odierno thema decidendum.
Inoltre, occorre valutare se, non vedendosi in tema di reati di evento (inteso in se naturalistico), bensì di mera condotta, sia possibile riferirsi all’evento in senso giuridico.
7.4. Il Collegio ritiene che a entrambe le domande possa essere data risposta affermativa.
7.4.1. Quanto al primo aspetto, va in primis evidenziato che i reati in esame, ossia effettuazione di lavori in zona sismica senza preavviso scritto allo sportello unico, proge tecnico abilitato (articolo 93 d.P.R. 380/2001) ovvero senza autorizzazione (art. 94 d.P. 380/2001) sono strutturalmente caratterizzati da una condotta «mista»: una condotta commissiva (l’inizio dei lavori), che costituisce, analogamente alla dichiarazione di falliment reati di bancarotta prefallimentare, una condizione di esistenza del reato (in tal senso, Sez n. 22474 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266804 – 01, in motivazione, par. 18.1; Sez. F, 32779 del 13/08/2012, COGNOME, Rv. 253490 – 01), e una condotta omissiva (omesso preavviso o autorizzazione), solo con la quale si verifica l’esposizione a pericolo (e, quindi, si r l’offesa) dell’interesse tutelato.
La prima condotta, quella commissiva, si esaurisce con l’inizio dell’attività edilizia. Non quella omissiva, che invece perdura, così come l’offesa al bene giuridico protetto, fin momento in cui la condotta imposta dalla legge non viene tenuta o non si esaurisce l’attivi edilizia.
Ci si trova, in altre parole, in presenza di un reato che, inizialmente, è commissivo (s voler considerare l’inizio dei lavori un elemento estraneo alla fattispecie tipica), ma poi pro in forma omissiva permanente. In maniera non dissimile, del resto, Sez. 3, n. 36095 de 30/06/2016, COGNOME, Rv. 267917 – 01, ha ritenuto che «il reato di cui all’ad. 75 d.P.R. 6 g 2001, n. 380 – utilizzazione di un’opera in cemento armato o a struttura metallica prima d rilascio del certificato di collaudo – ha natura di reato permanente a condotta mista in qu comprende, da un lato, un aspetto commissivo costituito dall’utilizzazione dell’edifici dall’altro, un aspetto omissivo, costituito dalla mancata richiesta di collaudo all’a competente, con la conseguenza che il momento di cessazione della condotta antigiuridica, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide con il momento di dismissione dell’uti dell’immobile ovvero con il collaudo».
Tale notazione riverbera i suoi effetti sulla natura del reato. Come infatti già evidenzia una risalente – ma mai superata – pronuncia della Corte (Sez. 3, n. 1028 del 07/07/1967, COGNOME, Rv. 105607 – 01), «in tema di differenze fra reati omissivi istantanei e reati omi
permanenti, deve ritenersi sussistente la prima figura criminosa quando il dovere violato co l’omissione ha per contenuto un comportamento da prestarsi entro un determinato termine, trascorso il quale non è più nel potere dell’obbligato far cessare, sia pure tenen comportamento imposto dalla legge, lo stato antigiuridico provocato dalla condotta omissiva, d guisa che resta leso in modo definitivo l’interesse tutelato dalla norma di legge. Si ha inve seconda figura criminosa, quando, non avendo il termine natura perentoria, ma indicativa, l sua scadenza segna l’inizio dello stato d’antigiuridicità, ma non preclude al soggetto la possib di determinare la cessazione, compiendo, sia pure tardivamente, ma efficacemente, quanto e richiesto dalla legge e, quindi, di rimuovere il pregiudizio nell’interesse del quale la norma e posta».
In tal caso, la scadenza del termine (nel caso di specie, l’inizio dei lavori), che non pr al soggetto obbligato la possibilità di eliminare la situazione antigiuridica mediante l’attu del comportamento prescritto, segna il momento iniziale di perfezione del reato, che si protr per tutto il tempo in cui permane l’inosservanza dell’obbligo e, conseguentemente, la condott antigiuridica sanzionata penalmente (così Sez. 3, n. 1084 del 04/04/1966, COGNOME, Rv. 101766 – 01).
Condotta che si esaurisce con l’ultimazione dei lavori e in relazione alla quale la (me permanenza dell’immobile abusivo costituisce un effetto della condotta stessa e, in ultima anali un post factum non punibile.
7.4.2. Quanto al secondo aspetto, tornando per un momento a quanto affermato al par. 5, se è vero, come è vero, che l’offesa al bene giuridico tutelato consiste nel non consentire organi preposti di operare la prescritta vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, non dubitarsi del fatto che ci si trova di fronte ad un reato a consumazione prolungata.
E ciò in quanto la condotta imposta dalla normativa antisismica non è una «monade» isolata, per cui l’inadempimento degli obblighi di comunicazione, deposito o autorizzazione esaurisce i disvalore del fatto, ma si inserisce in un corpus normativo finalizzato a consentire agli organi di controllo il rispetto della normativa tecnica a tutela del rischio sismico, corpus normativo che si caratterizza, come visto, per l’accentramento nello sportello unico dell’edilizia delle compet urbanistiche, il quale trasmette copia del progetto al competente ufficio tecnico regionale.
Non a caso, il comma 4 dell’art. 93 prevede che «i progetti relativi ai lavori di cui al pr articolo sono accompagnati da una dichiarazione del progettista che asseveri il rispetto de norme tecniche per le costruzioni e la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strut e quello architettonico, nonché il rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute strumenti di pianificazione urbanistica», a testimoniare l’intima coerenza tra le disposizioni agli artt. 93 e 94 e quella di cui all’articolo 83 del d.P.R. (la cui violazione c pacificamente illecito permanente).
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In tal senso, potrebbe avere senso recuperare il concetto di reato ad «evento perdurante», ma con il caveat che tale operazione non è ideologicamente sorretta dall’intento di evitare la prescrizione, quanto dalla perduranza dell’evento in senso giuridico del reato.
7.5. La soluzione caldeggiata sembra anche ricevere autorevole avallo dalle Sezioni Unite della Corte, che, nella sentenza COGNOME (Sez. U, n. 11021 del 13/07/1998, COGNOME, Rv. 211385 – 01), citata peraltro dalle Stesse Sezioni Unite COGNOME, nel ribadire la «natura unita del reato permanente, hanno evidenziato (il corsivo è del Collegio) che il fatto che lo costitu «non si esaurisce “uno actu” ed “uno tempore” ma si protrae nel tempo finché perdura la situazione antigiuridica dovuta alla condotta volontaria del reo e questi non la fa cessar pertanto, «nel reato permanente è possibile distinguere tra “commissione”, intesa come realizzazione del fatto tipico, “id est” dell’azione prevista per la integrazione della soglia della fattispecie astratta, ed il protrarsi nel tempo della situazione antigiuridica realizz perdura fino all’azione consumativa ultima: questa esaurisce l’illecito e segna il momento nel quale la permanenza viene a cessare, facendo giungere al termine il processo esecutivo che ha prodotto lo stato antigiuridico, fino ad allora sostanziatosi della condotta cosciente e volon del soggetto, cioè dell’azione colpevole che si protrae, protraendo l’offesa nel contemporane perdurare di tutti gli altri dati materiali e giuridici caratterizzanti la fattispecie (condot rapporto di causalità, elemento psicologico, antigiuridicità ecc.)».
Conformi a tale dictum sono le successive sentenze Sez. 1, n. 39189 del 09/07/2021, Iacolare, n.m.; Sez. 1, n. 37997 del 13/04/2021, COGNOME, n.m., mentre Sez. 5, n. 1787 de 05/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285842 – 01, ha precisato che in tali casi si realizza «permanente compressione del bene protetto», per effetto della quale «lo stato di consumazione perdura fino a quando si protrae la situazione antigiuridica realizzata».
A corredo di quanto sopra evidenziato, il Collegio sottolinea che la stessa categori dogmatica cui la sentenza delle Sezioni Unite COGNOME ha fatto ricorso, ossia quella dei «re istantanei con effetti permanenti», ha subito nel tempo una profonda revisione critica, essendos sottolineato che tale categoria di reati sarebbe «immeritevole di assurgere a categori autonoma, posto che quasi tutti i reati possono avere conseguenze dannose più o meno irreparabili e posto che l’esistenza di simili conseguenze varia da caso a caso, anche co riferimento alla medesima fattispecie di reato» (Sez. 3, n. 29508 del 04/04/2019, COGNOME, Rv 276359 – 01).
Va quindi riaffermato il principio secondo cui il reato di cui all’articolo 95 d.P.R. 380/ laddove ha ad oggetto la violazione degli obblighi di cui agli articoli 93 e 94 del dec costituisce una fattispecie «a consumazione prolungata» e in particolare un reato permanente, in cui la consumazione del reato prosegue in ragione della perduranza dell’offesa al bene giuridic tutelato, da identificarsi (a tutela della pubblica incolumità) nel controllo pubblic costruzione di qualsiasi struttura realizzata nelle zone a «rischio sismico».
Tale controllo si esprime attraverso la verifica del rispetto da parte dell’interessato prescrizioni tecniche (parametro «sostanziale»).
Tale verifica, a sua volta, può essere consentita (solo) dall’adempimento da part dell’interessato di precisi obblighi amministrativi (parametro «formale»).
La consumazione del reato cessa o con l’adempimento da parte dell’interessato degli obblighi di legge o con l’ultimazione dei lavori: solo da quel momento, infatti, la condotta omissiva div un post factum non punibile.
Alla luce delle superiori considerazioni, i motivi di ricorso concernenti la prescrizion reati «antisismici» (primo e quarto motivo di ricorso di NOME COGNOME NOME e NOME NOME, e secondo motivo di ricorso di NOME COGNOME), che aderiscono ad una giurisprudenza ormai largamente minoritaria della Corte senza addurre ragioni di diritto che consentano d ribaltare l’indirizzo interpretativo prevalente, devono ritenersi manifestamente infondati.
In proposito, il Collegio evidenzia come (v. Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 21726 – 01; Sez. 2, n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916 – 01; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062 – 01) la «manifesta infondatezza» consiste, tra l’altro, nel «proposizione di censure caratterizzate da evidenti errori di diritto nell’interpretazione norma posta a sostegno del ricorso, il più delle volte contrastata da una giurisprudenza costan e senza addurre motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi, ovvero invocando una norma inesistente nell’ordinamento (solo per indicare le più frequenti ipotesi di applicazione del 606, comma 3, secondo periodo).
Quanto al reato di cui all’articolo 71 d.P.R. 380/2001, in relazione all’art. 64, commi 3, stesso d.P.R., esso, assieme all’art. 72 d.P.R. n. 380 del 2001 (in relazione all’art. 65 s d.P.R., in relazione all’esecuzione di opere in conglomerato cementizio e all’omessa denuncia di realizzazione di tali opere), ripropone la disciplina della I. 5 novembre 1971, n. 1086 e mira alla salvaguardia della stabilità e della sicurezza di opere potenzialmente pericolose per l’incolum pubblica (Sez. 3, n. 7889 del 27/01/2022, COGNOME rei. COGNOME, n.m.).
La ratio dell’incriminazione trova, quindi, fondamento nel fatto che una irregolare esecuzione di opere in conglomerato cementizio potrebbe portare al collasso statico del manufatto e ciò pu determinare il crollo della costruzione. Perciò l’oggetto giuridico dei reati in esame identificarsi nella pubblica incolumità, che esige un’anticipazione della tutela penale c assicurata dalla previsione di uno specifico e preventivo controllo pubblico su tali at costruttive, soprattutto qualora esse siano sottoposte al regime autorizzativo del permesso costruire ma anche per quanto riguarda gli interventi minori, che del titolo autorizzativo necessitino ma non per questo si sottraggono al regime di controllo predisposto per l realizzazione di tali lavori.
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Quanto alla natura del reato in questione, la giurisprudenza di questa Corte concorda nel ritenere che abbia natura permanente, cosicché la consumazione si protrae fino all’ultimazione
dell’opera, o alla totale sospensione dei lavori a seguito di provvedimento autoritativo, o desistenza volontaria dell’agente, consistente in un comportamento inequivoco (assente nel caso
in esame) di definitiva cessazione della condotta antigiuridica (Sez. 3, n. 9275 del 18/10/201
dep. 2019, COGNOME, Rv. 275140 – 01, la quale ha tuttavia ritenuto che la data di ultimazio dei lavori coincidesse con la data del deposito in catasto della planimetria dell’immobile, at
che a tale data l’immobile era comunque da ritenersi «terminato», anche in base alla giurisprudenza che individua tale termine quale momento di cessazione della permanenza dei
reati di cui agli artt. 93 e 94, TU edilizia, in quanto ragionevolmente deve presumersi che, a data, i lavori fossero stati completati, non emergendo in atti prova della loro prosecuzione; S
3, n. 49797 del 26/09/2019, Sepe, n.m.; Sez. 3, n. 17281 del 2014, COGNOME, non massimata), con la conseguenza che il termine di prescrizione decorre dal completamento dell’opera o dalla
totale sospensione dei lavori a seguito di provvedimento autoritativo ovvero, ancora, dall desistenza volontaria del soggetto agente, consistente in un comportamento inequivoco di
definitiva cessazione della condotta antigiuridica.
Le doglianze (secondo e terzo motivo di ricorso dei Lesina, secondo motivo di ricorso di Aliquò), che non si confrontano con la piana giurisprudenza della Corte, sono pertanto manifestamente infondate.
10. I ricorsi, conclusivamente, devono essere dichiarati inammissibili (Sez. U, n. 12602 de 17/12/2015, dep. 2016, n.m. sul punto; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266).
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia propos il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», a declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 18/03/2025.