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Reato di maltrattamenti: la separazione non lo ferma

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23204/2024, ha stabilito che il reato di maltrattamenti non si interrompe con la separazione legale dei coniugi. Il caso riguardava un uomo condannato per violenze sulla moglie protrattesi per anni. La Corte ha chiarito che, essendo un reato abituale, la consumazione coincide con l’ultimo atto illecito. Di conseguenza, si deve applicare la legge in vigore in quel momento, anche se più severa. La separazione, lungi dall’essere un’interruzione, può anzi rappresentare un fattore di rischio per l’escalation della violenza.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Reato di Maltrattamenti: la Separazione non Ferma la Violenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23204 del 2024, ha affrontato un tema cruciale in materia di violenza domestica: il reato di maltrattamenti non cessa automaticamente con la separazione dei coniugi. Anzi, la condotta illecita può proseguire, imponendo l’applicazione della normativa vigente al momento dell’ultimo episodio, anche se più severa. Questa pronuncia ribadisce la natura continuativa del delitto e la necessità di tutelare le vittime anche dopo la fine formale della convivenza.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda la condanna di un uomo per il reato di maltrattamenti ai danni della moglie e per lesioni aggravate. Le condotte violente, umilianti e denigratorie si erano protratte per circa sette anni, dal 2013 al 2020, spesso in presenza del figlio minorenne della coppia.

La Corte di Appello, pur confermando la colpevolezza, aveva ritenuto che le condotte si fossero interrotte con la separazione dei coniugi, avvenuta nel febbraio 2019. Di conseguenza, aveva applicato un regime sanzionatorio meno grave, antecedente alla L. n. 69/2019 (il cosiddetto “Codice Rosso”), e aveva concesso la sospensione condizionale della pena. Contro questa decisione, il Procuratore generale ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte territoriale avesse errato nel considerare la separazione come un’interruzione della condotta criminosa, dato che l’ultimo episodio violento, un tentativo di strangolamento, era avvenuto ben dopo, nell’agosto 2020.

Il Principio del Reato di Maltrattamenti Continuato

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte di Appello. Il punto centrale della decisione risiede nella natura del reato di maltrattamenti come “reato abituale”.

Questo significa che il delitto non si perfeziona con un singolo atto, ma attraverso una serie di comportamenti ripetuti nel tempo che ledono l’integrità fisica e morale della vittima. Ogni nuovo episodio, anche se non costituisce di per sé un reato, si salda ai precedenti, creando un’unica condotta illecita continuata. La “consumazione” del reato, ovvero il momento in cui esso si considera giuridicamente concluso, coincide con l’ultimo atto della sequenza criminosa.

La Separazione non è un’Interruzione

La Cassazione ha chiarito che la separazione legale è una condizione che incide sull’assetto di vita dei coniugi, ma non sullo status di “familiare”. Il coniuge separato rimane una “persona della famiglia” ai sensi dell’art. 572 c.p. Pertanto, le condotte vessatorie che proseguono dopo la separazione si inseriscono nella stessa linea di continuità delle precedenti, configurando un unico reato di maltrattamenti.

Anzi, la Corte sottolinea come il dato di comune esperienza, supportato anche dalle convenzioni internazionali come quella di Istanbul, dimostri che la decisione della vittima di interrompere la relazione maltrattante attraverso la separazione costituisce spesso un fattore di rischio che può aggravare la violenza, essendo un atto di affermazione di autonomia e libertà inaccettabile per l’aggressore.

La Legge Applicabile nel Tempo

Una conseguenza diretta di questa impostazione riguarda la legge da applicare. Poiché il reato di maltrattamenti si consuma con l’ultima condotta, la sanzione applicabile è quella vigente a quella data. Nel caso di specie, l’ultimo episodio è avvenuto nell’agosto 2020, quando era già in vigore la L. n. 69/2019, che ha inasprito le pene per questo tipo di reato.

La Corte ha respinto l’idea che applicare la legge più severa violi il principio di irretroattività della legge penale. La condotta criminosa, infatti, è proseguita volontariamente anche dopo l’entrata in vigore della nuova e più sfavorevole normativa, manifestando una maggiore determinazione criminale dell’autore, che era consapevole delle conseguenze più gravi del suo agire.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata del reato di maltrattamenti. Il bene giuridico tutelato non è solo la famiglia in sé, ma l’integrità fisica e morale, la dignità e l’autodeterminazione della persona. La violenza domestica viene qualificata come un insieme di comportamenti vessatori che, anche se singolarmente non costituiscono reato, nel loro complesso ledono diritti umani inalienabili. La lettura non frazionata del tempus commissi delicti (il tempo di commissione del reato) rispetta la struttura abituale del delitto e permette di valutare la capacità lesiva di ogni ulteriore atto come un aggravamento dell’offesa. La Corte di Appello ha errato nel non considerare l’episodio del 6 agosto 2020 e gli atti successivi come parte della medesima condotta abituale, ignorando che la separazione, in contesti di violenza di genere, è un noto fattore di rischio.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto fermo nella lotta alla violenza domestica. Stabilisce con chiarezza che la separazione non è uno scudo che protegge l’aggressore dalle conseguenze più severe delle sue azioni. Il reato di maltrattamenti è una condotta unitaria che si protrae finché non cessa l’ultimo comportamento vessatorio. Di conseguenza, il reo dovrà rispondere secondo la legge in vigore al momento dell’ultima violenza, anche se più aspra. La decisione rafforza la tutela delle vittime, riconoscendo la continuità del disvalore delle condotte maltrattanti anche dopo la cessazione formale della convivenza.

La separazione legale tra coniugi interrompe il reato di maltrattamenti?
No, secondo la Corte di Cassazione la separazione incide sulle condizioni di vita ma non sullo status di “familiare”. Le condotte vessatorie che proseguono dopo la separazione si configurano come continuazione del medesimo reato abituale.

Nel caso di un reato di maltrattamenti che si protrae nel tempo, quale legge si applica se nel frattempo la pena viene inasprita?
Si applica la legge vigente al momento della consumazione del reato, che coincide con l’ultima condotta illecita posta in essere. Questo vale anche se la nuova legge è più severa rispetto a quella in vigore all’inizio delle condotte.

Perché la Cassazione considera la separazione un fattore di rischio e non un’interruzione del reato?
Perché, come riconosciuto anche da convenzioni internazionali, la scelta della vittima di interrompere la relazione attraverso la separazione è un atto di affermazione di autonomia che può scatenare un’escalation della violenza da parte dell’aggressore, che la percepisce come una sfida al proprio controllo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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