Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 822 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 822 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Bosnia-Erzegovina il 15/6/1972
avverso la sentenza del 16/1/2023 emessa dalla Corte di appello di Brescia visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia confermava la condanna emessa in primo grado nei confronti di I K.A. I in ordine ai reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale.
Nell’interesse dell’imputato è stato formulato un unico motivo di ricor con il quale si deduce il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussiste
reato di maltrattamenti in famiglia. In particolare, evidenzia il ricorrente come, sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, erano enucleabili tre distinti episodi, verificatisi nel periodo di Natale del 2020 ! marzo e luglio 2021, nei quali l’imputato, per effetto dell’abuso di alcol, poneva in essere minacce e percosse ai danni dei componenti del nucleo familiare. Al di là di tali specifiche occasioni, tuttavia, i rapporti dell’imputato con i familiari erano stati del tutto normal quindi, erroneamente era stata ritenuta l’abitualità della condotta maltrattante, costituente l’elemento caratterizzante del reato di cui all’art. 572 cod.pen.
I giudici di merito, inoltre, avevano anche omesso di valutare l’incidenza della sporadicità delle condotte lesive rispetto al dolo che contraddistingue il reato di maltrattamenti.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il ricorrente ripropone in sede di legittimità questioni essenzialmente di valutazione del fatto, peraltro conformemente risolte dai giudici di merito sulla base di motivazioni che non contengono profili di manifesta illogicità o contraddittorietà.
La tesi difensiva si fonda integralmente su una lettura parcellizzata della condotta illecita, avendo il ricorrente distinto i tre episodi nei quali maggiorment si estrinsecavano le condotte maltrattanti, escludendo che fosse configurabile l’imposizione di un clima di abituale vessazione nei confronti dei familiari.
2.1. In linea generale, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che non integra il delitto di maltrattamenti in famiglia la consumazione di episodici atti lesivi di diritti fondamentali della persona non inquadrabili in una cornice unitari caratterizzata dall’imposizione ai soggetti passivi di un regime di vita oggettivamente vessatorio (Sez.6, n. 45037 del 2/12/2010, Rv. 249036). Ne consegue che deve escludersi la sussistenza del reato in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l’incolumità personale, la libertà o l’onore di una persona della famiglia, essendo necessario che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile, in mancanza del quale i fatti episodici lesivi di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali dì una convivenza
familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona (Sez.6, n. 37019 del 27/5/2003, Rv. 226794).
Acclarato che la fattispecie in esame presuppone l’abitualità della condotta, deve anche considerarsi che il reato è integrato, nell’ambito di una relazione affettiva, da reiterati comportamenti, anche solo minacciati, che, valutati complessivamente ed in modo non parcellizzato, siano volti a ledere, con violenze psicologiche ed umiliazioni, la dignità e l’identità della persona offesa, limitandone la sfera di libertà ed autodeterminazione (Sez.6, n. 37978 del 3/7/2023, n.m.).
2.2. Individuati i principi giurisprudenziali applicabili ai caso di specie, si pon la necessità di stabilire se l’individuazione dei tre episodi di marcata aggressività mostrata dall’imputato esauriscano la condotta oggetto di imputazione e, se tali fatti siano idonei o meno a far ritenere il requisito dell’abitualità della condotta.
Invero, deve premettersi che la nozione di reiterazione dei comportamenti maltrattanti non è di agevole soluzione, in quanto si fonda essenzialmente su una valutazione in fatto, scissa da parametri di giudizio oggettivo.
In buona sostanza, il mero raffronto tra il dato numerico degli episodi in cui si estrinseca l’aggressività in famiglia e l’arco temporale di manifestazione di tali condotte rappresenta un mero dato empirico, trovando applicazione la massima di esperienza secondo cui quanto più gli episodi maltrattanti sono numerosi e ravvicinati nel tempo, tanto maggiore sarà l’incidenza sulla serenità dei conviventi.
Il dato relativo alla frequenza delle singole condotte, tuttavia, non deve essere valutato nella sua astrattezza, dovendosi valutare in concreto se gli episodi, per quanto intervallati da periodi di normale convivenza, siano ugualmente stati idonei ad imporre un regie di vita vessatorio, mortificante e insostenibile. In buona sostanza, per stabilire la sussistenza del reato di maltrattamenti non occorre limitarsi a valutare il dato asettico costituito dal numero degli episodi lesivi e l loro frequenza, dovendosi piuttosto valutare tale condotta in relazione all’effetto che produce sulla vittima del reato.
Ne consegue che, pur in presenza di episodi di percosse e minacce intervallati da un periodo temporale apprezzabile e collocati in un arco complessivo di circa 7 mesi, non può ritenersi per ciò solo non configurabile il reato di maltrattamenti, posto che i singoli episodi ben possono costituire i momenti in cui maggiore è iloffensività della condotta, i cui effetti si continuano a produrre anche quanto l’aggressione fisica o le minacce non sono in atto.
A ben vedere, la caratteristica del reato di maltrattamenti in famiglia risiede proprio nel condizionamento che singole condotte determinano sulla quotidianità dei rapporti, rendendoli sostanzialmente improntati ad una abituale condizione di vessatorietà di uno o più membri della famiglia rispetto all’autore del reato.
2.3. Applicando tali principi al caso di specie, deve sottolinearsi come la difesa si sia limitata ad una lettura parziale della ricostruzione in fatto, stigmatizzando tre episodi di maggiore intensità e non valutando gli elementi ulteriori dai quali desumere l’idoneità di tali singole condotte ad ingenerare quel clima di vessatorietà richiesto dall’art. 572 cod.pen.
Emblematico in tal senso il passaggio motivazione nel quale la Corte di appello dà atto che l’imputato aveva imposto un «clima persistente di paura», specificando come il figlio della persona offesa, NOME , affermava di avere sempre paura che l’imputato potesse far del male alla madre ed al fratello più piccolo, in tal modo dimostrando come i familiari temevano continuamente per le reazioni spropositate ed aggressive dell’imputato.
Peraltro, la Corte di appello sconfessa la tesi difensiva anche sulla natura asseritamente limitata nel tempo dei singoli episodi lesivi, precisando che le percosse, lesioni e minacce si sono protratte anche per più giorni, in occasione dei tre momenti di maggior aggressività descritti dalla persona offesa.
In conclusione, pertanto, il dato di fatto restituisce uno svolgimento dell’accaduto che non può riduttivamente ricondursi a tre specifici ed isolati accadimenti, dovendosi piuttosto ritenere che vi sono stati tre momenti – ciascuno dei quali con una durata non certo istantanea – nei quali l’imputato ha raggiunto l’acme dell’aggressività. Al contempo, la propensione dello stesso all’abuso di alcol e la conseguente tendenza ad avere atteggiamenti aggressivi ha imposto un clima di vita familiare vessatorio, anche nei periodi in cui in concreto non si sono avute manifestazioni specifiche, proprio perché i familiari erano continuamente preoccupati delle possibili condotte violente che l’imputato poteva assumere.
2.4. Le considerazioni sopra svolte consentono anche di superare la doglianza concernente la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo. Nel momento in cui si ritiene che la condotta complessivamente posta in essere dall’imputato era idonea a generare un clima vessatoria e di timore nell’ambito del nucleo familiare, protrattosi per un periodo temporale apprezzabile e caratterizzato da episodi di particolare violenza ed aggressività, deve ritenersi la sussistenza del dolo richiesto dalla norma incriminatrice.
A tal riguardo, del resto, questa Corte ha recentemente affermato che la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia non implica l’intenzione di sottoporre la vittima, in modo continuativo e abituale, ad una serie di sofferenze, fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell’agente di persistere in un’attività vessatoria (Sez.6, n. 43307 del 20/9/2023, n.rn.; Sez.3, n.1508 del 16/10/2018, dep.2019, Rv. 274341-02).
Alla luce di tali considerazioni, I ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma dì euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente